Radio

Democrazia Futura. Cento anni di radiofonia e settant’anni di televisione in Italia

di Bruno Somalvico, storico dei Media. Direttore editoriale di Democrazia futura |

Verso la celebrazione dell’inizio delle trasmissioni radiofoniche il 6 ottobre 1924.

Bruno Somalvico

Alla vigilia del centenario dalla nascita della radiofonia in Italia, Democrazia futura presenta un tentativo di periodizzazione, suddividendo  gli ultimi cent’anni in quattro stagioni dal 1924 ad oggi. Segue la ricostruzione delle concitate fasi che preludono alla costituzione dell’URI l’Unione Radiofonica Italiana un’azienda privata che disporrà di una concessione per le radio audizioni sino alla fine del 1927 quando una Commissione deciderà la sua trasformazione nell’EIAR.

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Il 2024 sarà una grande occasione per rievocare la storia della radio e della televisione in Italia. La radio, nata nel 1924, compirà 100 anni, la televisione, avviata nel 1954, 70 anni. Si tratta di una storia complessa in cui si intrecciano elementi complessi in taluni casi oggetto di approfondimento da parte degli storici, in altri rimasti ancora in ombra, privi di analisi adeguate o ancora troppo vicini nel tempo per poter essere esaminati con la dovuta distanza e serenità di giudizio. 

Questo articolo dedicato ai primi tre decenni, ovvero alla stagione della radio, si propone di aprire un dibattito con gli storici dei media che verranno chiamati ad offrire ai nostri lettori ulteriori approfondimenti.

Premessa. La questione della periodizzazione. La proposta di suddividere la storia radiotelevisiva italiana in quattro stagioni  

In primo luogo si tratta di operare un primo tentativo di suddivisione cronologica, che va anch’esso preso con tutte le riserve del caso. Possiamo peraltro in questi cent’anni di attività di broadcasting distinguere quattro grandi stagioni:

  • la stagione della radio, ovvero i primi tre decenni dal 1924 al 1954
  • l’epoca del monopolio televisivo del servizio pubblico dal 1954 al 1974
  • l’età del sistema radiotelevisivo misto dal 1974 al 2004
  • l’era della crossmedialità e di formazione di un ecosistema digitale dal 2004 ad oggi
  1. La stagione della radio (1924-1954) è contraddistinta da tre fasi
  1. La stagione della radio a sua volta si distingue nella fase degli albori con la nascita dell’Unione Radiofonica Italiana (URI) costituita il 27 agosto 1924, meno di due mesi prima dell’avvio delle trasmissioni: un’azienda privata nata per iniziativa di capitali privati e di interessi industriali nel mondo della produzione di apparati per la radiodiffusione dei segnali e di apparecchiature per la loro ricezione, ovvero le radio.
  • Segue una seconda fase con la trasformazione dell’URI in Ente Italiana Audizioni Radiofoniche, ovvero l’EIAR il 17 novembre 1927 e la lenta ma progressiva presa dell’azienda sotto il controllo pubblico e di aziende controllate dal regime dopo la crisi del 1929 e la nascita dell’Iri sino al completo controllo dalla seconda metà degli anni Trenta dell’informazione da parte del celeberrimo Ministero della Cultura Popolare.
  • La terza fase è invece quella che si apre dopo la breve parentesi delle due Eiar: una sotto il controllo della Repubblica Sociale Italiana nelle zone sotto occupazione tedesca e la Nuova Eiar che opera sotto il controllo alleato nelle zone liberate, che, dal 26 ottobre 1944, si trasforma in Radio Audizioni Italia. Ente che rimane sotto il controllo alleato sino al 15 luglio 1945, ricostruisce gli impianti riunificando progressivamente le trasmissioni sino alla riarticolazione dell’offerta radiofonica su tre programmi con la nascita del Terzo Programma nel 1950, riprendendo la sperimentazione delle trasmissioni televisive avviate con la radiovisione negli anni Trenta che porta all’inizio delle trasmissioni televisive regolari.
  • La stagione del monopolio televisivo (1954-1975) è anch’essa suddivisibile cronologicamente in tre fasi:
  1. Il 3 gennaio 1954 cominciano le trasmissioni televisive regolari e il 10 aprile 1954 la Rai assume la nuova denominazione di Rai Radiotelevisione italiana. La prima fase è caratterizzata dalla crescita dei programmi, dall’avvio di Carosello (1957), riservato peraltro ad un ristretto numero di inserzionisti pubblicitari e dalla centralizzazione delle strutture ideative e produttive a Roma, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, con la creazione del Centro di Produzione di Via Teulada. Una prima fase che si conclude con lo sforzo produttivo in occasione dei Giochi Olimpici di Roma nel 1960.
  • La seconda fase, dall’autunno 1960 sino al 1969, è caratterizzata dall’esplosione della televisione che entra progressivamente nelle famiglie italiane (alla fine del 1954 il segnale televisivo raggiunge il 58 per cento della popolazione, nel 1961 il 97 per cento; nel 1962 comincia la diffusione del secondo canale televisivo) e la Rai è impegnata ad assolvere la triplice missione di servizio pubblico di informare, divertire ma anche educare per favorire la coesione sociale e l’unificazione linguistica dell’Italia.
  • La terza fase va dall’autunno “caldo” del 1969 alla Legge di Riforma dell’aprile 1975: la classe politica, nella cosiddetta stagione dei congressi e dopo l’istituzione delle Regioni (1970), si accorge dell’urgenza di riformare la Rai sviluppando decentramento, nuovi modelli produttivi, nuovi standard di diffusione per le trasmissioni televisive a colori e, soprattutto, una nuova articolazione della governance e dell’assetto interno alla concessionaria del servizio pubblico.
  • La stagione del sistema radiotelevisivo misto (1976-2004).

In questa terza stagione, finisce il monopolio della Rai con l’avvio delle trasmissioni televisive in ambito locale rese possibili da una sentenza della Corte Costituzionale, emittenti locali che in pochi anni creano, attraverso l’interconnessione, veri e propri network televisivi privati operanti sul piano nazionale.

