Scenario

Democrazia Futura. Le politiche dell’energia in Europa

di Cecilia Clementel-Jones, Psichiatra e psicoterapeuta |

Il tetto al prezzo del petrolio russo per mare e il tetto alla quotazione europee del GNL sul polo (hub) olandese di contrattazioni per il Ttl. Come andrà a finire?

Per Democrazia futura Cecilia Clementel torna sul quadro della situazione energetica dopo l’accordo intervenuto a metà dicembre su un tetto al prezzo del gas in seno all’Unione europea.

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Prima di esaminare gli scopi e le dinamiche dell’imporre un tetto alle quotazioni del gas nello hub olandese Ttf (title transfer facility, mercato all’ingrosso per il gas naturale-in Europa-con sede in Olanda[1]) e del tetto di $60 al barile di petrolio russo esportato in vigore da questo 5 Dicembre[2], vorrei sollevare un problema preliminare: la disponibilità di gas e petrolio da acquistare. Tutti i tesori del mondo non possono acquistare un prodotto non disponibile.

Può energia da fonti rinnovabili (nucleare incluso) sostituire completamente le energie da fonti fossili?

Dipende, le rinnovabili possono generare elettricità ma eolico e solare sono intermittenti e trasporto e immagazzinamento della elettricità così prodotta hanno importanti problemi irrisolti che sono stati sottovalutati, come sottolinea Tabarelli[3]. Procedimenti industriali che richiedono petrolio o derivati e gas dovranno essere modificati: produzione di fertilizzanti, vetro, acciaio, plastiche, vernici, ammoniaca, alluminio. La costruzione di impianti per rinnovabili richiede ancora grande disponibilità di fonti fossili e metalli a volte rari.

Stallo del progresso verso le energie rinnovabili in Europa.

In una prospettiva prossima i paesi industrializzati hanno l’intenzione di sostituire il più possibile energia fossile con energia rinnovabile. Le tappe previste dalla EU sono rallentate dagli effetti della crisi energetica e dal conflitto. Si evita spesso di osservare quanto i conflitti bellici contribuiscano al riscaldamento globale, per esempio il sabotaggio dei gasdotti North Stream ha rilasciato un’inaudita quantità di metano nell’aria. Produzione e trasporto del gas liquefatto inoltre scaricano nell’atmosfera quantità considerevoli di metano che causa un effetto serra (potere riscaldante) di 20-25 volte superiore a quello del CO2, ma per fortuna vi è molto meno metano nell’atmosfera (siamo comunque al massimo rispetto agli ultimi 800 mila anni) e la durata del suo effetto è di gran lunga inferiore a quella del CO2 (emi-vita del metano è 9 anni, a confronto quella del CO2 è 100 anni). Le cifre rilevano di recente un inspiegato aumento delle percentuali di metano nell’atmosfera probabilmente NON dovuto all’ attività antropica. E’ allarmante che neppure il rallentamento economico dovuto al lockdown per il Covid 19 abbia prodotto un abbassamento duraturo dei livelli di CO2.

Riduzione di investimenti per estrazione di gas e petrolio o sviluppo di nuovi giacimenti fossili.

Gli esportatori di gas e petrolio hanno, in previsione della svolta verso l’energia rinnovabile, diminuito investimenti e a volte persino manutenzione per gli impianti, sviluppando alternative: ad esempio Russia e Quatar hanno investito su impianti per la liquefazione del gas (LNG) che viene poi trasportato via mare. La disponibilità di gas va aumentando causa recenti scoperte di giacimenti nel Mediterraneo orientale, che vede un importante coinvolgimento dell’ENI[4]. Il riorientamento verso le rinnovabili richiederà diversi anni e cambiamenti importanti, nel frattempo rimane invariata la richiesta di energia in un’Europa che ha limitate risorse energetiche proprie ma si comportava come se non lo sapesse.

La crescita del PIL varia in proporzione alla crescita della quantità di energia impiegata nel sistema.

Il PIL varia in proporzione all’uso di energia, la prosperità in base alla disponibilità della stessa. Il grande balzo in avanti dell’economia industriale inizia con l’uso del carbone e continua con quello del petrolio[5]

L’uso di energia pro capite nelle società industrializzate si è moltiplicato durante gli ultimi due secoli, ma si nota un forte rallentamento dell’uso di energia pro capite dopo la grande recessione del 2008.  Il consumo di energia pro capite nel periodo 2017-2021 è sceso dello -0.4 per cento annuale. L’aumento veloce dei tassi di interesse portò dal 2004 al 2006 i tassi dall’1 al 5.25 per cento in USA ma il prezzo del petrolio iniziò a scendere solo dopo l’estate del 2008, rimbalzando nel 2009 a seguito del QE: quantitative easing. Un alto prezzo del petrolio favorisce l’estrazione del costoso petrolio (e gas) di scisto. Il prezzo della benzina alle pompe negli Stati Uniti è una variabile politicamente sensibile (predominandovi il trasporto privato) e si è recentemente normalizzato. La speranza è che con l’aumento dei tassi di interesse si limiti l’inflazione (con l’aumento della disoccupazione diminuirebbe il potere di contrattazione dei salariati) e scenda il prezzo dell’energia, forse grazie ad una minor domanda dovuta ad una recessione. Ma quando tempo, quale riduzione dei consumi (e quale aumento dei tassi) saranno necessari per raggiungere tale scopo?

