Telco vs Ott

Le telco europee vogliono far pagare le reti anche ai GAFA

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Appello delle telco Ue alle Big Tech per la condivisone dei costi di rollout delle nuove reti, ma i confini fra industria delle Tlc e Ott sono sempre più labili.

Appello congiunto dei principali operatori europei alle big tech americane, i GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon) a contribuire al finanziamento del rollout delle nuove reti su cui peraltro viaggia tutto il traffico che producono. Un appello forte e chiaro a mettere mano al portafoglio da parte di una industry, quella delle Tlc europee, che soffre sotto il peso degli ingenti investimenti necessari a realizzare le reti di nuova generazione, si tratti di fibra o 5G non fa differenza.

L’appello comune è stato siglato da 14 operatori europei in un comunicato congiunto dell’ETNO (European Telecommunications Network Operators’ Association): Stéphane Richard (Orange), Guillaume Boutin (Proximus), Alexandre Fonseca (Altice Portugal), Timotheus Höttges (Deutsche Telekom), Philip Jansen (BT) e ancora, come detto, Nick Read (Vodafone).

Spicca l’assenza di Tim.

Reti largamente occupate dagli OTT

“Una parte crescente del traffico di rete è generata e monetizzata dalle piattaforme dei Big Tech, ma richiede continui e profondi investimenti e pianificazione nel settore delle telecomunicazioni”, si legge nella lettera, che prosegue sottolineando che “questo modello – che consente ai cittadini europei di fruire dei frutti della trasformazione digitale – può essere sostenibile soltanto se anche queste piattaforme contribuiscono in modo consono ai costi delle reti”.

I primi destinatari di questo ennesimo appello delle telco Ue sono fra gli altri i Big Tech americani Netflix, Amazon, Facebook, Google, Apple ecc.

Telco vs OTT

Da anni il settore delle telecomunicazioni vede gli OTT come degli “abusivi”, che sfruttano i vantaggi delle loro reti Tlc senza pagare alcun prezzo per il loro sviluppo e mantenimento.

Secondo le telco, ammonta a 300 miliardi di euro il costo per il rollout della gigabit society, e, come sempre, anche questa volta gli operatori hanno invitato i governi e gli organismi di regolamentazione a contribuire a rendere gli investimenti più interessanti e il quadro regolatorio più favorevole.

Gli operatori hanno anche sottolineato che stanno già investendo complessivamente 52,5 miliardi di euro all’anno nelle loro reti, il livello più alto degli ultimi sei anni, oltre a sottolineare i loro sforzi per rendere le loro reti più verdi.

Della lettera ha parlato nel suo intervento al 5G Italy, la conferenza organizzata dal Cnit (Consorzio nazionale interuniversitario delle telecomunicazioni) che si è tenuta dal 30 novembre al 2 dicembre, il Ceo di Vodafone Italia Aldo Bisio: “La lettera mandata dai CEO dei principali gruppi europei di Tlc (Vodafone, telefonica, Orange ndr) ieri mi è sembrata un invito a richiedere all’Europa un maggiore allineamento tra le giuste ambizioni nel mondo degli ecosistemi digitali con le politiche regolamentari degli ultimi dieci anni – ha dettoBisio – Pone un punto fermo nel dire che in questo modo non saremo in grado di consentire la gara che sta avvenendo tra il Nordamerica e l’Asia sulle piattaforme come quelle del 5G che sono un grande fattore abilitante per la costruzione di un’economia digitale”.

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Telco e Ott, confini sempre più labili

Ma mentre gli operatori che chiedono a regolatori e governi di fare di più per ridefinire l’equilibrio di potere tra loro e Big Tech non è una novità, va notato che i confini tra i due stanno diventando sempre più labili in questo mondo sempre più digitale.

Basti pensare al mercato italiano del cloud, dove Tim è attiva con la controllata Noovle, società italiana di consulenza ICT e system integration specializzata nella fornitura di progetti e soluzioni cloud e tra i principali partner di Google Cloud nel mercato italiano.

Ma anche al mercato dei cavi sottomarini, dove le Big tech stanno investendo in modo crescente per riuscire a trasportare i loro dati in tutto il mondo.

Visto che sempre più spesso sono le stesse Big Tech a realizzare i cavi sottomarini, non soltanto ne sono poi proprietari, ma riservano delle parti per veicolare in esclusiva il traffico dati che generano.