Dopo una fase operativa contrassegnata dall’assenza di un regime normativo (a-regulation), ci sarà l’approvazione della prima legge di sistema, la cosiddetta Legge Mammì del 1990. Sebbene sia durata meno di tre decenni, questa stagione può essere a sua volta distinta in quattro fasi:

In una prima fase, dal 1976 sino alla nascita del primo network Fininvest con Canale 5 nel 1980, assistiamo soprattutto ad un profondo riassetto della Rai che cerca di adattarsi all’evoluzione dei gusti dei comportamenti e dei consumi della società italiana, nella quale il controllo della Rai passa dal governo al Parlamento, con i partiti che diventano editori di riferimento dei due canali televisivi e dei tre canali radiofonici. Assistiamo ad una stagione molto innovativa di trasformazione del linguaggio e del ritmo dei programmi (soprattutto di quelli informativi) ma la competizione rimane sostanzialmente interna al monopolio fra le due testate e le reti distinte che pongono fine al vecchio “latifondo” avviando la cosiddetta “lottizzazione”, e al complesso avvio della Terza Rete televisiva che, nelle intenzioni dei suoi promotori, avrebbe dovuto realizzare un profondo decentramento delle strutture ideativo produttive e non solo la realizzazione di giornali raio e telegiornali nelle sedi regionali dell’azienda;

Una seconda fase è quella degli anni della competizione fra tv pubblica e tv commerciale nel sistema misto “pan-generalista (1980-1995): la Rai vede grazie anche all’estensione della lottizzazione e l’affidamento a manager indicati dal principale partito di opposizione della guida della terza rete, nata nel 1979 come rete regionale, nazionalizzata nel 1986, la salvaguardia degli ascolti e del ruolo di principale industria culturale della Rai all’interno del “confortevole duopolio” all’italianala televisione commerciale si organizza sostanzialmente intorno ad un polo di tre network televisivi finanziati dalla pubblicità controllati dal gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi, che, dopo aver avviato a livello nazionale Canale 5, acquista nei primi anni Ottanta Italia Uno (dal gruppo Rusconi) e Rete Quattro (dalla Mondadori) mentre si registra il tentativo fallito del gruppo Rizzoli di entrare nella competizione.

Il quindicennio 1980-1995 va a sua volta suddiviso fra un primo momento (1980-1985) di competizione selvaggia fra le reti Rai e questi network commerciali, che porta alla cosiddetta iper-vitaminizzazione dei palinsesti, sino al raggiungimento di una “tregua” con l’approvazione del Decreto Craxi nel 1985 che autorizza la cosiddetta interconnessione funzionale che approderà l’anno successivo ad una vera e propria pax televisiva e a un “duopolio”, allargando per la prima volta la lottizzazione al Partito Comunista.

E un secondo momento, che va dalla competizione alla pari nel segmento generalista delle trasmissioni terrestri fra tre reti Rai e tre reti Fininvest, all’attuazione nel 1992 della Legge Mammì che, limitandosi a fotografare la situazione esistente, consente alle emittenti televisive commerciali di trasmettere in diretta sull’intero territorio nazionale e obbliga il gruppo Fininvest a trasmettere anche notiziari e telegiornali, avviando tra privato e pubblico un processo di omologazione della programmazione e dell’offerta sempre più avanzato, nel quale la competizione sembra limitarsi alla ricerca di nuovi format televisivi rivolti a creare più ampie platee di pubblico (“televisione della domanda”) essenzialmente per rispondere alle esigenze degli inserzionisti pubblicitari.

Una terza breve fase, fra il 1993 e il 1995-96, vede la transizione da un sistema misto pan-generalista, ad un sistema in cui inizia a prendere piede la pay-tv e si sviluppano sulle reti terrestri i primi canali tematici, che, sul piano politico, coincide con la crisi politica della cosiddetta Prima Repubblica e inevitabilmente dei partiti-editori di riferimento della Rai, per la quale si procede a una Riforma delle modalità d governance;

La novità si produce solo nell’ultimo decennio di questa fase (1996-2004) con lo sviluppo delle prime piattaforme digitali, dapprima quelle satellitari che iniziano a veicolare decine e poi centinaia di canali e servizi pagati direttamente dagli utenti, a domanda (pay per view) e in abbonamento.

In particolare, gli italiani iniziano a pagare per vedere le partite della loro squadra del cuore, dapprima su Telepiù (partita in radiodiffusione terrestre, si era rapidamente trasferita sul satellite) e poi sulla piattaforma concorrente Stream (satellitare), a rendere “in diretta” l’intero campionato di calcio. Dai primi anni del nuovo millennio inizia, la transizione vera e propria verso la tecnologia digitale anche nella radiodiffusione terrestre, che consente di incrementare il numero di canali disponibili e, anche a chi non ha sottoscritto un abbonamento, di accedere ai nuovi canali tematici.

Sul piano industriale, nella prima fase del sistema televisivo misto, ad eccezione del gruppo Marinho, proprietario di TeleMonteCarlo, il sistema italiano del duopolio pan-generalista terrestre interessa poco i gruppi esteri. Almeno fino all’avvio delle prime pay-tv terrestri come Telepiù e con le prime piattaforme televisive a pagamento via satellite.

Oggi, al contrario, diversi gruppi esteri dai gruppi Warner Bros. Discovery, Inc., Viacom, Comcast, Disney alle diverse piattaforme al di sopra della rete a cominciare da Netflix, Amazon Prime, ma anche YouTube si impongono nel mercato italiano come fornitori o distributori di contenuti di qualità.

Dal monopolio al duopolio sino al tripolio (1975-2004)

Dal punto di vista dei ricavi e dei fondi disponibili, sino al 1974 cioè nelle prime due fasi, il sistema radiotelevisivo italiano è in regime di assoluto monopolio, essendo finanziato principalmente dal canone e solo in parte dalla pubblicità. Dagli anni Ottanta con l’emergere del sistema misto pubblico-privato, la novità è rappresentata dalle tv commerciali che generano ricavi principalmente dalla pubblicità e, solo in minima parte, dalla sottoscrizione di servizi televisivi a pagamento. È un sistema pan-generalista ipertrofico che finisce per essere scarsamente innovativo rispetto al quadro europeo.

Il cambiamento inizia fra la fine degli anni Novanta e il primo decennio del nuovo secolo. Fra il 1996 e il 2004, infatti, accanto al confortevole duopolio nel sistema televisivo misto terrestre emerge un terzo potente soggetto, Sky Italia, che sarà l’unica significativa piattaforma satellitare a pagamento, un soggetto egemone controllato dal gruppo editoriale News International di proprietà del tycoon Rupert Murdoch, uscito vincitore dalla lotta nel mercato televisivo a pagamento britannico e che opera su scala mondiale in quasi tutti i continenti e che, in Italia sarà uno dei vertici del “tripolio”.

Anche durante questa quarta ed ultima fase della terza stagione, ovvero quella del sistema televisivo misto nei tre decenni successivi alla Legge di Riforma della Rai, il legislatore si limita a fotografare l’esistente.

Nel 1997 (con la cosiddetta Legge Maccanico di liberalizzazione dell’intero comparto TLC) nasce l’Autorità di Garanzia nel settore delle Comunicazioni (AGCOM) che, esercitando controllo e vigilanza sull’intero comparto delle comunicazioni ed essendo dotata di potere sanzionatorio, andrà nel tempo progressivamente sostituendosi al Parlamento nel governare la successiva transizione verso la quarta stagione. Sebbene la Legge Maccanico sia incompleta, riconosce finalmente le nuove modalità di trasmissione via cavo, via satellite e quelle nascenti con protocolli Internet ma non si riescono nemmeno a definire le tappe della transizione verso il digitale terrestre, se non a fine legislatura (2001).

Sarà la Legge Gasparri, approvata nella primavera del 2004 dopo un iter molto travagliato, a stabilire nuove blande regole antitrust all’interno di un paniere allargato definito SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni).

