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Banda larga. Ue: ‘Sì ad aiuti di Stato solo se non ci sono altre reti’, ma l’Italia attende ancora l’Ok

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Andrus Ansip: Il piano italiano per l'ultrabroadband è 'molto buono', ma il via libera Ue ancora non c'è. Intanto la Commissione emana nuove linee guida sugli aiuti di Stato.

Gli investimenti pubblici per la costruzione o il miglioramento di infrastrutture non sono considerati aiuti di Stato se le infrastrutture in questione non vanno a competere con impianti dello stesso tipo realizzati da società private.

È quanto stabiliscono le linee guida pubblicate oggi dalla Commissione europea per “aiutare le autorità pubbliche e le imprese a determinare in quali casi le misure di sostegno pubblico possono essere concesse senza chiedere l’autorizzazione prevista dalle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato”, come spiega una nota della Ue.

Il pubblico, quindi, è libero di investire nelle infrastrutture se queste non vanno ad alterare la concorrenza e se mantengono condizioni di equità nel mercato unico: è il tipico caso, spiegano da Bruxelles, di “strade, infrastrutture ferroviarie, sistemi di approvvigionamento idrico di trattamento delle acque reflue”.

Al contrario, “le infrastrutture in settori quali l’energia, la banda larga, i porti o gli aeroporti sono spesso in competizione con altre infrastrutture simili. In questi settori – spiega la Commissione – se un progetto è finanziato con fondi pubblici mentre quelli concorrenti devono operare senza sostegno pubblico, questo può dare al progetto sovvenzionato un vantaggio economico sui rivali”. Questo tipo di finanziamento è quindi “soggetto al controllo preliminare della Commissione ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato”.

In Italia, ad esempio, si attende ancora il via libera della UE sul piano del Governo per la banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato – i cosiddetti Cluster C e D.  Un piano che oggi è stato definito “molto buono” da Andrus Ansip, Vice President della Commissione per il Digital Single Market.

La Ue deve appunto stabilire se le misure di intervento diretto previste dal Governo non costituiscano una forma di aiuti di Stato. In base agli orientamenti pubblicati oggi non dovrebbe essere così, visto che nelle aree in cui sarà il Governo, tramite Infratel, a realizzare le infrastrutture per poi concederle su base ventennale, gli operatori non hanno mostrato interesse a realizzare investimenti perché non considerano quelle aree remunerative.

L’intervento diretto sarebbe limitato a una parte del Cluster C (per le quali si stima che gli operatori possano maturare l’interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale) e al Cluster D (aree tipicamente a fallimento di mercato per le quali solo l’intervento pubblico può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps).

Per quest’ultimo, in particolare, che include 4.300 comuni dove risiedono circa 9,4 milioni di persone (il 15% della popolazione) il piano elaborato dal Governo prevedeva una forma di incentivo pubblico concesso in misura maggiore a fondo perduto, “considerando le infrastrutture a banda ultralarga strategiche ai fini delle politiche di coesione per lo sviluppo dei territori particolarmente disagiati, con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE-27 (17 mila euro)”.

Il Governo, dal canto suo, come annunciato dal premier Matteo Renzi nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi dello scorso 7 aprile, contava di avere il placet di Bruxelles entro il 29 aprile, giorno in cui si è svolto l’Internet Day. Ma così non è stato e in attesa anche dei pareri della Autorità nazionali Agcom, Agcm e Anac, per la partenza dei bandi bisognerà attendere, se tutto va bene, l’estate.

Secondo le ultime dichiarazioni del sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli, nelle prime sei Regioni che hanno siglato l’intesa col Mise – Toscana, Veneto, Lombardia, Abruzzo, Emilia Romagna e Molise – i bandi partiranno appena arriverà l’ok delle Autorità. In tutte le altre partiranno prima della pausa estiva, fermo restando il necessario via libera da Bruxelles.