La proposta

Filtri anti-porno su smartphone, tablet e decoder? I dubbi dei provider

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Fa discutere la proposta avanzata dalla Lega di imporre di default un filtro su tutti i dispositivi digitali per impedire la fruizione online di contenuti pornografici, violenti o troppo pericolosi ai minorenni.

Fa discutere la proposta di imporre un ‘parental control’ su tutti i device digitali (smartphone, pc, tablet ma anche decoder satellitari) per vietare la fruizione di contenuti pornografici, pericolosi e violenti online da parte di minorenni. La proposta, avanzata dal senatore della Lega Simone Pillon in un emendamento alla legge sulle intercettazioni che si trova ora alla Camera, è stata approvata e si appresta a diventare legge entro il 29 giugno, data di scadenza dei termini per la conversione del provvedimento.

L’obiettivo

Il filtro anti-porno è un blocco automatico di default a tutela dei minori, che soltanto il consumatore titolare del contratto e maggiorenne potrà disattivare previa richiesta del codice ad hoc per ogni singolo dispositivo. La richiesta dovrà essere esplicita al proprio gestore telefonico e fa drizzare i capelli alle telco e agli Isp.

Al momento, il testo è consegnato alla commissione competente alla Camera, prima del passaggio in Aula. E come detto potrebbe non esserci tempo per una modifica alla Camera, perché va chiuso tutto entro il 29 giugno, quando scadono i termini di conversione della legge.

Cosa dice l’emendamento

Nel testo dell’articolo 7 bis alla legge sulle intercettazioni si legge che “I contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 devono prevedere tra i servizi preattivati sistemi di parental control ovvero di filtro di contenuti inappropriati per i minori e di blocco a contenuti riservati ad un pubblico di età superiore agli anni diciotto”, specificando che questi servizi devono essere gratuiti e che solo il titolare del contratto può disattivarli.

Per fare in modo che i consumatori possano fare scelte consapevoli, i gestori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, assicurano pubblicità adeguate di questi servizi. Si legge inoltre che “in caso di violazione degli obblighi di cui ai commi precedenti l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ordina all’operatore la cessazione della condotta e la restituzione delle eventuali somme ingiustificatamente addebitate agli utenti, indicando in ogni caso un termine non inferiore a sessanta giorni entro cui adempiere”.

Nuovi obblighi per i provider

Sostanzialmente, quindi i provider saranno tenuti a bloccare in automatico l’accesso ai contenuti porno presenti sul web, salvo poi sbloccarli in caso di richiesta da parte dell’intestatario del contratto. In questo modo si attiverebbe di default un vero e proprio parental control, ma applicato ad internet.

Il relatore Simone Pillon ha spiegato che “l’introduzione dell’obbligo per i fornitori di telefonini, tablet, laptop, tv e altri device di preinstallare gratuitamente sugli apparati un filtro per bloccare contenuti violenti, pornografici o inadeguati per i minori. Spero che in tal modo saranno messi in sicurezza i tanti bambini che hanno ormai quotidiano accesso a Internet. Un piccolo regalo dalla grande famiglia della Lega a mamme e papà“.

I dubbi dei provider

Per i provider si tratta di un intervento alquanto problematico e intrusivo: un conto è dare gli strumenti tecnologici di filtraggio dei contenuti, un altro conto (molto più complesso da gestire) è bloccare i contenuti di default. E’ un qualcosa che non è mai stato fatto, se ne è parlato nel Regno Unito ma poi non se n’è fatto nulla perché sarebbe troppo complesso dal punto di vista tecnico. In parole povere, i contenuti che viaggiano online sono perlopiù criptati e i provider che li fanno viaggiare in Rete non li possono vedere.  Se dovesse passare questa norma, si andrebbe ben al di là della cosiddetta “deep packet inspection”. “Il fornitore dell’accesso a Internet non sa cosa si sta trasmettendo online – ha detto Dino Bortolotto, presidente di Assoprovider – I contenuti che viaggiano online sono tutti in Https e sono criptati. I provider non possono vedere i contenuti dei pacchetti che compongono il traffico in Rete. Tecnicamente non si può fare. E se invece si vuole agire sulla sola base della risoluzione del nome a dominio allora qualcuno deve assumersi la responsabilità di definire in modo circostanziato e giuridicamente non equivoco cosa debba stare in quella lista di nomi a dominio”In questo modo, se questa norma passerà così com’è senza variazioni, andiamo al di là della cosiddetta ‘deep packet inspection’”.