La Legge Gasparri sarà l’ultimo atto di sovranità sull’audiovisivo esercitato dal nostro Parlamento che da ora in poi si limiterà a recepire e integrare nella propria legislazione e nel cosiddetto Testo Unico sulle Comunicazioni, le direttive emanate dall’Unione Europea, quella sulla cosiddetta “Televisione senza Frontiere-TSF” poi diventata “Servizi di Media Audiovisivi-SMA”, il “pacchetto Telecomunicazioni” e oggi, nella quarta stagione che stiamo ormai vivendo, il Regolamento DGPR sul trattamento dei dati personali e da ultimi il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA), emanati per frenare lo strapotere delle grandi piattaforme digitali (i cosiddetti Gafam: Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft).

Nella legge Gasparri, approvata ormai quasi vent’anni fa, tutti i servizi veicolati su internet, in quanto considerati allora come “servizi della società dell’informazione”, non hanno bisogno di licenze né tantomeno di concessioni. Essi richiedono un regime di semplice autorizzazione e come tali, a differenza dei tradizionali soggetti titolari di licenze o concessioni, non sembrano oggetto di grande attenzione da parte della classe politica anche quando si chiamano Netflix, Amazon Prime Video o Dazn e contendono a Sky (nel frattempo diventata di proprietà di un altro grande gruppo statunitense, Comcast, principale operatore televisivo via cavo), la titolarità dei diritti sportivi del campionato di serie A e delle Coppe europee, in particolare delle partite della Champions League.

D. L’era della crossmedialità e la formazione di un ecosistema digitale dal 2006/2007 ad oggi

Ho poco altro da approfondire sulla quarta stagione, ovvero l’era della crossmedialità e della formazione di un ecosistema digitale dal 2004 ad oggi, se non che stiamo assistendo ad un fenomeno di “vampirizzazione” del sistema audiovisivo.

Ma probabilmente anche del comparto delle telecomunicazioni da parte della nuova Internet, che si disegna nella Società delle Piattaforme attraverso le configurazioni di reti secondo il modello dell’edge computing attraverso – lo ripeto – la formazione di un ecosistema digitale caratterizzato da un’infrastruttura di rete configurata intorno ad una vasta architettura di server che potremmo dire di prossimità, ovvero non distanti dagli utenti e sapientemente disseminati lungo i territori dell’intero pianeta destinati a venire incontro alle esigenze delle grandi piattaforme aggregatrici di un enorme apparentemente incontrollabile  numero di contenuti, di applicazioni e di servizi veicolati al di sopra di Internet.

Anche qui, di fronte ad una sempre più complessa Babele di infrastrutture, piattaforme, dove la formazione dei contenuti si intreccia sempre di più con il mondo dell’intelligenza artificiale, ogni previsione rischia di essere del tutto “poetica” o, come quelle formulate a fine secolo da Nicholas Negroponte, del tutto aleatoria. Rischiamo anche noi studiosi o esperti di rimanere irretiti nella Rete, del tutto fuorviati da questa Babele elettronica che del resto si espande in tutti i comparti interessati dalla “grande trasformazione digitale”.

A costo di essere contraddetto da chi ha studiato più da vicino i fenomeni emersi in questo ultimo ventennio mi permetto di rischiare questa profezia: l’audiovisivo e le telecomunicazioni saranno dei piccoli sottoinsiemi, talora molto importanti in ambito locale e nazionale, di una rete glocale, ovvero globale, ma anche riterritorializzata attraverso nuove tipologie edge nei singoli territori del nostro pianeta, al fine anche di adattarsi alle richieste di paesi lontani dal mondo dei valori occidentali. Anche questa quarta stagione crossmediale ha vissuto almeno quattro fasi che mi permetterei di distinguere, almeno nel caso italiano:

Una prima fase di questa quarta stagione si produce in Italia negli anni di attivazione e poi di completamento della transizione verso la televisione digitale terrestre (2004-2010), nel corso della quale, in virtù della Legge Gasparri, viene assegnato dal legislatore al servizio pubblico nel nuovo ambiente multipiattaforma un ruolo a medio-termine di servizio pubblico non solo radiotelevisivo ma anche multimediale, ruolo che rimane tutto da prefigurare prima ancora che da costruire. Contemporaneamente nascono i social network e Internet esce dalla prima fase pionieristica. Con lo sviluppo, da un lato di numero crescente di applicazioni sulla terza generazione di telefonia mobile, dall’altro di reti partecipative come Facebook e Twitter, nonché di nuove piattaforme che operano con Protocolli Internet IP al di sopra della rete (OTT), che propongono servizi di Video-on-Demand (VoD), sia in chiaro come YouTube, sia a pagamento come Netflix, si creano le premesse per il superamento della centralità dei servizi radiofonici e televisivi lineare.

Una seconda fase di questa quarta stagione, nella prima metà degli anni Dieci, allarga la competizione sugli ascolti lineari e l’avvio della “transizione dal broadcast al broadband” e alle nuove configurazioni che usano appieno Internet, con il grande successo ottenuto da alcune piattaforme di videostreaming, in primis Netflix, i cui servizi si rivolgono ad una platea globale in tutti e cinque i continenti (2010-2015) in competizione diretta con le piattaforme televisive a pagamento via cavo e via satellite;

Una terza fase sempre di questa quarta stagione dalla metà degli anni Dieci sino ad oggi, è ormai in fase di esaurimento. In quest’ultima fase dal tripolio televisivo siamo passati ad un allargamento della competizione, sia in seno ai broadcaster lineari sul digitale terrestre e satellitari, sia soprattutto ad una seconda competizione – del tutto impari e asimmetrica – fra media lineari e piattaforme Over-The-Top (OTT), che, dopo gli anni degli esordi, rendono centrale nella comunicazione crossmediale non solo i canali audio e video, ma soprattutto le nuove app, i social network e le piattaforme al di sopra della rete (2016-2022);

Verso la completa maturazione della convergenza

Sta per svilupparsi una quarta e forse ultima fase di questa quarta stagione crossmediale in cui sarà pienamente matura la convergenza annunciata superficialmente vent’anni fa dai cantori della network society. È del tutto verosimile che pochi editori saranno in grado di tenere testa ai gruppi che detengono le grandi piattaforme.

La terza stagione di Internet, dopo quella degli esordi, della formazione delle reti sociali e delle piattaforme detentrici dei nostri dati personali che utilizzano sempre più impropriamente. Anziché favorire l’integrazione degli editori di contenuti audiovisivi lineari radiodiffusi con le reti bidirezionali di telecomunicazione, come si pensava un tempo cercando di costruire piattaforme su scala nazionale comprendenti tutti i soggetti della catena del valore, probabilmente entrambi i comparti saranno subalterni alla dittatura delle grandi piattaforme che operano in modalità OTT al di sopra della rete con Protocolli Internet IP.

