Analisi

Mastodon fa paura a Musk: una blockchain del microblogging senza profilazione e senza proprietari

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Il fenomeno di migrazione che si sta dispiegando potrebbe in realtà simboleggiare un ennesimo cambio di pelle della rete, che vede esaurirsi la spinta propulsiva della prima fase dei social.

La storia non finisce, con buona pace del malinteso famoso saggio di Francis Fukuyama, ma si rinnova. Tanto più nel mondo della rete che con il suo turn over socio tecnologico trova ogni secondo nuove forme e contenuti per riscrivere le nostre relazioni sociali.

Esemplare in queste ore è la trasmigrazione in corso da Twitter a Mastodon.

Cambio di pelle della rete

Si tratta di qualcosa di più di un semplice cambio di piattaforma con cui connettersi al mondo. O di un rigetto per le guasconate del nuovo padrone delle ferriere Elon Musk.

Il fenomeno che si sta dispiegando potrebbe in realtà simboleggiare un ennesimo cambio di pelle della rete che vede esaurirsi la spinta propulsiva della prima fase dei social, in cui i providers erano padroni dei nostri profili, tramite i dati che con disinvoltura e spregiudicatezza, combinavano e commercializzavano, che venivano monetizzati tramite la pubblicità nativa, cioè intrusiva e personalizzata.

La tempesta perfetta

La congiuntura che ha colpito sia dal punto delle quotazioni di borsa, che da quello dei fatturati trimestrali, i grandi marchi, ci dice infatti che si sta innestando una vera tempesta perfetta.

Da una parte gli utenti sono sempre meno proni alle contorsioni padronali dei proprietari, e questa irrequietezza si traduce in un offuscamento dell’efficacia proprio delle pubblicitarie molecolari che registrano i grandi inserzionisti.

Si raffreddano gli incrementi di fatturato, che deludono le aspettative dei famelici investitori che immediatamente, sempre con gli stessi algoritmi che animano le piattaforme, programmano un disinvestimento. Vediamo così grandi titoli, che da 20 anni si erano ormai abituati a crescite regolari e costanti delle trimestrali con incrementi di valori azionari proporzionali, cominciare ad appassire, riducendo  l’aumento dei propri fatturati o, in alcuni casi, addirittura, come è capitato a Facebook, conoscere l’onta del segno – .

Twitter laboratorio

In questo contesto, in cui il popolo della rete, dove azionisti, utenti e proprietari si mescolano e si scambiano di ruolo, per la prima volta rallenta la girandola di scambio e crescita dei volumi finanziari, Twitter diventa un laboratorio ancora più significativo.

Musk dopo aver super valutato l’uccellino con la sua offerta, irrevocabile, di 44 miliardi di dollari, si trova nell’urgenza di dare un senso al capriccio che lo aveva preso. Deve da un lato, necessariamente, convincere i suoi partner nell’operazione, fra cui il gruppo italiano UNIPOL, di una plausibile prossima redditività della piattaforma.

Dall’altro, deve rendere il controllo del principale luogo di confronto dei flussi delle news digitali uno strumento politicamente funzionale ai suoi disegni più napoleonici. In entrambi i casi, questa è la specificità del mondo digitale che sta facendo paradossalmente sbandare proprio chi ne dovrebbe essere meglio informato, come i grandi samurai dell’algoritmo, risulta fondamentale la complicità di utenti e investitori.

Nel digitale contano di più i clienti degli azionisti

Nel digitale, come ci spiegava una ricerca della Harvard Business Review di alcuni anni fa “i clienti sono più importanti degli azionisti. Non per il fatturato ma per la reputazione di un marchio relazionale”.

Oggi questa importanza viene al pettine. E da Twitter si trasmigra non su Telegram o su Signal, ma su Mastodon. Si tratta di una ancora debuttante piattaforma di microblogging, ha solo 5 milioni di follower, che presenta caratteristiche opposte rispetto a quelle del marchio acquistato da Musk.

Mastodon nel solco del software libero

Il suo giovanissimo creatore, Eugen Rochko, 29 anni, di origine russa ma da molti anni residente in Germania, ha elaborato un sistema che sembra uscire dalla mitologia della rete, dai fasti iniziali di Richard Stallman e del suo sogno dell’open source.

Mastodon, nome preso dall’azienda tedesca che ha ingegnerizzato il progetto, si basa su un modello di business che non prevede pubblicità, ma solo crowdfunding, dunque non ha software di profilazione degli utenti, ne costruisce echo chambers per massimizzare l’estrazione dei dati.

Mastodon e la blockchain della governance

La stessa articolazione gestionale del sistema e la sua filosofia organizzativa degli utenti è caratterizzata da un modello decentrato, che suddivide relazioni e responsabilità in comunità concatenate. Una specie di blockchain della governance, in cui utenti e dipendenti devono validarsi reciprocamente.

Siamo certo solo all’inizio, e sarebbe del tutto imprudente gridare al miracolo. Ma certo bisogna riflettere su un modello che coglie esattamente l’insoddisfazione di larghe masse di utenti digitali e propone alle imprese e al mondo della pubblicità un nuovo linguaggio basato sulla consapevole conversazione con utenti segmentati per interessi specifici.

Riemerge la vecchia talpa dell’egualitarismo digitale, in cui proprio la disintermediazione che i providers avevano applicato ai produttori di beni e servizi del vecchio mondo analogico per sostituirli con la potenza della distribuzione profilata, viene oggi rivoltata proprio contro le grandi piattaforme di centralizzazione dei dati. Vedremo dove arriva, ma sicuramente da oggi abbiamo un’alternativa.

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