Questioni economiche vs questioni etiche

Al di là della questione etica, un altro argomento di carattere prettamente economico avanzato dai fornitori di accesso a Internet è lo stesso che vale per la tutela del copyright: perché i provider devono fare gli sceriffi del web?

Ispezionare la rete e il traffico online non è una pratica a costo zero. Al contrario, è un’attività alquanto dispendiosa. Oltre tutto, i siti di contenuti pornografici nascono e muoiono come mosche tutti i giorni. Lo sa bene anche il Cncpo (Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia) della Polizia Postale, il cui obiettivo primario è la difesa dei ragazzi in Internet, attraverso servizi di monitoraggio per la ricerca di spazi virtuali clandestini dove si offrono immagini e filmati di minori abusati per un turpe commercio online. Più in generale il monitoraggio continuo focalizza l’attenzione sulla scoperta di siti e dinamiche che possano rappresentare fonte di pericolo nella navigazione dei più giovani.   

Ma perché Isp, operatori Tlc (ma anche emittenti tv) dovrebbero diventare di censori morali dei contenuti che viaggiano online?

Come funzionerebbe dal punto di vista pratico?

Dal punto di vista pratico, se dovesse passare la norma – frutto di un accordo fra maggioranza e opposizione nell’ambito del provvedimento sulle intercettazioni – sarà obbligatorio per i fornitori di accesso a Internet scandagliare il web a caccia di siti e traffico a contenuto pornografico e violento per inibirli.

Ma qual è il discrimine che differenzia, ad esempio, contenuti pornografici e immagini osé ma accettabili per un pubblico infantile?

Come bloccare siti che veicolano contenuti spinti in incognito, che dietro un dominio insospettabile (esempio di fantasia www.pippo.it) nascondono invece contenuti vietati ai minori e violenti?

Quali sono i contenuti ritenuti violenti e vietati agli under 18?

Quale genitore avrà la faccia tosta di chiamare il gestore telefonico o l’emittente satellitare per chiedere lo sblocco dei contenuti pornografici sullo smartphone o sul decoder?

E se a chiamare l’apposito call center fosse un minorenne?

Come dovrebbe avvenire lo sblocco dei contenuti hard? Tramite una password segreta, associata ad ogni singolo device in commercio?

E i vecchi smartphone?

Come fare a inibire i vecchi smartphone, tablet e decoder già in mano a migliaia di ragazzini?

E come sarà fornito il filtro agli utenti? Sotto forma di smart card o codice PIN per contenuti violenti e hard?

Qual è la definizione di contenuto violento, pericoloso, eccessivamente esplicito e non adatto ad un pubblico di bambini?

ISP e TLC sono i soggetti giusti per fare da censori morali della Rete?  

Davvero colossi globali del calibro di PornHub, fra i più potenti soggetti della rete, possono essere imbrigliati da una norma di carattere nazionale emanata da un singolo paese della Ue?

Quanto costerebbe agli Isp il monitoraggio della Rete a caccia di contenuti hard? Possono soggetti privati occuparsi di tutto ciò, o non sarebbe invece compito di qualche soggetto pubblico svolgere questa attività di prevenzione?

Non si tratta di censura, come sostengono diversi esperti di diritto digitale?

E la normativa sulla net neutrality in materia di accesso ai contenuti online?

Sono tanti i nodi da sciogliere, ma il tempo stringe. Come andrà a finire?

Romeo (Lega) ‘Nessuna censura’

Intanto, il senatore Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega a Palazzo Madama, difende la proposta. “Trovo assurdi gli attacchi di queste ore all’emendamento della Lega a prima firma Pillon sul parental control approvato a Palazzo Madama all’unanimità e con parere favorevole del governo. Nessuna censura. Sarà semplicemente preinstallata su smartphone e tablet una app gratuita scelta tra quelle già diffuse, come ad esempio “google family link” o “apple restrizione contenuti” o l’italiana “Davide.it”. La password sarà consegnata al titolare del contratto che potrà bloccare, sbloccare o anche disinstallare il filtro secondo il proprio giudizio e in forma autonoma e riservata. Chi accusa di censura è in evidente malafede e preferisce chiudere gli occhi sulla marea di contenuti pericolosi, violenti o pornografici con cui i nostri figli più piccoli rischiano di venire in contatto ogni giorno. Una app non può e non deve sostituire il lavoro educativo dei genitori, ma può aiutare mamme e papà a gestire la sicurezza on line dei bambini. Ogni polemica sul tema è pertanto strumentale e non rispettosa dei diritti dei minori”.