Si andrà molto probabilmente verso la formazione di un ecosistema digitale delle comunicazioni fortemente asimmetrico (2023-2030) dominato dai GAFA, nuovi padroni del vapore nell’era della grande trasformazione digitale, di fronte a cui pochi grandi conglomerate editoriali, come Warner-Discovery, Disney, Comcast, e forse Viacom News Corporation, Bertelsmann, forse Mediaset/MediaForEurope e pochi altri, saranno in grado di sopravvivere.

Urge dunque la creazione di un servizio pubblico europeo capace di federare gli attuali broadcaster, piccoli o grandi che siano, dalla PBS maltese a RTVE, ARD ZDF, BBC e Rai. L’associazione Infocivica – Gruppo di Amalfi, nata nel 2000 per iniziativa di Bino Olivi, lo sostiene da ormai molti anni, suffragata dalle conclusioni di un network di accademici – riuniti nel Gruppo Europeo di Torino – presentate dal compianto Enrique Bustamante Ramírez nel 2017 a Roma alla Biblioteca del Senato. Quanto segue rappresenta un punto di vista del tutto personale, non investendo la responsabilità dell’azienda concessionaria del servizio pubblico in Italia per la quale lavora da ormai 35 anni. Tuttavia vuole essere un contributo dedicato alla memoria di Massimo Fichera, che, forte dell’sperienza maturata negli anni giovanili a fianco di Adriano Olivetti, sin dagli anni Ottanta, concentrando gli sforzi dell’Unità operativa per i nuovi servizi della Rai da un lato sull’innovazione tecnologica, dall’altro sulla sperimentazione di nuovi linguaggi e di nuovi formati, aveva capito e in qualche modo anticipato quanto si sarebbe delineando, creando poi intorno a Euronews l’embrione di un servizio pubblico europeo.

La “tavola” delle leggi per un nuovo servizio pubblico delle comunicazioni nell’era della grande trasformazione digitale

Alla vigilia del centenario della nascita della Radio e dei Settant’anni della televisione emerge sempre di piùla consapevolezza della necessità di ridefinire missione, offerta, finanziamento e governance dei media di servizio pubblico su scala europea per far fronte alle sfide della grande trasformazione digitale ed assicurare un presidio della rete in una ottica di servizio pubblico, ovvero utilizzando sempre l’innovazione tecnologica, gli algoritmi e l’intelligenza artificiale in un’ottica che deve rimanere al servizio della collettività e del bene pubblico.

In primo luogo, favorire una nuova coesione sociale in una società sempre più complessa e frammentata, utile a sconfiggere la dealfabetizzazione, la scarsa mobilità sociale e la crescita delle diseguaglianze; tutto questo vuol dire estendere in primis il concetto di obbligo di servizio universale a Internet allo scopo di far crescere la cittadinanza digitale e un uso consapevole della Rete

In secondo luogo, assicurare nuove opportunità di crescita della cittadinanza attraverso un autentico libero accesso ai servizi ai nuovi servizi della società dell’informazione e della conoscenza;

In terzo luogo, riposizionare la RAI nella catena di formazione del valore in rete come formatore di contenuti universalmente fruibili ovvero fornitrice di piattaforme che assicurino il libero accesso ai nuovi servizi in rete;

In quarto luogo, promuovere contenuti, canali e servizi aderenti alla sua missione di servizio pubblico a vocazione partecipativa, inclusiva e coinvolgente 

In quinto luogo, impegnarsi per far sì che la Rai funga di fatto da apripista tecnologico sperimentale e motore (hub o pivot) per la crescita dell’industria creativa culturale e digitale nazionale ed europea.

In sesto luogo, orchestrare grandi eventi e spettacoli dal vivo attraverso l’interconnessione di sale da concerto, teatri, auditori e altri luoghi di fruizione collettivi.

In settimo luogo, essere certificatore e perno delle politiche di condivisione delle offerte di eccellenza maturate nei distretti territoriali dell’audiovisivo, dell’industria culturale e creativa e dello spettacolo dal vivo avendo un ruolo attivo nellacosiddetta edge society (o “società di confine”).

In ottavo luogo, creare valore pubblico attraverso l’individuazione, la promozione e la valorizzazione delle eccellenze italiane e del genius loci nella Grande Tela crossmediale.

Formare manager con funzioni di impresari e orchestratori delle eccellenze nei distretti digitali

Faccio esempi concreti per chiarire cosa significhi per i nuovi manager del servizio pubblico assumere la funzione di impresari e di orchestratori delle eccellenze nei distretti digitali.

Come ben sappiamo con la fine delle vecchie compagnie di giro abbiamo assistito alla chiusura, ben prima del Covid, delle stagioni musicali e teatrali in numerose aree della nostra Penisola, oltre che ad una chiusura delle sale cinematografiche.

Qualche anno fa, nell’ambito del progetto della Comunità di Pitagora, avevo lanciato l’idea di realizzare una sorta di telepalco.net con concerti, musei virtuali, sale aperte all’apporto creativo, una sorta di “rimaterializzazione” attuata costituendo un network di teatri nei piccoli centri dove non arrivano più le compagnie di giro, consentendo loro una partecipazione collettiva da remoto ad alcuni eventi e spettacoli teatrali o musicali realizzati in diretta in Italia o nel resto del mondo. Penso ad esempio ai melomani, che non possono permettersi di andare alla Scala, al Covent Garden, ma ascolterebbero volentieri un‘opera dal Teatro Sociale di Canicattì, o sentirebbero un concerto dei Wiener Philharmoniker dal Teatro alle Vigne di Lodi, o ancora, assisterebbero ad uno spettacolo dei Musical di Broadway dal teatro Fellini di Pontinia.

Si concretizza in tal modo il ruolo di un nuovo servizio pubblico al fianco degli assessori alla cultura e allo spettacolo nelle nostre cento città per creare un social network fra questi luoghi deputati allo spettacolo dal vivo nel territorio e ridurre il divario digitale nel consumo culturale con i grandi centri italiani europei e mondiali. Partecipando collettivamente a questi eventi in diretta come dal vivo.

Interconnettere in rete teatri e luoghi di spettacolo dal vivo per rilanciarli in ottica glocale

Ridare una stagione culturale anche a quelle realtà che non hanno mezzi né strutture adeguate per organizzare grandi eventi durante tutta la stagione musicale o teatrale mi pare un compito primario che potrebbero assolvere nuovi impresari orchestratori mettendo a punto un nuovo concetto di palinsesto per questo social network, una sorta di cartellone digitale di grandi eventi, tornando a riempire le sale di questi luoghi dal passato magari glorioso, ovvero dando loro un’interessante chance di rinascita. Piero Bassetti sostiene il concetto di glocalità, altri parlano di “localizzazione globale”: comunque lo si chiami, attraverso una valorizzazione di ogni tipo di aggregazione urbana e di ogni città, indipendentemente dalle sue dimensioni e dal suo peso nell’economia di una determinata area, credo che vada ricreato uno spirito di comunità come antidoto alla frammentazione del corpo sociale. Per dirla in sintesi è possibile contrastare la frantumazione e divaricazione dei consumi culturali drammaticamente emersa in questi anni con il Covid e ridare un valore e una seconda vita ai nostri giacimenti culturali tradizionali. Al teatro, alla musica, al balletto, ma persino al cinema in sala, che ha conosciuto una drastica riduzione delle entrate anche dopo la riapertura post pandemia.