Costi dei combustibili fossili influiscono sulle quantità disponibili

Di recente vi sono state richieste da parte dei paesi del G7 ai paesi OPEC di aumentare la produzione, cui questi ultimi hanno opposto un rifiuto. Vi è un forte sospetto che l’OPEC semplicemente non sia in grado di aumentare la produzione nel breve periodo. Nel contesto, la forte riduzione delle riserve strategiche di petrolio negli USA è azzardata. Sia nel caso del tetto al prezzo del petrolio russo ora in vigore, che del tetto alle quotazioni spot del gas nello hub  (punto di scambio virtuale) olandese Ttf (title transfer facility), un mercato all’ingrosso del gas naturale che determina il prezzo europeo e le quotazioni ‘ gas futures’ abbiamo un tentativo inedito di un cartello di compratori che vuole influenzare i prezzi offerti al venditore/i. Putin ha commentato, citando Milton Friedman ‘ il risultato di un tentativo di calmierare il prezzo dei pomodori sarà scarsità di pomodori ed eventualmente l’aumento del loro prezzo’: facile predizione di imminenti e temuti aumenti del prezzo dell’energia che queste due misure vorrebbero arginare[6] e sorprendente difesa del libero mercato.

Russia e Arabia Saudita (e in passato il Texas) possono estrarre petrolio a prezzi relativamente contenuti, in altri paesi (Venezuela, Angola, Golfo del Messico…) non è conveniente estrarre al di sotto di un prezzo alto o non è possibile farlo in assenza di tecniche complesse e impianti costosi, la crescita di produzione del petrolio (o gas) ‘non convenzionale’ può aver raggiunto un picco, di recente è stata lenta. Derivati del petrolio continueranno ad essere necessari nella chimica, nei fertilizzanti in agricoltura, per gli asfalti…

Seguo il filo del discorso di un blog dedicato all’energia a firma Gale Tivberg (ourfiniteworld.org[7]) che osservando diminuzione della produzione di petrolio in varie fasi dal 2016 al 2021, tenendo ovviamente conto del rallentamento dovuto alla pandemia, ritiene si tratti di un fenomeno strutturale. Gale Tivberg sottolinea che l’economia risponde a manipolazioni finanziarie di credito disponibile, ma che alla fine il sistema deve fare onore alle promesse fatte (per esempio le pensioni).  Il modello economico non tiene conto della disponibilità di energia e materie prime. La crescita costante della popolazione umana richiede un aumento costante di beni e servizi, ma le disponibilità di suolo e di acqua non aumentano, mentre l’aumento del costo dell’energia farà aumentare il prezzo di beni e servizi. Se, come oggi accade, la ricchezza si concentra nel 10 per cento (o l’1 per cento) della popolazione coloro che non sono privilegiati non avranno disponibilità per acquistare beni di consumo.  In ultima analisi se l’energia non viene prodotta ‘non la si può stampare’ come si può stampare la moneta.

 La fase attuale di restringimento del credito e crescita del tasso d’interesse che ha per scopo dichiarato l’abbassamento del potere di acquisto per fermare la spinta dell’inflazione (ora in Europa al 10 per cento[8], ma nei paesi baltici sul 20 per cento), riduce ulteriormente la base fiscale (le tasse pagate dai cittadini), si calcola che il 37 per cento dei profitti delle multinazionali sia nascosto in paradisi fiscali. Se il problema non è tanto il costo dell’energia quanto la difficoltà ad ottenerla l’economia si ridurrà (ridotti beni e servizi) e la popolazione si impoverirà ulteriormente. GT ritiene che un discorso svalutante l’energia fossile, condivisibile, nasconda anche la probabilità che non se ne ottenga abbastanza per coprire le crescenti necessità.  La diminuzione dell’energia pro capite negli scorsi anni (all’interno di grandi variazioni da paese a paese che essa descrive nell’articolo) va certamente tenuta in considerazione.

