Analisi

Pacchetto connettività Ue: fusioni sì, ma transfrontaliere

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Il Libro bianco della Commissione Ue sul futuro delle reti non affronta il tema delle fusioni su scala nazionale e nemmeno quello della contribuzione delle Big Tech ai finanziamenti.

Ieri l’UE ha presentato le sue idee su come riformare il mercato delle telecomunicazioni. In sintesi, Bruxelles vuole che emergano dei player paneuropei, in grado di finanziare le nuove reti. Nel Libro bianco presentato mercoledì, la Commissione europea apre la strada ad un allentamento del quadro normativo per incoraggiare le fusioni transfrontaliere nelle Tlc.

In effetti, gli obiettivi di diffusione della fibra ottica e del 5G definiti per il 2030 sono sempre più lontani. Secondo stime Ue, servono più di 200 miliardi di euro per raggiungere i target.

Una posizione, quella della Ue, che in qualche modo richiamare l’intervento che fece il Sottosegretario per la Trasformazione Digitale Alessio Butti, lo scorso 7 ottobre, nella sua relazione in occasione di ComoLake“È evidente che per assicurare la sovranità digitale europea è necessario creare un vero mercato digitale europeo, dove i servizi di telecomunicazioni siano effettivamente disponibili a livello paneuropeo a tutti i cittadini, senza barriere ed ostacoli”, aveva detto Butti in quell’occasione.

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Il mercato è troppo frammentato

Questa frammentazione rappresenta un ostacolo economico.

Serve una scala superiore per la nascita di player di dimensioni tali da finanziare le nuove reti.

La Commissione ha identificato alcuni strumenti per raggiungere questo obiettivo.

Accelerare lo switch off del rame e il passaggio alla fibra.

Passare ad una gestione centralizzata dello spettro per favorire una maggiore armonizzazione delle procedure di assegnazione delle frequenze nei diversi Stati membri.

Il contributo delle Big Tech

Il documento non affronta il tema delle fusioni su scala nazionale. Di fatto resta in vigore, quanto meno a livello teorico, il cosiddetto dogma del quarto operatore.

Inoltre, non viene menzionata direttamente la questione molto controversa e tuttavia attesa di un possibile contributo delle Big Tech al finanziamento delle reti di telecomunicazioni, che i loro contenuti audiovisivi travolgono.

La questione del fair share è tramontata. Bruxelles preferisce non parlarne più. Tanto più che gli Stati membri negli ultimi mesi sono stati molto divisi sulla questione.

Ciò non significa che il tema è superato. Anzi. Dovrà riemergere con il nuovo Esecutivo Ue, dopo le elezioni. Nel suo Libro bianco la Commissione allude indirettamente a ciò, affrontando la questione della “concorrenza leale” e di “diritti e obblighi equivalenti per tutti gli attori delle reti digitali”.

La Commissione ha inoltre pienamente apprezzato la convergenza in corso tra le reti di comunicazione elettronica e i servizi cloud, che la spinge ad ampliare la portata delle attuali norme sulle telecomunicazioni.

Messa in sicurezza dei cavi sottomarini

Bruxelles continua a proporre una serie di misure per proteggere le infrastrutture mentre il contesto geopolitico è sempre più incerto. Riguardano principalmente i cavi sottomarini, estremamente strategici, dai quali gli Stati membri dipendono fortemente e attraverso i quali passa quasi tutto il traffico internazionale di dati.

Per il momento si tratta soltanto di proposte che devono ancora essere discusse con tutte le parti interessate, ha insistito la Commissione. Ma sono cruciali per il settore delle telecomunicazioni, perché forniscono le prime linee guida per l’Ue in vista di una possibile futura legge sulle infrastrutture digitali, che Thierry Breton chiede da diversi mesi.

Se dovesse vedere la luce, però, non potrà che deciderlo la futura Commissione che sarà nominata dopo le elezioni europee del prossimo giugno.

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