Le ultime due missioni del decalogo o, se preferite, della Tavola di Mosè

In nono luogo, promuovere un sensus communis di appartenenza alla comunità nazionale – questo è il penultimo punto della Tavola di Mosè che mi permetto di sottoporre all’attenzione dei lettori e dei decisori -, attraverso attività di pubblico interesse maturate nelle comunità dei media partecipativi e nelle nuove fabbriche basate su finalità economiche tese alla condivisione di beni e servizi.

Infine, in decimo e ultimo luogo, assolvendo a questi nuovi compiti un nuovo servizio pubblico della comunicazione può creare le condizioni affinché l’Italia possa tornare ad essere la bottega di un neorinascimento fondato sul mercato della creatività, del design, del gusto, dove storicamente vantiamo eccellenze da valorizzare e da far conoscere al mondo intero.

Il decalogo che ho tentato di abbozzare, ovviamente perfettibile, serve a far capire che la partita non è finita, contrariamente a quanto sostiene Aldo Grasso, e può nascere una nuova grande stagione per il servizio pubblico, purché segni una forte discontinuità con il passato.

Le classi dirigenti a tutti i livelli, non mi riferisco solo al mondo politico, devono farsi carico della governance del cambiamento, che ha nel sistema della comunicazione un tassello imprescindibile di innovazione e di progresso.

L’umanità, sostiene Edgar Morin, vive la condizione della “comunità di destino” e non può permettersi di perdere questa grande occasione di crescita. 

La prima stagione. Gli anni di gestazione dell’URI (1924-1927).

Premessa

Possiamo far risalire alla fine dell’Ottocento la diffusione delle prime reti di comunicazione a distanza. Si sviluppano le prime reti telegrafiche sottomarine per opera delle potenze imperiali europee, nascono le prime agenzie telegrafiche di informazione suddivise per sfera geografica di influenza, si creano i primi organismi internazionali per l’allocazione delle frequenze.

Sino all’inizio del XX secolo il telefono aveva avuto un uso solo professionale (banchieri, industriali, commercianti).

Ma sin dagli ultimi anni del XIX secolo avviene una svolta nell’evoluzione dello stile di vita: per la prima volta la produzione industriale si orienta verso i consumi domestici di massa: giornali stampati su centinaia di migliaia di copie, pianoforti, fonografi, apparecchi fotografici e infine telefoni penetrano nell’ambito familiare. In questo contesto Guglielmo Marconi scopre nel 1894-95 la teletrasmissione senza fili utilizzando onde hertziane. Comunicazioni militari e comunicazioni commerciali (tra le navi) finanzieranno le prime sperimentazioni radiotelegrafiche e la costituzione delle prime stazioni trasmittentiLa prima trasmissione e ricezione radiofonica avviene nel 1919 sulla nave George Washington allo scopo di consentire al presidente degli Stati Uniti, Thomas Woodrow Wilson, di entrare in contatto con il suo staff al rientro dall’Europa. Il 15 giugno 1920, la Marconi’s Wireless Telegraph Company a Chelmsford, nell’Essex, ottiene dal General Post Office la licenza per avviare una trasmissione sperimentale ed inizia ad irradiare un segnale ricevuto in tutta Europa e fino a Terranova, in Canada. Nel 1921 si inaugurano la prima stazione sperimentale tedesca di radiofonia circolare, Vox Haus, prima di una serie di emittenti gestite dalla Deutsche Rundfunkgesellschaft, e in Francia, a Natale, quella di Radio Tour Eiffel.La svolta avviene tra il 1922 e il 1923: negli Stati Uniti crescono le stazioni trasmittenti (da 300 a 540). In Francia il 6 febbraio 1922 viene avviato un servizio regolare radiofonico pubblico in onda lunga dal Centro di Radio Tour Eiffel, seguito il mese successivo da una seconda stazione a Lione che inizia ad irradiare un servizio regolare in collegamento con la prima stazione. Dal 6 novembre 1922 inizia anche a trasmettere la prima radio commerciale, Radiola, con una potenza due volte superiore a quella di Paris Tour Eiffel.

Dalla British Broadcasting Company alla British Broadcasting Corporation

Una settimana dopo, il 14 febbraio 1922, oltre la Manica, a due anni dalle prime trasmissioni sperimentali, in virtù di una nuova licenza ottenuta dal General Post Office, le trasmissioni radiofoniche della Marconi Wireless Telegraph Company Ltd diventano regolari. Lo stesso Post Office, inizialmente restio all’introduzione della radiofonia, si attiva iniziando lunghi e difficili colloqui con i costruttori di materiale radioelettrico, arrivando ad un accordo di massima per la costituzione della prima società inglese di radiodiffusione, la British Broadcasting Ltd, con capitale di 100 mila sterline. Marconi raccomanda l’uso di una banda di frequenza ad onde corte anziché il ricorso alle onde lunghe.  Il 23 maggio 1922 viene nominato un Consiglio di Rappresentanti delle Big Six, le sei principali società invitate a consorziarsi, ovvero la Marconi Wireless Telegraph Company, la Metropolitan-Vickers (nota inizialmente come British Westinghouse), la Radio Communication Company, la British Thomson-Houston Company-BTH (filiale della statunitense General Electric- GE), la britannica General Electric Company (GEC) e la statunitense Western Electric Company (filiale della American Telephone and Telegraph Company – AT&T).

Il Post Office preme per l’inserimento di Frank Phillips della Burndept, società costituitasi in rappresentanza di venti piccole imprese del Regno Unito interessate alla costruzione di apparecchiature radio. Si arriva così alla costituzione il 18 ottobre 2022 della British Broadcasting Company di proprietà privata, sotto forma di un consorzio di società elettriche inglesi e americane costruttrici di apparecchi radiofonici il cui scopo è quello di offrire programmi al fine di motivare il pubblico all’acquisto degli apparecchi stessi, ma non di trarre profitti dalla programmazione.

La prima BBC beneficia di una licenza rilasciata dal British General Post Office sino al 31 dicembre 1926 ed inizia a irradiare un servizio regolare.

Il 14-15 novembre 2022 le stazioni di Londra, Manchester e Birmingham danno inizio alle trasmissioni ufficiali in Gran Bretagna trasmettendo i risultati delle elezioni. La British Broadcasting Company è finanziata da un’imposta applicata alla vendita di tutti i nuovi apparecchi radiofonici venduti dalle società facenti parte del consorzio. Il suo direttore generale John Reith nominato nel mese di dicembre chiarisce subito la funzione della radiodiffusione, ovvero quella di “educare, informare e divertire”, vedendo in essa nella un’opportunità per “portare la cultura alle masse”, “unire la nazione” e, per citare un’altra delle sue famose frasi, “fare della nazione un unico essere umano”. La prima bbc consegue questi importanti obiettivi trasmettendo letture ad alto contenuto educativo e musica classica. Alla fine del 1922 Il General Post Office riceve 35.774 richieste di abmento al servizio radiofonico della BBC.

