L'analisi

PA digitale, l’Italia non decolla. Lo stallo dell’Anagrafe Unica preoccupa la Ue

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L’Italia digitale resta ferma al 25esimo posto nella classifica relativa all’indice Desi (Digital Economy and Society Index) dell’Ue, che esprime tutta la sua preoccupazione per il ritardo di attuazione dell’Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente).

L’Italia digitale non decolla e resta ferma al 25esimo posto nella classifica relativa all’indice Desi (Digital Economy and Society Index) dell’Ue, che mette in fila il livello di digitalizzazione degli stati membri in base a cinque indicatori: connettività, capitale umano, uso di Internet, Integrazione delle tecnologie digitali, Servizi pubblici digitali. Siamo indietro e il rischio, sottolinea l’Unione Europea, è che le cose possano peggiorare, soprattutto se non si provvederà alla realizzazione in tempi stretti dell’Anagrafe Unica (Anpr, Anagrafe unica della popolazione residente), attiva soltanto in 3 comuni minori (Cesena, Bagnacavallo e Lavagna): “La realizzazione dell’anagrafe riveste particolare importanza, poiché i dati contenuti nei registri dell’anagrafe costituiscono la base per il corretto funzionamento di un’ampia gamma di servizi pubblici, ed eventuali ritardi che incidano sul relativo completamento potrebbero mettere a rischio la strategia italiana in materia di governo elettronico”, si legge nella ‘Relazione sui progressi del settore digitale in Europa (EDPR) – Profilo paese 2017 relativo all’Italia’ dell’Ue.

Certo, come già ribadito da tempo, fissare una dead line per la migrazione potrebbe aiutare, anche perché senza Anagrafe Unica tutto il disegno del Digital first rischia di restare sulla carta per non parlare di Italia Login, la casa digitale degli italiani.

Connettività, i rilievi della Ue: timori per le aree bianche

La ‘Relazione sui progressi del settore digitale in Europa (EDPR) – Profilo paese 2017 relativo all’Italia’ mette il nostro paese fra quelli a “basse prestazioni” insieme a Romania, Bulgaria, Grecia, Croazia, Polonia, Cipro, Ungheria e Slovacchia. Insomma, siamo nel treno di coda del digitale e l’Unione Europea ce lo ricorda a partire dal capitolo più urgente da realizzare, quello della connettività: “L’effettiva attuazione del piano nazionale per la banda ultralarga è essenziale per facilitare i progressi della copertura NGA in Italia – si legge nel report – il completamento tempestivo delle procedure di gara in corso e un approccio coordinato tra iniziative esistenti, ad esempio il coordinamento tra i diversi esercizi di mappatura, sono entrambi importanti per raggiungere tale obiettivo, in particolare nelle aree rurali”.

Un riferimento, quello dell’EDPR alle aree rurali (aree bianche), quanto mai attuale, visto il muro contro muro in atto fra Governo e Tim sui bandi Infratel, che oltre a ritardare il terzo bando (il secondo è in fase di assegnazione e il primo è stato aggiudicato a Open Fiber, con i cantieri che dovrebbero partire entro fine mese) rischia in qualche modo di modificare la geografia – con relativa modifica della mappatura – delle aree grigie fissata a suo tempo.

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Servizi pubblici digitali, Anagrafe unica ferma al palo

L’Italia resta sotto la media europea per quanto riguarda i servizi pubblici digitali, non tanto nell’offerta (dove siamo sopra la media) ma l’utilizzo da parte dei cittadini resta scarso.

A peggiorare il quadro, il fatto che “le banche dati della PA non sono ancora sufficientemente interconnesse per permettere di precompilare i moduli riutilizzando le informazioni personali”, sottolinea il report. E in effetti ogni volta che dobbiamo compilare un modulo online per la PA siamo costretti a reinserire i nostri dati ex novo, il che purtroppo non aiuta la diffusione dei servizi online.

Un altro tallone d’Achille riguarda le iniziative della strategia italiana per il governo elettronico (Agenda Semplificazione 2015-2017) dove alcune iniziative sono in linea con i tempi, altre sono in notevole ritardo. Come ad esempio la diffusione di SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), che ad oggi, secondo i dati dell’Agid, conta soltanto 1.483.080 identità erogate, cifra “molto inferiore agli obiettivi di governo (3 milioni a settembre 2015, 10 milioni a dicembre 2017)”. Il sistema può essere utilizzato per accedere a oltre 4mila servizi pubblici, il Governo prevede dal 2017 la certificazione anche dei gestori di attributi qualificati (attribute providers), ossia le istituzioni legittimate “ossia le istituzioni legittimate ad aggiungere qualifiche ai documenti di identità elettronici dei cittadini, come ad esempio certificati accademici e iscrizioni a un registro professionale”.  Anche la possibile attribuzione di SPID da parte di fornitori privati (soprattutto le banche) potrebbe accelerare la diffusione del sistema.