Un gioco di sedie musicali

Per tornare dunque al nostro discorso sul tetto dei prezzi dell’energia, la quantità di petrolio e gas in vendita è X, è necessaria tutta e non ve ne è altra disponibile (nel breve termine). Quando l’Europa rifiuta una quantità y che la Russia le vendeva l’Europa necessita di una quantità y da un altro fornitore, che la deve togliere, per esempio all’India che la stava acquistando e l’India andrà a comprarla dalla Russia, in un ‘gioco delle sedie’ globale che rischia di lasciare senza sedia alcuni paesi, quelli più poveri. Il rischio è di innescare non solo un aumento dei prezzi ma anche un ammanco di materia prima energetica (non solamente di petrolio, ma anche di derivati come il diesel per trasporti o i fertilizzanti: se non fossero disponibili nella quantità necessaria ne verrebbe grave danno all’economia globale). Mentre gli USA hanno impiegato 20 giorni a rescindere le sanzioni sui fertilizzanti russi (quando i loro agricoltori hanno fatto presente che non potevano farne a meno), l’Europa dopo 10 mesi sta attualmente alleggerendo tali sanzioni (non direttamente a fertilizzanti ma ai proprietari delle ditte russe e bielorusse che li trattano) che danneggiano in primis i paesi in via di sviluppo ma anche l’agricoltura europea.

Il tetto al petrolio russo per esportazione[9]

Dopo questa lunga introduzione posso affermare che il tetto al prezzo del petrolio russo è solo una manovra per evitare (visto che il petrolio russo è comunque necessario all’economia globale) una forte impennata dei prezzi e per creare conflitti d’ interesse fra Russia e i suoi principali clienti: Turchia, Cina e India[10]. Questa manovra viene dagli USA ed ha creato non pochi conflitti fra Ucraina e i paesi polacco-baltici[11] che suggerivano tetti improbabili come 35 dollari da una parte e il resto dell’Europa dall’altra. Inizialmente il prezzo suggerito dalla commissione europea era di 75 dollari! Come spesso accade con questa sanzione si fanno i conti senza l’oste. Sia Iran che Venezuela (nonostante sanzioni che dovevano impedir loro l’esportazione) hanno continuato ad esportare greggio con una flotta di ‘petroliere fantasma’[12]. L’Europa rifiuterà di assicurare petroliere che trasportino greggio russo pagato a prezzo maggiore del tetto stabilito dal G7 ($ 60 al barile) ma la Federazione sta facendo incetta di vecchie petroliere e dichiara che non farà affari con paesi che si attengano a questo tetto[13].

Al momento il problema non si pone poiché per tutto il 2022 la Russia ha venduto petrolio con un discount superiore al 20 per cento del prezzo e quindi, come nota il sole 24 ore, il petrolio russo si vende oggi a meno di 60 dollari. Chi scrive ritiene che vi potrebbero essere sanzioni secondarie ‘di ammonimento’ a importatori del greggio russo che non tengano conto del tetto, sanzioni che non aumenteranno la popolarità del G7, promotore di questa audace innovazione.

Una quota sempre maggiore di petrolio esportato viene pagata in yuan cinesi (renminbi), è importante politicamente quanto (e quanto rapidamente) questa quota aumenterà[14]

Temo che una fiammata dei prezzi (magari favorita da OPEC+) non sarà evitata. Il petrolio russo, opportunamente mescolato (magari con trasferimento in alto mare) con petrolio di altra provenienza, continuerà ad essere acquistato dai paesi del G7, USA inclusi, e la Federazione continuerà a ottenere circa il 40 per cento del valore delle esportazioni dai proventi della vendita di gas e petrolio. Certo in altri settori dell’economia, in particolare a causa del divieto di importazioni di prodotti legati alla tecnologia, vi sono problemi e il declino del Pil russo previsto dallo IMF è ‘solo’ del 3.5 per cento per il 2023[15]. La Federazione per bocca di Putin non accetta di vendere petrolio al prezzo calmierato e si dichiara pronta a ridurre la produzione se non troverà paesi disposti a concordare acquisti. Rilevo il rischio di perturbare il mercato dell’energia in questo momento economico travagliato.

Il livello del tetto per il prezzo cui si potrà vendere il petrolio russo sarà flessibile e legato alle quotazioni correnti, non sarà mai più del 5 per cento sotto le quotazioni ufficiali.  Vedremo con grande interesse lo svolgersi di questa partita.

Il tetto al prezzo spot fissato per il Ttf olandese,[16] Razionamento o mercato (nero)?

