l'analisi

Net neutrality: anche i padri del web ‘tengono famiglia’

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Il conflitto d'interessi di Sir Tim Berners-Lee sulla net neutrality.

Dall’Europa agli Usa, le nuove disposizioni sulla net neutrality fanno discutere e creano schieramenti dalle convinzioni diametralmente opposte e inconciliabili.
Da un lato ci sono gli operatori telefonici che lamentano norme troppo intrusive e deleterie per gli investimenti, dall’altro le web company che mettono in guardia dai pericoli di quello che chiamano ‘internet a due velocità’, con corsie preferenziali per chi può permettersi di pagare e corsie lente per le startup a corto di quattrini che sarebbero, quindi, penalizzate.
Quello in atto è uno scontro tra due lobby tra le più potenti (armi a parte ovviamente), ognuna delle quali ha speso e continuerà a spendere soldi ed energia nella sua battaglia.
Le web company – Google in particolare – sono state protagoniste anche in Europa di una forte azione di lobbying per favorire le loro posizioni, che alla fine sono prevalse anche nella stesura delle nuove regole europee in materia di net neutrality.
Non a caso le telco hanno alzato le barricate: in Europa con un Manifesto in cui viene messo nero su bianco che le linee guida del Berec sulla net neutrality “creano una forte incertezza sul ritorno degli investimenti nel 5G”. Negli Usa la riclassificazione della banda larga come servizio pubblico, sostenuta anche da pfresidente Obama approderà alla Corte Suprema.

Sul suo blog, il vicepresidente della Commissione europea Andrus Ansip ha ospitato pareri molto autorevoli sul tema della net neutrality. Tra questi anche quello di Sir Tim Berners-Lee, informatico britannico noto per essere uno degli inventori del world wide web
Un intervento di ‘peso’, quindi, ma…c’è un ma. Il supporto di Berners-Lee alla causa della net neutrality, dice l’analista John Strand, potrebbe non essere del tutto disinteressato, essendo egli membro e beneficiario, attraverso la sua nonprofit, ‘World Wide Web Foundation’, dei finanziamenti della Ford Foundation.
Secondo un dettagliato articolo di Watchdog.org, tra il 2007 e il 2014 la Ford Foundation ha stanziato 46 milioni di dollari in suupporto delle organizzazioni pro net neutrality, tra cui Free Press, Public Knowledge, New America Foundation, Fight for the Future, Center for Media Justice, Media Matters for America, Proteus Fund e Color of Change. Anche la World Wide Web Foundation sarebbe stata tra i beneficiari, dal 2011.
“Si potrebbe pensare che la cifra non è esorbitante per la seconda maggiore Fondazione mondiale, che possiede un ricco portfolio di partecipazioni in aziende come Google, Amazon, e Microsoft, che si battono in favore della net neutrality”, dice Strand. Queste aziende però, sono le stesse che sono finite, per diverse ragioni, nel mirino della Commissione europea per pratiche monopolistiche o di ottimizzazione fiscale. Un doppio binario, “di gratificazione e punizione destinato a collidere”.
Secondo Strand, dietro la strenua difesa della net neutrality da parte di Berners-Lee, con tanto di previsioni tragiche sulle ripercussioni negative per “diritti umani, innovazione, progresso” – per carità, cose importanti ma che poco hanno a che vedere con la net neutrality – ci sarebbe piuttosto il tentativo di difendere gli interessi del World Wide Web e delle aziende che lo costellano dall’avanzata del mobile e delle sue applicazioni.
“Aziende che hanno progettato le loro offerte per un internet dominato dal web temono di perdere terreno col passaggio degli utenti a piattaforme diverse”, dice Strand, da sempre molto critico nei confronti dell’approccio troppo poco accademico alla net neutrality da parte della Ue, i cui interventi sarebbero dettati più dalla volontà di compiacere le web company che dalla necessità di garantire parità di condizioni.