Due anni dopo, seguendo questo modello, nascerà in Italia l’Unione Radiofonica Italiana (URI), che opera anch’essa in regime di monopolio. Una scelta non scontata.

Al contrario di altri Paesi europei, come ad esempio la Francia, la Spagna e la stessa Germania (in cui le imprese di radiodiffusione saranno nazionalizzate nel 1932), dove assistiamo ad una pluralità di emittenti radiofoniche in ambito locale e nazionale per iniziativa sia dei poteri pubblici sia di soggetti privati, ivi comprese nel caso francese, a partire dagli anni Trenta, le cosiddette radio periferiche, che irradiano i loro programmi dal Lussemburgo e da Andorra, la storia in Italia della radiodiffusione per il suo primo mezzo secolo di vita si identifica con un regime di monopolio, seguendo sotto questo profilo il modello adottato per tre decenni nel Regno Unito.

Come oltre la Manica, anche in Italia lo Stato affida inizialmente la concessione nei primi anni Venti ad un consorzio privato formato da imprese che operano nella produzione di impianti di radiodiffusione da un lato, e di ricevitori, ovvero delle prime radio, dall’altro.

Nel 1927 La BBC si trasforma in un organismo pubblico, la British Broadcasting Corporation, finanziato esclusivamente dal canone, diventando il primo e principale radiodiffusore in Europa e nel mondo ispirato ad una missione di servizio pubblico ai cui principi si ispireranno i principali altri servizi pubblici europei che vedranno la luce a partire dal secondo dopoguerra, quando riprenderanno a trasmettere in maniera regolare anche le prime emittenti televisive, che avevano iniziato a trasmettere prima della guerra negli anni Trenta[1].

A differenza del Regno Unito, che dà vita sino agli anni Cinquanta a un sistema misto assegnando licenze a diverse emittenti televisive regionali private, consorziate nell’Independent Television (ITV), in Italia il regime di monopolio durerà per altri due decenni sino alla metà degli anni Settanta.

Per mezzo secolo la storia della radio e della televisione si identifica dunque in Italia con una sola impresa: dapprima l’URI, poi per quasi due decenni, dal novembre 1927 all’ottobre 1946, l’EIAR, e infine la Rai, che verrà anch’essa investita di una missione di servizio pubblico dal CLN, diventando la concessionaria unica per le radio audizioni circolari – come in quasi tutti gli altri Paesi europei – a partire dal secondo dopoguerra.

Il lettore troverà qui di seguito una prima incompleta rielaborazione di un Documento aziendale scritto dall’autore per la Rai nel 2004 in qualità di responsabile dei “Rapporti con le università e VQPT”, nell’ambito dell’Ufficio Studi della Direzione Marketing, e poi pubblicato nell’Annuario Duemilaquattro[2], in occasione della fusione per incorporazione di Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A, in Rai Holding S.p.A, assumendo la denominazione di Rai-Radiotelevisione Italiana S.p.A. Con la chiusura dell’Iri, l’azienda uscirà così definitivamente dal settore delle cosiddette Partecipazioni Statali, acquisendo come azionista direttamente lo Stato Italiano attraverso il Ministero dell’Economia che ne diventa il principale azionista con il 99,55 per cento delle azioni a partire dal 1° dicembre 2004. Come tale, questa ricostruzione risente della natura originale sommaria del documento e dell’impossibilità di procedere a ulteriori verifiche che il lavoro dello storico richiederebbe.

Il contesto storico in cui nasce la radiofonia in Italia è quello dei primi due anni (1923 e 1924) del governo di Benito Mussolini, prima ancora che il fascismo assumesse, dopo il contestato successo alle elezioni dell’aprile 1924 e l’omicidio di Giacomo Matteotti, le sembianze nel biennio successivo 1925-1926 di una vera e propria dittatura con l’approvazione delle cosiddette leggi fascistissime.

Come ricorda opportunamente Gabriele Balbi nell’intervista concessami per questo stesso numero di Democrazia futura[3], in questi primi anni, “le direttive economiche del governo fascista si ispiravano ancora alle logiche della scuola liberale e liberista classica”, e non ci si deve stupire che Mussolini assegni sia la radiotelegrafia nel 1923 sia il broadcasting radiofonico nel 1924 a dei consorzi privati, prima di arrivare a riprivatizzare nel 1925 il servizio telefonico – essendosi rivelata “fallimentare” la sua nazionalizzazione nel 1907 – “dividendo le reti in cinque grandi aree date in concessione” a gruppi privati, ivi comprese aziende estere. 

Sin dall’inizio dell’ascesa al governo di Benito Mussolini nei giorni successivi alla Marcia su Roma, appare chiaro che anche per la radiofonia il nuovo esecutivo intende seguire la strada del regime in concessione da affidare a imprese private.

La questione politica riguarda il bilanciamento interno al consorzio fra le aziende italiane fra cui anche la Fiat, quelle anglosassoni già presenti nella British Broadcasting Company capitanate dalla Marconi’s Wireless Telegraph Company, ma anche gli interessi di altre imprese nel settore dell’Europa continentale, in particolare espressione degli interessi francesi e tedeschi.  Sarà questa la preoccupazione principale di Benito Mussolini che affiderà il Ministero delle Comunicazioni a Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, ammiratore di Marconi quanto sapiente diplomatico.

L’attivismo di Guglielmo Marconi per promuovere la radiotelegrafia (ma anche la radiodiffusione)

Guglielmo Marconi, già nel 1921 – insieme a un gruppo di altri investitori privati – aveva dato vita alla Società italiana per i Servizi RadioTelegrafici e Radiofonici (SISERT) per rilanciare in Italia la vasta rete di attività commerciali che facevano capo alla Marconi’s Wireless Telegraph Company, e presentato un progetto per la creazione di una rete radiotelegrafica nazionale, ma questa sua proposta non aveva ricevuto ascolto.

Sin dal suo insediamento il governo di Benito Mussolini si adopera per favorire un nuovo impulso al sistema delle telecomunicazioni. Per parte sua Guglielmo Marconi si attiva subito per sensibilizzare il nuovo governo fascista. L’Italia è l’unica delle grandi potenze che non abbia ancora un completo e organizzato servizio pubblico radiotelegrafico internazionale regolato e controllato da un grande ente. Il 15 novembre 1922 l’avvocato Filippo Bonacci, portavoce di Guglielmo Marconi, presenta un promemoria segreto al sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio Giacomo Acerbo. La Sisert preme il sottosegretario Giacomo Acerbo per ottenere la concessione dei servizi radiotelegrafici internazionali sul territorio italiano.