La discussione è avvenuta fra Germania, Danimarca e Olanda da una parte e il resto della ‘vecchia Europa’, anche l’Italia, dall’altra. L’Olanda è direttamente coinvolta (ha anche il maggiore giacimento di gas europeo) e la Germania è preoccupata che vengano a mancare offerte di gas se il prezzo è calmierato. I governi sanno che dovranno sovvenzionare i consumi di energia (e salvare le aziende[17]) se i prezzi restano alti, ma non tutti hanno le disponibilità della Germania. La commissione europea ha proposto un tetto al prezzo del gas: 275 euro per MWh, megawattora, per 10 giorni consecutivi durante i quali il prezzo resti superiore ai prezzi globali dello LNG. Oggi il prezzo è sceso a 125 euro/MWh (cinque volte il prezzo del 2021) e il tetto sopradescritto non sarebbe scattato nemmeno durante il picco estivo dei prezzi del gas. La Spagna bollò tale proposta come ridicola. Si continuò a discutere con la nuova proposta di un tetto di 220 euro/MWh in data 7 dicembre 2022, ma una folta opposizione (che include l’Italia) rilancia un tetto a 160[18].  L’alternativa a calmierare i prezzi è condividere le risorse, ma chi può permettersi i sussidi non è interessato e Emmanuel Macron ha accusato la Germania di creare divisioni. Si vedrà quest’inverno cosa succede sull’ampia rete elettrica europea (Gran Bretagna inclusa) che permetteva molti scambi di elettricità: la Francia poteva vendere quella prodotta dal suo nucleare, l’Ucraina ne esportava in Moldavia e Romania. Si fronteggiano due logiche quella dell’asta di mercato (o tentato di preparare la popolazione alla anche mercato nero) contro la logica solidale del razionamento[19]. Germania e Gran Bretagna hanno possibilità di interruzioni di gas o elettricità quest’inverno. Finalmente l’Unione europea (con il voto contrario dell’Ungheria) ha approvato (il 19 dicembre 2022) a partire dal 15 febbraio 2023 un tetto[20] per il prezzo spot del gas spot che viene stabilito nell’hub olandese (la reazione di ICE, il gestore americano dell’hub, è stata la minaccia di fare i bagagli!). Il prezzo spot (per qualsiasi fornitore) non potrà superare i euro180/ MWh per più di 3 giorni restando superiore di 35 euro al ai prezzi internazionali dello LNG[21]. Il tetto si applica quindi solo al gas LNG, non a quello con contratti a lungo termine trasportato nei gasdotti. Un’ ulteriore complicazione, se si vuol confrontare il prezzo dei diversi hub in altre aree geografiche, è il fatto che le unità di misura possano essere non metriche: il BTU o British Thermal Unit per esempio, bisogna inoltre sapere che la quantità di gas contenuta in uno spazio dato può dipendere dalla temperatura e pressione (che permettono al gas di espandersi).

ll livello del costo del gas si riflette sul prezzo dell’elettricità, ma vi è una quota di elettricità prodotta con rinnovabili: nucleare, idroelettrico, eolico e solare, che viene trainata dal prezzo del gas ma costa molto meno al produttore. In Europa, per tutta l’elettricità da rinnovabili, abbiamo ora un tetto di euro 180/MWh (30 settembre 2022). Se, poniamo, il prezzo dell’elettricità sia 200 euro, i 20 euro in più saranno tassati dallo stato, che ha un gran bisogno di coprire la spesa per i sussidi alle bollette. In Gran Bretagna scatterà il primo gennaio 2023 il seguente tetto (Electricity Generator Levy) per l’elettricità da rinnovabili: il governo tasserà al 45 per cento l’elettricità venduta a più di 75 sterline/MWh. Vi sono tuttavia molte eccezione perciò la tassa colpirà solo il 40 per cento degli impianti nucleari ed eolici[22]. E’ probabile che la liceità di questa tassa venga contestata in tribunale. Come dicono gli inglesi the proof of the pudding is in the eating (il giudizio sul dolce si decide quando lo si assaggia). Il risultato di questo esperimento si vedrà nei prossimi due anni, ma il dibattito europeo continuerà, anzi sarebbe dovuto iniziare diversi anni fa perché queste difficoltà (con o senza guerra) erano prevedibili quando si è deciso di procedere a tappe forzate con le rinnovabili pur indicando gli esperti che tali cambiamenti richiedono tempi lunghi e aggiustamenti importanti, dipendenti in parte dall’andamento del mercato globale. Lungi dal dimostrare la decantata unità europea i percorsi seguiti per stabilire questi tetti (da parte di un cartello di compratori) ne dimostrano le fratture. Non si potrebbe avere un piano a medio termine per questo decantata decarbonizzazione dell’economia europea e passaggio alle rinnovabili?[23]

LNG, deindustrializzazione e sussidi statali alle fabbriche ‘green’. L’Inflation Reduction Act (IRA) di Joe Biden

