iPad: tra editori e Apple è ancora guerra

di Raffaella Natale |

Gli editori non si arrendono e chiedono di ritrattare le condizioni imposte per gli abbonamenti attraverso l’Apple Store.

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iPad 2

Non si placa la guerra tra editori e Apple in merito alle condizioni imposte dalla società americana per portare giornali e libri sull’iPad.

Pare ormai inevitabile che il futuro della stampa non potrà fare a meno dei tablet ma è anche vero che le condizioni imposte da Apple non piacciono molto, specie per la condivisione delle informazioni relative ai lettori.

Quando lo scorso anno venne lanciato l’iPad le speranze, degli editori e del gruppo di Steve Jobs, erano di portare una ventata di novità a un’industria ormai stagnante, puntando sulla pubblicità interattiva e sui contenuti audio-video.

 

Oggi si litiga sul nuovo modello adottato da Apple a metà febbraio che modifica le condizioni d’accordo, rendendole più severe a svantaggio degli editori.

E se in America il settore resta più ottimista, la stessa cosa non sta avvenendo Europa. La lista di doléances è lunga, come testimonia la lettera inviata ad Apple dal Syndicat de la presse magazine (SPM).

Philippe Jannet, Ceo di Monde Interactif e presidente del gruppo degli editori di servizi online Geste, ha parlato di “bagarre terribile“.

“Non possiamo accettare – ha spiegato – che Apple ci imponga i prezzi, la condivisione delle entrate e il controllo dei dati” sugli acquirenti occasionali e sugli abbonati: “Elementi essenziali per la stampa”.

 

In Francia, nel 2010 sono stati venduti 435.000 tablet (la maggior parte sono iPad) e, secondo Gfk, per quest’anno si dovrebbe raggiungere la soglia del milione.

 

Un editore ha sottolineato che “bisogna passare sotto le Forche Caudine di Apple” per essere presenti sull’iPhone e sull’iPad, aggiungendo che l’azienda è “ultra centralizzata“.

Le trattative con la stampa francese avvengono dunque tutte nella sede californiana, a Cupertino nella Silicon Valley.

 

Le riviste francesi lamentano che sia l’App Store a decidere il prezzo di vendita dei titoli o dell’abbonamento (0,79, 1,29 o 1,59 euro per numero per esempio). Il Sindacato SPM denuncia anche il fatto che l’utente, per pagare, deve passare obbligatoriamente attraverso il sistema In App Purchase.

In questo passaggio, Apple preleva il 30% da ogni transazione, una commissione che, secondo SPM, sarebbe accettabile per i nuovi clienti ma non per chi rinnova un abbonamento.

 

Al centro del dibattito anche la decisione di Apple di mantenere lo stretto controllo dei dati degli abbonati per campagne personali. Informazioni fino a oggi gelosamente custodite dagli editori per fidelizzare i propri lettori.

Per rispondere a questa esigenza, Apple ha inserito una nuova clausola nella formula di abbonamento con la quale chiede l’autorizzazione a usare i dati degli utenti, scavalcando gli editori che non vengono in alcun modo citati. Il Financial Times ha promesso una dura battaglia. Ma l’unica concessione di Apple è stata quella di permettere agli editori di conservare i dati di quei clienti che si sono abbonati passando dalla pagina del giornale all’App Store.

 

A livello europeo gli editori si sono rivolti alla Commissione Ue che ha aperto un’indagine per abuso di posizione dominante.

 

 

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