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Wind-3 Italia. La ridefinizione del mercato apre nuovi fronti nel duello Niel-Bollorè

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Forse è meglio non evocarla propria la parola ‘consolidamento’. Anche perché non sarà il caso dell’Italia, dove tutt’al più si potrà parlare di riconfigurazione del mercato.

La fusione tra Wind e 3 Italia avrebbe dovuto ridurre il numero di operatori sul mercato mobile, almeno nelle intenzioni dei proponenti e nelle speranze degli altri operatori. Ma, si sa, per la Commissione europea ‘3’ non è un ‘numero magico’ come invece recitava la pubblicità della 3. E così, Vimpelcom e Hutchison, proprietari dei ‘promessi sposi’, hanno stretto un accordo con Iliad per la cessione degli asset – frequenze e siti – nell’ambito di un pacchetto di ‘rimedi’ sottoposti alla Ue. Rimedi che, portando alla creazione di un quarto operatore mobile, dovrebbero agevolare il via libera all’operazione.

Si può parlare, quindi, di consolidamento?

Non proprio, almeno non se si guarda ad altre operazioni di questo tipo approvate dalla Ue negli anni scorsi in Austria e Irlanda (con protagonista sempre 3) e in Germania (fusione O2-ePlus) e che hanno, effettivamente ridotto il numero di operatori. Ma la Commissione europea nel frattempo ha cambiato composizione e al più flessibile Joaquin Almunia è subentrata l’intransigente Margrethe Vestager, che come prima cosa ha fatto saltare le nozze tra Telenor e TeliaSonera nella sua madre patria Danimarca (5,6 milioni di abitanti) imponendo paletti così rigidi da inficiare i benefici dell’operazione. La Vestager ha quindi bocciato la fusione tra O2 e 3 Uk nel Regno Unito, che però era stata contestata anche dalle autorità britanniche per le tlc e antitrust.

Il momento, insomma, non è dei più propizi e perciò forse è meglio non evocarla propria la parola ‘consolidamento’. Anche perché non sarà il caso dell’Italia, dove tutt’al più, come fa notare Stephen Wilmot sul Wall Street Journal, si potrà parlare di riconfigurazione del mercato.

L’ingresso di Iliad, società di Xavier Niel, anche se probabilmente non porterà lo scompiglio creato nel 2012 in Francia dal suo operatore low cost Free – che ha scalato il mercato passando dall’8% conquistato nel primo anno all’attuale 17% (12 milioni di clienti) – ha già avuto come prima conseguenza l’intervento della Consob. Sulla scia del crollo di ieri (-10.8%), l’autorità di controllo sulla Borsa ha disposto il divieto temporaneo di vendite allo scoperto sul titolo Telecom Italia nella intera seduta di oggi. Un tonfo, quello di ieri, provocato dai timori legati ai contraccolpi del possibile ingresso di un agguerrito quarto operatore e dell’imminente cessione, nelle prossime settimane, dell’intera posizione in opzioni detenuta da Niel nel gruppo telefonico italiano.

Gli analisti non sono tutti concordi sulle conseguenze dell’ingresso di iliad sul mercato mobile italiano e molti hanno minimizzato l’impatto a breve termine sulle attività degli altri operatori – Tim e Vodafone e l’eventuale joint venture  3-Wind. Secondo le previsioni di Barclays, tuttavia, i tre operatori potrebbero subire un calo del 5% dei ricavi mobili.

Il possibile arrivo di Niel sul mercato mobile e il contestuale disimpegno da Telecom Italia aprono quindi nuovi scenari nella rivalità tra Niel e Vincent Bollorè, che sembrava confinata negli ambiti della scalata al capitale dell’incumbent.

Bollorè, attraverso Vivendi, lo ricordiamo, è il principale azionista di Telecom, con una quota del 24,7% mentre Niel aveva opzioni sul 15,1% del capitale, acquisite a titolo personale non via Iliad ed era pronto a investire 1,7 miliardi.

Appena arrivato Niel, sembrava scontato che i due agissero di concerto: una sorta di assalto francese a Telecom, con dietro anche l’ombra del Governo transalpino visto che si è subito ipotizzato un possibile futuro accordo con Orange, tornato alla ribalta anche nelle ultime ore. C’erano, insomma, tutti gli ingredienti del feuilleton finanziario, ma alla fine tutto è sfumato, anche perché entrare in Italia in questo momento per Orange non sarebbe più tanto conveniente. Così come non sarà indolore per Niel uscire ora da Telecom. Secondo alcuni analisti citati dal quotidiano francese Les Echos, cedere ora le opzioni – visto l’andamento delle azioni – costerà a Niel una perdita tra 100 e 250 milioni di euro.

E ora i riflettori si spostano sul mercato mobile, dove l’arrivo di Niel infrange le speranze di chi (Vincent Bollorè compreso), aspettava la fusione per avere un po’ più di respiro sui margini. E per Bollorè si tratta di un nuovo colpo da ammortizzare, dopo l’ingresso di Enel nella partita della fibra ottica.