L’Europa si prepara con nuove piattaforme e rigassificatori ad importare LNG, che costerà caro. I francesi protestano che pagheremo lo LNG USA cinque volte tanto quanto l’industria negli Stati Uniti. Il rischio non è solo la perdita di competitività commerciale del prodotto europeo ma anche una deindustrializzazione se le industrie che fanno maggior uso di gas si spostano in aree dove il gas costa molto meno[24]. Alcune industrie (del vetro, delle piastrelle e industrie chimiche) hanno bisogno di grandi quantità di gas per mantenere accese fornaci ad alte temperature: la Nuova Galleria Murano a Venezia, che per tenere accesa una fornace spendeva 7 mila euro al mese quest’anno è arrivata a spenderne 110 mila, giustamente il proprietario Andrea Perrotta la definisce una situazione insostenibile, inoltre tutte le forniture e i costi del trasporto sono aumentati[25]. Secondo Roberto Iannuzzi: ‘La scelta delle élites europee di rinunciare al gas russo condanna l’Europa ad una crisi epocale’.

Olaf Scholz e il Ministro dell’Economia, il verde Robert Habeck, riescono persino a beccarsi (come i capponi di Renzo[26]) sulla relazione economica della Germania con la Cina, in particolare sull’acquisto da parte della Cina (Cosco) di un terminale nel porto di Amburgo (ricordiamo che Scholz fu sindaco di Amburgo), Habeck ha bloccato l’acquisto cinese di una ditta tedesca che produce semiconduttori[27]. Il progetto tedesco di economia verde che vuole realizzare emissioni 0 per il 2045 e richiede che, per quella data, le rinnovabili forniscano l’80 per cento dell’energia è ‘ missione impossibile’. Tutte le sfide del cambiamento climatico, pandemie, migrazioni sono rese di soluzione più difficili man mano che la guerra in Ucraina si allunga e i danni aumentano. I discorsi di immagine hanno scarsa presa sulla realtà e durante crisi serie, pericolose ‘quando attorno fischiano le pallottole’, Twitter offre conforti ma non soluzioni. Lo studio storico del declino delle civiltà ha preso nuovo vigore negli ultimi 30 anni e secondo il filosofo Seneca ‘la crescita è lenta, ma la rovina precipitosa’.

Il declino della globalizzazione non si risolve con rientro in patria delle strutture industriali già delocalizzate dai paesi del G7 o con il protezionismo.

Dopo il semi-collasso della globalizzazione ci difendiamo con un protezionismo che metterà in risalto il conflitto di interessi economici fra le diverse zone dell’Europa? Gli unici settori di Wall Street in crescita sono il settore energetico (in particolare energia fossile-shale oil and gas- non convenzionale) e quello delle merci). Una valuta che competeva col dollaro come valuta di riserva livello globale, l’euro, è colpita (affondata?) insieme alla nostra economia, con inflazione e rischi di recessione nei prossimi due anni. L’inettitudine con cui portiamo avanti una troppo rapida sostituzione con energie rinnovabili (mancando al nucleare, dove esiste, non solo investimenti ma persino manutenzione) iniziata ben prima del conflitto ucraino è casuale? L’economista Michael Hudson ha esclamato il 24 febbraio 2022: ‘Gli Stati Uniti hanno sbaragliato la Germania per la terza volta in un secolo’, per Germania leggi Europa.

 A ciò si aggiunga l’IRA (Inflation Reduction Act) legge recentemente firmata da Biden (vedi sopra), che promette sussidi alle industrie ‘verdi’. Per fare un esempio la fabbrica di batterie Northvolt, un successo europeo, sta pensando ad impiantare una fabbrica in USA dove otterrebbe, in base al predetto IRA, sussidi di 600/800 milioni di dollari a fronte di sussidi per 150mln/euro che offre la Germania (c’è sempre un bullo più grosso di te in cortile…). Sui danni del protezionismo di Joe Biden, Francia e Germania si sono coalizzate. I sussidi eccessivi dell’IRA (e l’associato protezionismo) risucchiano investimenti e industrie degli ‘alleati’[28]. Macron protesta educatamente, ma basterebbe che riflettesse su quel che la Francia ha fatto nella France-Afrique. A volte basta cambiare il nome: invece di alleati parlare di coloni o indigeni. Questo è un momento chiarificatore per la relazione atlantica, né potremo lamentarci con il WTO per l’infrazione alle regole del commercio globalizzato causata dai sussidi statali dello IRA[29] alle industrie ‘green’ degli Stati Uniti.  Persino i fedelissimi britannici se ne sono lamentati. I generosi sussidi attireranno negli USA le industrie ‘green’, in aggiunta si prevede di vendere le auto elettriche con sconti significativi ma solo se la maggior parte dell’auto sia stata creata negli USA. Mi chiedo se a fine 2023 avremo lo stesso cancelliere tedesco, lo stesso governo con i verdi tedeschi e la stessa commissione europea con la presidente Ursula Van der Leyen e Josep Borrell. Attendo la ripresa economica cinese e immagino l’asta per le navi cariche di LNG allineate al largo di Canton, ho anche scoperto nel Financial Times che annualmente l’Europa compra 15 Mm3 di LNG russo[30]. Da anni la Federazione russa sta sviluppando terminali LNG, noi dovremo solo avere i rigassificatori pronti. La Germania ne sta approntando uno a tappe forzate: invece di 5 anni stanno impiegando 6 mesi. Non è però affatto certo che il Quatar o gli Stati Uniti avranno per noi le quantità che ci occorrono nel 2023, magari troveranno un miglior offerente, come teme la Germania. In teoria (nel sistema capitalistico) nel mercato sono i venditori che fanno il prezzo, non un cartello di acquirenti.