Ma per ora ll ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni Giovanni Antonio Colonna di Cesarò non ritiene opportuno favorire Marconi e assecondare gli interessi delle aziende anglosassoni, in concorrenza con le quali scendono in campo la tedesca Telefunken e la francese Compagnie Générale de Télégraphie sans Fil (CSF), rappresentate in Italia rispettivamente dalle società Radio Elettra e Radio Italia.

Si propone una competizione fra i potentati mondiali della radiotelegrafia: quello anglosassone e quello franco-tedesco. Il ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni Colonna di Cesarò – ottenendo il consenso di Mussolini – propende per la formazione di un’unica impresa che associ i tre concorrenti, consentendo all’Italia di beneficiare del capitale tecnologico di tutte le aspiranti ed evitando discriminazioni derivanti dall’apparente nazionalità delle concorrenti. Un documento letto da Mussolini sottolinea che tanto il pubblico quanto il governo fascista avevano importanti interessi economici e politici nello sviluppo della radiotelegrafia.

Contemporaneamente Marconi – seguendo quanto promosso nel settore del broadcasting attraverso la BBC nel Regno Unito – si attiva anche per lo sviluppo della radio in Italia, lasciando trapelare di essere disposto a mettere a disposizione del regime tutti i suoi brevetti, in cambio di una concessione governativa che gli consentisse di organizzare un sistema radiofonico di portata nazionale e mondiale. Nel mese di dicembre 1922 Luigi Solari, fascista della prima ora e braccio destro di Marconi, non essendo stata accolta la richiesta di concessione per la radiotelegrafia presentata dal suo gruppo, presenta per conto della Sisert una domanda di concessione per le radio audizioni circolari, inviando un rapporto al Duce nel quale vengono presentati i vantaggi politici di una convenzione tra Marconi e il Ministero degli Esteri per la nascita di una radiofonia tutta italiana ma di portata e valore internazionale.

Lo stesso Marconi, cercando di contrastare le iniziative di società straniere, scrive direttamente a Mussolini una lettera sottolineando la necessità di regolamentare la radiofonia come servizio pubblico di interesse nazionale, sotto il controllo dello Stato, ribadendo altresì la necessità di combattere le iniziative del capitale straniero.

A tal fine, nel gennaio 1923, Luigi Solari prende contatti con alcune aziende nazionali italiane quali la Fabbrica per costruzione di materiale telefonico (FATME) di Roma, la Società per le Industri Telefoniche (SITI) la Società per Apparecchi radiotelegrafici Allocchio e Bacchini, la Società Arturo Perego di Milano, la Società Anonima Radiotelegrafica Italiana (SARI) di Firenze, in previsione di dar vita ad una nuova impresa[4].

Negli stessi giorni vede la luce a Milano Radio Fiori, primo tentativo alternativo alla radio monopolista. Dotata di una grande antenna sul tetto, viene impiegata per trasmettere parole e musica suonata con un grammofono. Un decreto regio, nonostante l’indirizzo politico favorevole alle privatizzazioni attuato dal ministro delle Finanze Alberto De Stefani, la bloccherà sul nascere.

Mussolini respinge la proposta di Guglielmo Marconi, ma vuole comunque emanare un decreto per tutelare lo Stato: l’8 febbraio 1923 è emanato il Regio Decreto n. 1067, “Che reca norme per il servizio delle comunicazioni senza filo”, stabilendo che l’impianto e l’esercizio di telecomunicazioni per mezzo di onde elettromagnetiche senza l’uso di fili siano riservati allo Stato, con facoltà del Governo di accordarli in concessione a privati. Il Decreto fonde insieme sotto il controllo dello Stato tutti i servizi radiotelegrafici e radiotelefonici

In conseguenza di ciò sorgono imprese che mirano ad ottenere dal Governo la concessione; alcune nella prospettiva di esigere un canone e comunque di ricavare un lucro dalla pubblicità (come avveniva negli Stati Uniti), altre che vedono nella concessione un mezzo per incrementare la vendita degli apparati riceventi da esse costruiti.

Tale Regio Decreto di fatto muta ed amplia la precedente legislazione in materia – come osservato da Renato Nunziata[5]. Il decreto sarà poi anche ampliato in una successiva stesura, riservando allo Stato, tramite l’autorità politica locale, il visto preventivo alla divulgazione di notizie che potevano perturbare l’ordine pubblico o che erano comunque ritenute dannose allo Stato.

Dalla nascita dello spezzatino telefonico alla sconfitta di Marconi nella radiotelegrafia senza fili  

Lo stesso 8 febbraio 1923 viene emanato un secondo Regio Decreto n. 399 “Che reca le disposizioni che conferiscono la facolta’ al Governo di concedere a Enti pubblici, a Societa’ o a privati l’esercizio di impianti telefonici di Stato”: tale decreto prevede la privatizzazione del servizio telefonico[6] modificando il sistema legislativo in materia di concessioni telefoniche che risaliva al 1881, quando si erano costituite le prime aziende per la gestione del servizio telefonico nelle città italiane.

Anziché optare per una gestione statale, Mussolini opta per una gestione della telefonia assegnata in concessione a imprese private, anche per non addossare allo Stato le ingenti uscite per i necessari investimenti per lo sviluppo del servizio in enorme crescita in tutto il mondo industrializzato. Una commissione apposita predispone i capitolati da stipulare con le nuove Concessionarie fissando la ripartizione del servizio in cinque zone territoriali, più una sesta per l’esercizio telefonico interurbano.

Nei mesi successivi vedranno così la luce dapprima la Società Telefonica delle Venezie (TELVE) e la compagnia telefonica Telefoni Italia Medio Orientale (TIMo), fondata con il nome di Società Abruzzese e Molisana Telefoni SA, poi, nel giugno 1924, la Società Telefonica Piemontese (STEP) – in seguito ridenominata Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda (STIPEL) e posta sotto il controllo della Società Elettrica Piemonte (SIP) -, infine, nell’ottobre 1924, la Società Telefonica Tirrena (TE.TI) e la Società Esercizi Telefonici S.p.A. (SET). A queste cinque aziende si aggiungerà l’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (ASST)[7]

Il 1º luglio 1925 la STIPEL si aggiudica la concessione nella prima zona in Piemonte e Lombardia, la TELVE quella nella seconda, ovvero nelle Tre Venezie[8] e a Zara, la TIMO quella nella terza, ovvero in Emilia, Abruzzo Marche e Molise, la TE.TI quella nella quarta, ossia in Liguria, Toscana, Lazio e Sardegna, e infine la SET quella nella quinta zona, ovvero in Italia meridionale e in Sicilia.

Marconi cerca di convincere Mussolini ad agire, ma nel frattempo sorgono altre compagnie private con l’intento di sfruttare il potenziale economico delle trasmissioni radiofoniche che cresce anche negli altri Paesi europei.

Dopo il Regno Unito anche la Spagna regolamenta la radiofonia nascente[9] seguità qualche mese dopo anche dalla Francia[10].  

