NGN: no dell’Antitrust a consorzio per la Rete. Telecom Italia intanto perfeziona cessione Hansenet e punta sul Brasile

di Alessandra Talarico |

Italia


Franco Bernabè

Quale assetto per la gestione della rete a banda larga di prossima generazione? Un consorzio formato da attori pubblici e privati o un a società gestita da un solo operatore?

Non ha dubbi il presidente dell’Autorità Antitrust, Antonio Catricalà, che si è detto contrario alla creazione di un consorzio per gestire l’accesso alla rete di nuova generazione.

Per Catricalà, l’ideale sarebbe replicare il modello Terna, con una società gestita da amministratori indipendenti sotto lo stretto controllo dell’Autorità di vigilanza.

Sarebbe, insomma, un po’ strano, ha detto ancora Catricalà, vedere gli amministratori delle società di telecomunicazioni riuniti attorno a un tavolo a parlare di affari: “…se fossi un pastore – ha detto – sarei preoccupato di vedere tanti lupi intorno allo stesso gregge”.

“E’ importante – ha sottolineato ancora – che la società guadagni solo sulla base del traffico che vende. Con un’autorità che vigilia e regole di governance chiare non si corre il rischio di un fallimento”.

 

Catricalà ha quindi spiegato che nel settore mobile la concorrenza è a un livello adeguato – “…c’è competizione e non si paga tantissimo” – ma bisogna andare avanti nello sviluppo delle infrastrutture di nuova generazione, partendo da una base di investimenti “…non ingentissima” per poi proseguire con una spesa più importante quando si sarà trovato un accordo su come realizzare la NGN, sui tempi di ritorno degli investimenti.

 

Il pollice verso dell’Antitrust nei confronti di una società consortile per la fibra ottica ricalca la posizione di Telecom Italia, che si è sempre pronunciata contro un simile scenario.

 

Il gruppo telefonico, intanto, ha annunciato il perfezionamento della cessione della divisione internet tedesca Hansenet a Telefonica. La chiusura dell’operazione da 900 milioni di euro, ufficializzata lo scorso 5 novembre, è attesa per il primo trimestre del 2010 ed è ovviamente subordinata all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni da parte delle autorità competenti.

 

Sul tema delle cessioni di asset non core, previste dal piano industriale 2009-2011, è intervenuto ieri alla fine del consiglio di amministrazione anche l’amministratore delegato Franco Bernabè, che ha confermato l’intenzione del gruppo di concentrare i propri sforzi in America Latina, in Brasile in particolare, dove sono stati compiuti ulteriori passi avanti nell’operazione di fusione da 300 milioni di dollari tra Tim Brasil e Intelig (l’operatore brasiliano di telefonia a lunga distanza), a conferma che “…non facciamo solo dismissioni, ma anche acquisizioni in quelle che per noi sono aree strategiche”.

 

“Il Brasile – ha dichiarato Bernabè – è un paese dalle straordinarie opportunità di crescita e da cui può arrivare un supporto forte a tutta la strategia del gruppo”.

 

L’ad ha quindi confermato l’impegno del gruppo a investire in Brasile 3 miliardi di euro nel triennio 2009-2011 e ha ricordato come “…il Brasile sia il secondo mercato domestico di Telecom Italia e lo sarà in futuro”.

Telecom Italia, ha aggiunto, è la 13esima società brasiliana per fatturato (circa 5,2 miliardi di euro l’anno) ed è la seconda società italiana nel Paese.

“Tim Brasil – ha concluso – è certamente un motore dello sviluppo e dell’innovazione nel settore della tecnologia in Brasile”.

 

Bernabè ha risposto così alle critiche di alcuni azionisti che avevano espresso la loro contrarietà ai progetti di dismissione annunciati dalla società, in Germania e in Argentina.

In Argentina, è ancora in corso il contenzioso con l’Autorità antitrust, che ha intimato al gruppo italiano di cedere entro un anno la propria quota nella holding Sofora (che controlla Telecom Argentina) compresi tutti gli asset, i diritti su Sofora e le sue controllate e l’opzione di acquisto siglata nel 2003 con il gruppo Werthein.

A pesare sulla posizione di Telecom Italia nel Paese, è stato l’ingresso di Telefonica in Telco, la holding di controllo del gruppo italiano, di cui possiede il 42%: la decisione dell’antitrust tiene infatti conto della situazione di monopolio che si verrebbe a creare a causa della contemporanea presenza del gruppo spagnolo in Telecom Argentina (attraverso Telecom Italia, che controlla il 50% di Sofora) e nel suo principale concorrente Telefonica Argentina (di cui è proprietario).

 

E ieri in serata, anche il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha dichiarato che il nodo irrisolto che “fa la differenza” per Telecom Italia, è proprio il socio spagnolo, definito “…un partner ingombrante che non gradisce la sua crescita all’estero, condizione per gli investimenti in Italia”.

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