La Federazione russa ha creato una dipendenza europea con il cordone ombelicale dei gasdotti?

Versione A. La Germania che ha fondato il miracolo economico sul gas russo sicuro e a buon mercato si illudeva di poter così convincere la Russia a unirsi alla cultura, democrazia ed economia europee.

Esempio: Ursula Van der Leyen ha affermato nel settembre 2022 che la Russia starebbe manipolando i mercati energetici, ricattando l’Europa e di conseguenza il prezzo del gas aveva raggiunto livelli astronomici. Storytelling: è tutta colpa di Putin che è brutto e cattivo, autocrate assassino etc. Ursula ha inoltre dichiarato che per quest’inverno con il gas stiamo al sicuro. Si vedrà.

Commento: la Russia dagli anni Novanta desiderava unirsi all’Europa (persino alla Nato), ma un perseguimento dell’agenda della guerra fredda da parte della Nato (e dei neocon USA stile Victoria Nuland) la ha respinta e allarmata. Putin in particolare fino al 2004/2007 spalancava le porte all’Europa, ora ritiene che nel presente conflitto sia in gioco la sopravvivenza economica e spirituale del paese. Ha anche dichiarato di essere sorpreso da quel che definisce un ‘tradimento’ di Angela Merkel e dalla scarsa affidabilità dei partner (Ucraina, Francia, Germania) degli accordi di Minsk (2015) che dovevano risolvere il conflitto ucraino dando autonomia al Donbass ma che, per ammissione della stessa Merkel, non si intendeva osservare ma erano utili per prendere tempo e rafforzare lo stato e l’esercito ucraini. Si è trattenuto a stento dall’accusare apertamente gli europei di essere ‘lacchè ‘succubi degli Stati Uniti’, paese che ha definito incapaci di mantenere la parola data.

Crisi energetica: responsabilità russa o europea? (R. Iannuzzi [31])

Versione B.  Il prezzo del gas europeo aveva un aggancio al prezzo del petrolio, fino a 10 anni fa, poi una serie di mercati ‘virtuali’ vennero creati in Europa per i gas futures. Nel 2020 il Ttf[32] olandese si era affermato come benchmark (riferimento) per il prezzo ‘spot’ del gas europeo. Vladimir Putin considerò un errore non rimanere legati a contratti di lungo termine a prezzo fisso, che consentono ai produttori di programmare investimenti. Nel 2016 la legge americana che proibiva esportazioni di fonti energetiche fu abolita, aumentando la disponibilità di gas e petrolio di scisto per l’esportazione. Gli USA decisero quindi di strappare l’Europa a quel che loro pareva un controllo energetico russo. Nel 2021 il 40 per cento del gas europeo era fornito da gasdotto e solo il 20 per cento era LNG. Si stima che in quell’anno i paesi europei abbiano pagato per gli acquisti di gas $30 miliardi più di quel che avrebbero pagato se fossero rimasti legati ai contratti indicizzati al petrolio, il gas è disponibile in quantità assai maggiori del petrolio. Attività speculative permettevano ad acquirenti come l’ENI (che riceveva del gas a basso prezzo dai contratti a lungo termine) di rivendere tale gas ai prezzi spot enormemente maggiorati del Ttf. Non è sorprendente che quando nell’estate 2022 si verificò una corsa a riempire le riserve di gas utilizzando LNG i prezzi siano schizzati alle stelle. La Russia non aveva ridotto le esportazioni di gas, ma vi erano stati cali durante il 2020 a causa del lockdown, e cali nel 2021 a causa di un incendio del gasdotto Yamal (per Germania e Polonia) verificatosi in area ucraina. Sino a maggio 2022 il quantitativo di gas russo per l’Europa era persino aumentato. Le élites politiche europee, nel frattempo, non costruirono né una rete di gasdotti né infrastrutture per la ricezione delle navi gasiere che portano LNG, restando del tutto impreparate all’emergenza.

