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Fusioni Tlc: game over per il consolidamento nazionale?

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Per molti analisti, il fallimento della fusione tra Orange e Bouygues potrebbe convincere la Ue a resistere alle pressioni e respingere i tentativi di consolidamento in atto in Italia e Regno Unito.

Il fallimento delle trattative tra Orange e Bouygues potrebbe avere conseguenze negative sui progetti di fusione in Italia, tra Wind e 3 Italia, e nel Regno Unito, tra 3 UK e O2.

Questi accordi sono al vaglio della Commissione europea, che sul deal italiano ha da poco aperto un’indagine approfondita che si chiuderà ad agosto. Secondo l’analista  Jerry Dellis di Jefferies, a questo punto, l’Antitrust europeo potrebbero resistere alle pressioni e respingere i tentativi di consolidamento in atto nei due Paesi. “Riteniamo – ha detto l’analista al Financial Times – che il precedente della Francia possa essere abbastanza potente”.

I casi sono diversi, certo, ma – come già si era intuito dall’insediamento a Bruxelles del nuovo Commissario antitrust Margrethe Vestager – il vento in Europa è cambiato rispetto a qualche anno fa.

Austria, Irlanda e Germania sono riuscite, negli anni scorsi, a riportare da 4 a 3 il numero di operatori con le fusioni, rispettivamente tra Orange Austria e 3 (2012), O2 e 3 Ireland (2013) e O2 ed ePlus (2013).

Sulla scia di queste operazioni, approvate dalla Ue ma solo a fronte di severe misure per preservare la concorrenza, anche su altri mercati  – come appunto Italia e Regno unito – si è deciso di intraprendere la via del consolidamento del mercato mobile.

In altri paesi, il consolidamento è stato cross-settoriale tra operatori fissi e mobili: in Spagna Vodafone ha acquisito Ono e in Francia Numericable ha comprato SFR da Vivendi.

Ma fin dal suo arrivo la Vestager ha da subito messo in chiaro la sua visione: non è detto che la diminuzione del numero degli operatori accelera gli investimenti e c’è in più il rischio che si ripercuota negativamente sui consumatori con un aumento dei prezzi generato dalla minore competizione. Come prima conseguenza di questa intransigenza, Telenor e TeliaSonera hanno abbandonato il loro progetto di fusione. I vincoli posti dalla Ue sono stati ritenuti talmente pesanti da inficiare i vantaggi dell’operazione.

Al Commissario europeo ha fatto eco anche l’Ofcom, l’Authority britannica, che si è messa di traverso nell’operazione tra 3 UK e O2, sulla quale la Ue si pronuncerà a maggio.

Anche nel caso di Wind-3 Italia, nell’annunciare l’apertura di un’indagine approfondita, la Commissione ha evidenziato il rischio che l’operazione elimini due forze competitive importanti e che la joint venture non avrebbe abbastanza incentivi a esercitare una pressione concorrenziale significativa sugli altri concorrenti, con un conseguente aumento dei prezzi e un calo degli investimenti nelle reti di telecomunicazioni mobili.

La nuova società che nascerebbe dalla fusione – controllata pariteticamente da Vimpelcom e CK Hutchison – con oltre 31 milioni di clienti mobili e 2,8 milioni nel fisso (di cui 2,2 milioni broadband), competerebbe ad armi pari con i due leader di mercato. I ricavi complessivi delle due società̀ nel 2014 ammontavano a 6,4 miliardi di euro. Dall’integrazione, le due società si attendono efficienze, per un valore di oltre 5 miliardi di euro al netto dei costi di integrazione e risparmi annui per 700 milioni.

Il 17 marzo scorso l’amministratore delegato di Wind Maximo Ibarra, nel dirsi fiducioso sul buon esito del merger, aveva detto che per la chiusura del deal bisognerà attendere la fine dell’anno perché si tratta di un processo molto lungo.

Per l’analista Stephane Beyazian di Raymond James, “L’Europa è alla fine di un ciclo per quanto riguarda il consolidamento nazionale. Tutto quello che era possibile fare è stato fatto”.

Ma per un ciclo che si chiude, un  altro potrebbe aprirsi, con un consolidamento di portata europea che vedrebbe sicuramente tra i protagonisti Orange e Telecom Italia.