Google: prossima settimana incontro determinante su privacy. Arriva intanto Knowledge Graph che renderà la ricerca più smart

di Raffaella Natale |

Nel frattempo, la web company ha chiesto un nuovo processo nel caso che la vede accusata da Oracle di violazione di proprietà intellettuale.

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E’ fissato per la prossima settimana l’incontro tra Google e il garante privacy francese Cnil, incaricato dalla Ue di seguire il dossier, per discutere delle nuove norme adottate dalla web company ed entrate in vigore lo scorso marzo (Leggi Articolo Key4biz).

In una nota, la società ha spiegato d’aver chiesto audizione, dopo aver fornito in modo incompleto le risposte al questionario inviato dal Garante (Leggi Articolo Key4biz).  

“Questo incontro – ha precisato Google – ci darà l’opportunità di contestualizzare la nostra replica e illustrare le azioni che metteremo in atto per tutelare la privacy dei nostri utenti”.

 

Nel febbraio scorso, il Cnil aveva definito la nuova policy di Google non in linea con alcune condizioni poste dalla Direttiva Ue sul data protection (95/46/CE) e aveva chiesto di farne slittare l’entrata in vigore. Un suggerimento, tuttavia, non accolto dall’azienda americana.

In particolare si osservava che ‘per un utente medio è impossibile capire’ le norme e l’uso dei dati raccolti da Google. E scriveva che l’incrocio dei dati raccolti da Mountain View tra i suoi diversi servizi faceva “crescere i timori” su quali fossero “le vere pratiche di Google”. Inoltre, riguardo all’uso dei cookies, non risultava chiaro come Google intendesse “ottemperare al principio del consenso” esplicitamente previsto dalla Direttiva europea.

Facendo seguito alla missiva, il 19 marzo l’Authority francese aveva inviato a Google un lungo questionario, 69 domande, “per avere chiarimenti” sugli aspetti più controversi di questa nuova policy.

In una lettera resa pubblica il 5 aprile, Google indicava di aver “bisogno di più tempo” per rispondere a tutto il questionario, inviando, intanto, le prime 25 risposte, “il resto appena possibile”.

 

In virtù di questa nuova policy, che ha condensato le vecchie 60 regole in un’unica norma, Google ha raggruppato le informazioni degli utenti provenienti dai diversi servizi, fino al 1° marzo separate, come Gmail o il social network Google+, in modo da disporre di una visione ‘globale’ degli utenti.

Il gruppo ha detto di aver messo in comune i dati raccolti sugli utenti per migliorare i risultati di ricerca, ma anche per offrire pubblicità più personalizzate.

 

In occasione del suo primo anno da CEO, Larry Page ha pubblicato una lettera nella quale, sula privacy, ha scritto: ‘si può far denaro senza essere cattivi’ (‘…We have always believed that it’s possible to make money without being evil…’)

Aggiungendo che uno dei principali obiettivi del gruppo è quello di salvaguardare la privacy e la sicurezza dei propri utenti, con i quali si intende creare un rapporto di ‘Love and Trust’. Page ha quindi invitato tutti a fidarsi senza alcun timore per la sicurezza dei propri dati.

Può bastare?

 

Il gruppo ha intanto annunciato ieri un importante aggiornamento al suo motore di ricerca, per renderlo più smart e intuitivo. Parliamo di Knowledge Graph, una tecnologia che consentirà di mettere in connessione tra loro gli oggetti della conoscenza. Da ieri è disponibile per gli utenti USA ma presto verrà estesa a tutti.

Il risultato, ha spiegato il responsabile Ben Gomes, sarà quello di ottenere ricerche più complete anche su argomenti complessi.

L’obiettivo di Google è quello di consentire ricerche che siano in grado di fornire informazioni su dove, per esempio, andare ad ascoltare Lady Gaga all’aperto o trovare un parco divertimenti nei pressi di un ristorante vegetariano.

O ancora, agli utenti che digiteranno nella finestra del motore di ricerca la parola ‘Andromeda’, Google chiederà se sono interessati alla galassia, alla fiction televisiva o al gruppo rock svedese. La risposta dell’utente consentirà di affinare notevolmente la ricerca.

 

La società ha detto d’aver aggiornato scrupolosamente il proprio algoritmo per elaborare informazioni collegate ad alcuni database, come Freebase o Wikipedia, in modo da contestualizzare le parole cercate.

 

Si apprende inoltre che Google ha chiesto un nuovo processo per il caso di violazione di proprietà intellettuale che l’oppone a Oracle, dopo il verdetto ‘soft’ della scorsa settimana (Leggi Articolo Key4biz).

Secondo la giuria del tribunale di San Francisco, infatti, Google avrebbe violato gli IPR e nove linee di codice del linguaggio di programmazione Java, di proprietà di Oracle, ma quest’ultima non avrà l’agognato risarcimento danni da 1 miliardo di euro, perché non s’è raggiunto l’accordo su un secondo punto importante del contenzioso, cioè se Google abbia rispettato o meno i criteri di ‘fair use’ (uso corretto) del software.

Secondo il giudice William Alsup, “non ci sono prove di responsabilità sul copyright, la questione del ‘fair use’ è ancora aperta”. La decisione finale sul risarcimento arriverà comunque a conclusione del processo, aperto il 16 aprile e che dovrebbe durare circa otto settimane.

Google ha chiesto adesso al giudice Alsup di invalidare la prima parte del processo sul quale è stato emesso questo verdetto.

Secondo gli avvocati di Oracle, il giudice stesso potrebbe chiarire la questione del ‘fair use’ senza che si apra un nuovo processo.

 

Oracle sostiene che, nello sviluppo di Android, Google abbia violato il copyright e i brevetti del linguaggio di programmazione Java e ha chiesto alla corte di bloccare la distribuzione del sistema operativo mobile se la società di Mountain View non acquisterà una licenza. Android venne rilasciato nel 2007. Oracle ha acquisito Java insieme a Sun Microsystems nel 2010 e sostiene che “la base di Android sia costituita da applicazioni Java”.

 

Google  ha negato la violazione, affermando di aver realizzato Android da zero e che le parti Java utilizzate non fossero coperte da copyright. In ogni caso, per il gruppo di Mountain View, si tratta di ‘fair use’ perchè Android è un Os gratuito ed espande l’utilità del linguaggio estendendolo agli smartphone, cosa che non era riuscita né a Sun né a Oracle.

All’inizio di aprile, Google aveva proposto di chiudere il contenzioso offrendo a Oracle il pagamento di 3 milioni di dollari e l’1% del fatturato Android.