Nel maggio 2022 Polonia e Bulgaria rifiutarono di ‘pagare in rubli’[33] il gas, di conseguenza furono chiusi il gasdotto Yamal e ridotta la portata del Turkstream che rifornisce ora solo l’Ungheria. L’Ucraina chiuse il gasdotto Soyuz (un terzo del gas all’Europa) perché si trovava sotto controllo dei separatisti di Lugansk. Per la saga del North Stream rimando all’articolo citato di Iannuzzi, che afferma NS 1 e 2 essere stati bloccati a causa delle sanzioni e del sabotaggio. Nel maggio 2022, dopo che Volodymyr Zelenskyj abbandonò[34] un possibile accordo di pace con la Russia, l’Europa informò il mondo (REPowerEU) di voler rinunciare a tutti i combustibili fossili russi entro il 2027 e tagliare di due terzi il consumo di gas russo entro la fine del 2022. Si può dire che generò la fiammata dei prezzi del gas, che probabilmente si ripeterà nel 2023, nonostante il tetto imposto al prezzo spot del gas dal Ttf. Commenta Iannuzzi:

‘Questa scelta, compiuta senza nessuna preparazione, avrà costi enormi, condannando le imprese e i cittadini europei a due inverni emergenziali’[35].

Persino il pretesto (un ricatto energetico della Russia all’Europa) per tale idiozia suicida è fasullo. In conclusione dice Iannuzzi che: ‘non ci sono indicazioni di una chiara intenzione da parte di Mosca di usare il gas come arma di ricatto nei confronti dell’Europa’. Teniamo anche presente che altri paesi (Turchia, Quatar) avrebbero la possibilità di ricattarci. Bisogna dunque fare rotta ‘a tutta forza’ verso un’autonomia energetica per l’Europa. Un esempio della gestione incompetente della politica energetica è riportato nel blog nakedcapitalism.com: ‘ Rosneft’s refinery in Schwedt as a Microcosm of  Europe’s Sanctions-induced Energy Mess’[36](La Raffineria [ex] Rosneft in Schwedt è un micocosmo del caos economico indotto dalle sanzioni europee sull’energia).

Cesserà l’Europa di farsi del male con questa strategia energetica?

Gli USA erano fortemente avversi al North Stream 2, fino all’uso di sanzioni e a tensioni col governo tedesco di Angela Merkel, ma penso vedano oggi l’importanza di salvare l’Europa da una recessione devastante che porti a de-industrializzazione o spostamento dell’industria tedesca verso altri lidi. New Generation EU con ingenti somme di denaro sostiene lo sviluppo europeo, ma il giudizio del mercato finanziario sui bond europei è preoccupato e preoccupante. Assicurata la fedeltà (energetica) atlantica dei governi europei (nessuno è particolarmente interessato al ‘sentimento’[37] della popolazione, basta resti zitta e buona) occorre proteggerne la prosperità, da essa dipende la capacità di armare una forza di difesa europea (in gran parte con armamenti made in USA). Occorre inoltre mantenere la bolletta energetica europea entro limiti sostenibili e prevenire impennate del prezzo dell’energia che colpirebbero anche i cittadini americani. L’indebolimento politico ed economico non aiuta l’Europa a portare rapidamente Russia e Ucraina al tavolo dei negoziati, diminuisce anche l’abilità dell’Europa di intervenire diplomaticamente prevenendo il pericolo di una pace dettata dal vincitore dopo la distruzione dell’esercito ucraino e della stessa nazione.


[1] Consulta il sito LuceGas.it per approfondimento.

[2] L’Europa ha da tempo deciso (salvo l’Ungheria e Slovacchia, cui è accordata la proroga di un anno)) di non acquistare da tale data petrolio russo, il tetto al prezzo vale quindi per tutti gli altri acquirenti. Al 5 Febbraio l’Europa cessa di acquistare dalla Russia anche derivati del petrolio. Gli USA fanno sapere che un paese (es. India) che riceve petrolio russo a prezzi scontati potrà esportarne i derivati che con esso ha prodotto (es. diesel) a prezzo di mercato, con rilevanti profitti.

[3] Davide Tabarelli, “I dilemmi dell’energia: ambiente, sicurezza e competitività (Intervista a Davide Tabarelli)”, Pandora 02/2022, pp. 76-83.

[4] L’Eni vi fece la prima scoperta, sfortunatamente in acque contese da Grecia e Turchia.

[5] Ian Morris, Why the West rules, for now London, Profile books, 2010.

[6] Assai improbabile che questo riduca i profitti della vendita di petrolio russo, lo scopo principale è di averlo disponibile sul mercato. La morbida contromossa di Putin (l’Europa continua a comprare petrolio russo che arriva da oleodotti) è di minacciare di non vendere petrolio a paesi che sottoscrivano al tetto. A tutt’oggi il prezzo del petrolio russo scontato sul mercato è inferiore al valore del tetto stabilito e almeno un quarto delle petroliere che lo trasportano sono assicurate da agenti europei, il cui principale riferimento è la piazza di Londra.

