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Orange-Bouygues: saltano le nozze, ripercussioni su tutte le tlc francesi

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A fine giornata, il settore ha bruciato 9 miliardi di euro di valore. Bouygues perseguirà ora una strategia stand-alone, ma restano i dubbi sulla sua sostenibilità.

Se n’è andato sbattendo la porta, dicono. E mandando all’aria quello che era già stato battezzato il ‘matrimonio dell’anno’, quello tra Orange e Bouygues Telecom. Nonostante l’ottimismo delle ultime settimane, infatti, Martin Bouygues, che pure aveva proposto lui stesso ‘l’affare’ a Stephane Richard, ha detto no. “E’ finita”, queste le sue parole.

Chi credeva che Bouygues, in quanto venditore, avrebbe accettato qualunque condizione, insomma, si sbagliava: “A 64 anni non ci sto a passare per pazzo o idiota”, avrebbe detto di fronte a condizioni irricevibili.

Lo Stato, azionista di Orange al 23%, voleva impedire a Bouygues di aumentare la propria quota (pare si fosse infine trovato un compromesso al 12%, tra il 15% preteso dall’imprenditore e il 10% del Governo) per sette anni e di acquisire azioni con doppio diritto di voto per 10 anni. E in più avrebbe preteso un premium di oltre il 17% sul prezzo delle azioni.

E a reagire male non è stato solo Martin Bouygues, ma tutto il comparto tlc francese: le azioni di SFR – il secondo maggiore operatore del mercato – hanno perso il 18%, bruciando 2,9 miliardi di capitalizzazione. Iliad, casa madre di Free, ha segnato -15,1%, mentre Orange ha perso il 6,2%, pari a 2,5 miliardi di valore di mercato. Bouygues ha perso il 13,4%: lo scivolone più marcato dal gennaio 2005.

A fine giornata, il settore ha bruciato 9 miliardi di euro di valore.

Passare da 4 a 3 operatori – in francia ma un po’ in tutti i Paesi Ue – rappresenterebbe per tutti la possibilità da calmierare la guerra dei prezzi e di creare valore: un sospiro di sollievo che nessuno al momento potrà tirare. E l’Autorità di settore invita tutti a tenere i nervi saldi e a evitare “sconsiderate guerre di promozioni”. Per il presidente dell’Arcep, Sébastien Soriano, “se i prezzi sul mercato crollano, gli operatori non avranno margini sufficienti per finanziare gli investimenti”.

Che l’operazione fosse molto complessa lo si era capito. Non coinvolgeva solo Orange e Bouygues (il primo, ex monopolista del settore, il secondo terzo player del mercato), ma anche SFRun tempo proprietà di Vivendi, ora in mano a Patrick Drahi – e Free di Xavier Niel, nome quest’ultimo ben noto in Italia, vista l’acquisizione di una partecipazione potenziale del 15% in Telecom Italia. Ma noto soprattutto in Francia: si può ben dire che senza il suo dirompente ingresso nel settore della telefonia mobile transalpina probabilmente non staremo qui a mancare delle mancate nozze tra Orange e Bouygues.

Quest’ultimo è stato infatti l’operatore che si è dimostrato più vulnerabile di fronte alla spregiudicatezza di Free e all’effetto domino delle sue offerte sui prezzi dei servizi. Soltanto lo scorso anno, dal 2012, Bouygues Telecom ha rivisto il segno più davanti alla voce ricavi (+2% a 4,5 miliardi), ma la ripresa non è stata quel che si dice una passeggiata, anzi. E’ stata raggiunta a suon di ristrutturazioni, costate il posto di lavoro a 2 mila dipendenti in tre anni. E ora, chiusa la porta a Orange, è Bouygues quello che rischia più grosso, nonostante Martin Bouygues continui a sostenere che il cash flow e la potenza del gruppo Bouygues consentiranno di continuare a investire in Bouygues Telecom e di crescere anche in un mercato a 4 operatori.

Sul fallimento dei negoziati hanno inciso comunque diversi fattori, tra i quali le difficoltà incontrate anche nel processo di ripartizione di asset, negozi e dipendenti di Bouygues Telecom.

Passaggio, questo, essenziale per rendere l’operazione meno indigesta agli occhi dell’Antitrust e del Governo, con quest’ultimo estremamente vigile anche sul fronte dell’occupazione.

Niel, poi, è stato uno dei negoziatori più intransigenti: i suoi paletti hanno più volte scombinato i piani delle altre parti in causa, ma alla fine sembrava che si fosse giunti a un  accordo almeno sul numero di dipendenti Bouygues che Free avrebbe assorbito (circa 2.000, contro i 1.000 di SFR e i 4.500 di Orange).

Trovare la quadra tra le esigenze di tutti è risultato, insomma, impossibile. La Francia resta coi suoi 4 operatori e chissà se Orange ora guarderà con occhi diversi a possibili operazioni nel nostro paese.