Molto meglio PagoPA il sistema di pagamenti online nella PA, dalla tassa di iscrizione scolastica alle multe stradali, adottata ormai da circa il 70% delle amministrazioni (15.601 quelle aderenti a fronte di 11.352 attive). Il numero di transazioni, poco meno di 2 milioni, è ancora limitato, ma c’è un trend positivo negli ultimi mesi.

Notevole ritardo, invece, per il consolidamento dei registri della popolazione locale (Anagrafe nazionale della popolazione residente, ANPR), con appena tre comuni operativi su un totale di 7.893 nella banca dati nazionale e altri 23 (che rappresentano l’11% della popolazione italiana) ancora in fase sperimentale.

Insomma, senza Anagrafe Unica il disegno digitale del Governo ( (domicilio digitale) e  Italia Login, la casa digitale degli italiani, non si può realizzare.

Capitale umano, Italia sotto la media Ue

L’uso regolare di Internet da parte della popolazione italiana è aumentato di 4 punti nel 2016, ma “le prestazioni dell’Italia sono ancora tra le più basse e inadeguate per le esigenze di un’economia vasta e avanzata quale quella italiana”, si legge ne rapporto. L’offerta di forza lavoro con competenze digitali “è limitata, fattore che restringe la possibilità del sistema economico italiano di progredire nella catena globale del valore, convertendosi a modelli commerciali digitali”.

Il report evidenzia come la Coalizione per le Competenze Digitali, istituita a livello nazionale all’inizio del 2015 coordinando da allora 106 progetti destinati a cittadini, imprenditori, lavoratori e funzionari pubblici, non esista più, interrompendo così progetti promettenti come “Crescere in digitale” e “Eccellenze in digitale”.

Il “Piano nazionale scuola digitale”, secondo il report, va nella direzione giusta, ma soffre di mancanza di sistematicità e di risorse (in particolare di competenze digitali del personale docente).

Il nuovo piano nazionale “Industria 4.0”, infine, ha previsto lo stanziamento di 220 milioni di euro per lo sviluppo di piani di studio di istruzione superiore (Istituti tecnici superiori), universitaria e post-laurea (master e dottorati)C’è poi un programma televisivo su Rai Scuola di programmazione informatica rivolto a insegnanti e studenti di scuola primaria e secondaria, ma secondo il rapporto se la strategia del nostro paese si dimostra adatta all’offerta di competenze digitali ai giovani, “benché la sua efficacia dipenda in gran parte dall’allineamento con le esigenze delle imprese (e dall’attuazione della strategia Industria 4.0)”, d’altra parte “non sembra esservi una sufficiente pianificazione strategica per colmare le lacune delle recedenti generazioni in termini di competenze digitali”.

Uso di Internet, Italia penultima

La propensione degli Italiani verso l’utilizzo di Internet è scarsissima, il nostro paese resta al penultimo posto nella classifica Ue. No cresce la percentuale di cittadini che utilizzano servizi avanzati, come l’eBanking e l’eCommerce, l’unica attività connessa a Internet al di sopra della media Ue è il consumo di contenuti digitali: musica, video e giochi online (79%).

Digitale in azienda, giocarsi bene la carta Industria 4.0

Qualche progresso nel 2016 si è registrato sul fronte delle tecnologie in azienda, in particolare grazie all’obbligo di fatturazione elettronica per i contratti con la PA. Cresce inoltre il ricorso al cloud e ai social media in chiave di business. Resta invece bassissimo il ricorso all’eCommerce (soltanto il 7% delle PMI fa vendita online).

Per cambiare il trend, è fondamentale il piano italiano Industria 4.0, sottolinea il report, secondo cui restano però alcuni punti critici per la sua attuazione. “In effetti, solo alcuni dei poli di innovazione digitale progettati sono operativi e i centri di competenza non saranno aperti prima della seconda metà dell’anno (2017 ndr), con il rischio che una quota importante delle deduzioni fiscali possa essere stanziata in modo improprio”, si legge nel report. Insomma, c’è molto da fare per non perdere il treno degli incentivi e per fare ciò servirà uno sforzo coordinato per sensibilizzare le PMI, la categoria più numerosa del nostro tessuto industriale, ma anche la più restia a salire sul cavallo del digitale.