[7] Gail Tivberg, “Exploring how oil limits affect the economy” 4, dicembre 2022 ourfiniteworld.com. (Esplorando come I limiti del petrolio ricadano sull’economia).

[8] In Italia si registra un massimo di inflazione, oltre l’11 per cento. Sarebbe interessante sapere perché.

[9] Sissi Bellomo, “Petrolio, tetto UE a 60 dollari. Oggi i russi lo vendono a meno”, Il sole 24 ore, 3 dicembre 2022

[10] Che dichiarano di non essere in sintonia con le sanzioni in generale.

[11] Come sempre a rimorchio di Washington che tiene ben conto del proprio interesse: il prezzo della benzina in USA.

[12] Spengono I transponders per non essere tracciate.

[13] La reazione di Vladimir Putin è stata descritta come ‘morbida’, pensa forse che il tetto non funzionerà.

[14] Lo yuan è convertibile in oro nelle borse di Hong Kong e Shanghai

[15] Catherine Belton & Robyn Dixon, “Western sanctions catch up with Russia’s wartime economy”, The  Washington Post, 29 novembre 2022.

[16] Javier Blas, “I limiti ai prezzi non servono a niente”. da Bloomberg. Tradotto su Internazionale del 2-8 dicembre 2022. Il Ttf definisce le quotazioni del gas (con meccanismi borsistici tipo futures) nel comparto europeo. L’Eni ha affermato di comprare partite di gas in altri comparti geografici (a prezzi inferiori).

Per una visione più ‘mainstream’ si veda su Formiche.net, di Matteo Turato: ‘Il tetto al prezzo del gas, la guerra, le strategie europee. La versione di Parenti’. 20 novembre 2022.

[17] Di recente in Gran Bretagna si propone una forte sovvenzione per tenere in attività altoforni scozzesi per la produzione di acciaio.

[18] Per I complessi dettagli tecnici vedi Lorenzo Galletti “Gas, i paesi UE valutano di abbassare il tetto del prezzo a 220 euro/MWh”, QualEnergia.it, 7 dicembre 2022.

[19] Per quest’anno il razionamento del gas, con un poco di fortuna, sarà evitato ma è difficile che riusciremo a ricostituire le necessarie scorte di gas nel 2023.

[20] Agostino Petrillo, “Partita a scacchi sul prezzo del gas”, Terzogiornale.it, 2 gennaio 2023.

[21] Fino al 2020 il prezzo di un MWh di gas oscillava attorno ai 20 euro.

[22] Nathaniel Bullard, “Taxman comes for clean energy profits”, Bloomberg green 1 dicembre.2022.

[23] mentre Polonia e Germania sono costrette a ripiegare su carbone e nucleare.

[24] Peggy Hollinger in London, Sarah White in Paris, Madeleine Speed in Frankfurt and Marton Dunai, “Budapest: Will the energy crunch crush the European industry?” Financial times. 19 ottobre 2022.

[25] se la tensione franco-tedesca aumenta l’Europa rischia di implodere.

[26] Riferimento al noto episodio ne I Promessi Spos’ di Alessandro Manzoni.

[27] Mari Eccles, “Germany should reduce dependency on China”, Politico.eu 13 novembre 2022.

[28] Ft Reporter “European industry pivots to US as Biden subsidy sends ‘dangerous signal’”. Financial Times 20 ottobre 2022.

[29] Che entrerà in vigore il primo gennaio 2023, non vi è quindi nemmeno il tempo di modificarlo.

[30] Penso a prezzo molto più alto di quello che ci arrivava con contratti a lungo termine per gasdotto.

[31] Roberto Iannuzzi: Crisi energetica: responsabilità russa o europea? Intelligence for the people, substack.com 9 settembre 2022.

[32] Direttamente gestito dall’americano Ice.

[33] Il sistema di pagamento non cambiava, era in euro, ma avveniva presso la Gazprom bank che trasformava il pagamento in rubli. Questo per evitare che i pagamenti potessero essere congelati dalle sanzioni in vigore.

[34] O fu costretto ad abbandonare dagli anglosassoni.

[35] La giustificazione di intralciare l’intervento russo in Ucraina è del tutto incredibile: Iannuzzi afferma che Mosca, che conclude il 2022 con forzieri pieni, sarebbe in grado di affrontare la perdita di tutte le sue esportazioni di gas all’Europa per un anno. Le bbiamo anzi fatto un favore se i prezzi salgono (probabile) e Putin rifiuta di vendere petrolio sotto il prezzo del tetto stabilito.

[36] Postato da Yves Smith in nakedcapitelism.com il 28 dicembre 2022.

[37] Testimoniato dai dati dei sondaggi di opinione.