Il 4 marzo 1923 un terzo Regio Decreto istituisce una Commissione tecnico-legale – presieduta da un Consigliere di Stato, il Senatore Antonio Vanni, incaricata dello studio e dei provvedimenti inerenti la gestione delle radioaudizioni circolari -. A seguito della conclusione dei suoi lavori si sarebbero avviate le domande di concessione e le proposte delle varie imprese interessate e, quindi, avrebbe assolto il compito specifico di esaminarle con la massima attenzione. In parole povere Mussolini vuole prendersi ancora tempo prima di decidere il destino della radio audizioni circolari, ovvero della radiofonia.

Come scrive Renato Nunziata, nell’estate del 1923, nel momento in cui Marconi realizza un importante collegamento radiofonico ad onde corte fra Poldhu (Cornovaglia) e il panfilo Elettra attraccato all’isola di Palo Verde, distante da Poldhu 4 mila chilometri, considerato uno dei migliori collegamenti effettuati dallo scienziato italiano, 

Radiotelegrafia senza fili e radiodiffusione sonora in Italia sono progetti che continuano a procedere paralleli, la prima in avanzato stato di trattative mentre il broadcasting radiofonico rimane ancora tutto da definire.

Marconi ribadisce la sua ostilità ad intese con aziende che siano espressione diretta o indiretta di interessi stranieri, giudicando inaccettabile l’ipotesi, caldeggiata dal ministro delle Poste Colonna di Cesarò, di fusione della SISERT con le due concorrenti Radio Elettra e Radio Italia, non volendo trovarsi in posizione di minoranza in una nuova compagine e costretto a mettere in comune con le concorrenti franco-tedesche i risultati delle sue ricerche sulle onde corte a fascio. A tal fine Luigi Solari invia un pro memoria a Mussolini per rimarcare le differenze fra il gruppo franco-tedesco che opera nella radiodiffusione e la società Marconi, che spinge per la radiotelegrafia, facendo riferimento alla parzialità con cui il ministro interviene a favore di un contendente:

Secondo le condizioni scritte dal ministro delle Poste (che il Sen. Marconi avrebbe dovuto accettare entro il limite di tempo di sette giorni) esiste la seguente straordinaria imposizione: la Società Italiana Marconi deve impegnarsi a non disturbare il servizio di broadcasting” scrive Solari nel pro memoria inviato al Duce.

Quello di Luigi Solari sarà l’ennesimo tentativo di pressione da parte o per conto di Marconi che si rivelerà vano: nell’agosto 1923 Benito Mussolini sigla un accordo con la Compagnie Générale de Télégraphie sans Fil e la tedesca Telefunken per la costituzione di Italo Radio. Per parte sua il ministro delle Poste Giovanni Antonio Colonna di Cesarò firma la convenzione con la Italo Radio per l’impianto e l’esercizio di stazioni di radiotelegrafia senza fili in Italia: alla società sono concessi in uso gli impianti di Coltano, Genova e Trieste, unitamente al macchinario per una stazione ultra potente, avuto in conto “riparazioni” dalla Germania.

La nascita della società franco-tedesca Italo Radio segna una pesante sconfitta per Marconi e il proprio gruppo, il quale perde definitivamente la possibilità di arrivare al monopolio.

Di fronte al rifiuto di Guglielmo Marconi di trovarsi in posizione di minoranza nella nuova compagine che avrebbe dovuto nascere dalla fusione fra interessi anglo-americani e franco-tedeschi, il Governo con Regio Decreto n. 2217 “Approvazione della convenzione tra il Governo italiano e la società «Italo Radio», società italiana per i servizi radioelettrici, per l’impianto e l’esercizio di stazioni radiotelegrafiche nel Regno, il 23 settembre 1923 affida in convenzione i servizi radiotelegrafici alla Italo Radio, controllata da Telefunken e Société Générale de Télégraphie sans Fil, resistendo ai tentativi della SISERT di reinserirsi nel gioco delle concessioni.

Primi tentativi e passi decisivi per promuovere le “audizioni radiofoniche”, ossia la radio in Italia

L’insuccesso nel settore radiotelegrafico di Marconi è destinato ad avere la sua compensazione in quello della radiodiffusione, dove peraltro Marconi deve fare i conti con un concorrente che potrebbe rivelarsi pericoloso. Parallelamente alla riattivazione dell’Araldo Telefonico, il primo servizio di telefonia circolare studiato da Gabriele Balbi nel suo saggio La radio prima della radio [11], fra dicembre 1922 e febbraio 1923 Luigi e Augusto Ranieri iniziano la sperimentazione della cosiddetta telefonia senza fili, ovvero impiantano e gestiscono la prima stazione radiofonica sperimentale dando vita al primo servizio di radiodiffusione circolare: Radio Araldo, per il quale chiederanno invano al governo una concessione inviando pochi mesi più tardi un pro memoria ad Alessandro Chiavolini segretario particolare di Mussolini .

Mentre nel Regno Unito si insedia il 24 aprile 2023 la Commissione Sykes sulla Radiodiffusione ai cui lavori partecipa il neo nominato direttore generale della BBC John Reith con l’incarico di formulare e presentare alla commissione stessa la visione della bbc in merito alle prospettive di sviluppo della radiodiffusione nel Regno Unito[12], i fratelli Ranieri si attivano per finanziare Radio Araldo rivolgendosi il 15 maggio 1923 ad una cordata di imprenditori milanesi, capeggiata da un certo De Gennaro, al fine di costituire una “società che unifichi in un tutto organico l’esplicazione “delle concessioni ottenute per la telefonia circolare e di quelle da attuarsi per la telefonia senza fili, società il cui valore complessivo risulta di circa 750 mila lire”. Dopo aver siglato l’8 luglio 1923 un Atto di compromesso fra De Gennaro e Ranieri per dar vita ad una società anonima “allo scopo di esercitare e dare rapido sviluppo all’Azienda dell’Araldo Telefonico… ed alle concessioni in corso di registrazioni per l’esercizio del Radioaraldo a Roma”[13], nel corso dell’estate Radioaraldo “inaugura la prima stazione radiofonica di Roma, con apparecchiature fornite dalla Western Electric Italiana, per le “radioaudizioni circolari”. La stazione trasmittenti è impiantata negli stessi locali che dal 1913 ospitano sul terrazzo della sede di Piazza Poli l’Araldo telefonico. Costo della sottoscrizione 20 lire mensili (a fronte delle 30 lire dell’Araldo telefonico). La sperimentazione continuerà per tutto il 1924.

Nel frattempo Marconi non demorde. Nel mese di settembre del 1923 tra le imprese che mirano ad ottenere una concessione radiofonica da parte dello Stato italiano nascono due nuove società:

  • la Società Italiana Radio Audizioni Circolari (SIRAC), costituita per assicurare la penetrazione nel mercato italiano degli apparecchi riceventi del Gruppo americano Western Electric,
  • la Società Anonima Radiofono – Società Italiana per le radiocomunicazioni circolari, nata da una costola della Sisert con sede in Roma, fondata dall’Ufficio di Roma della Compagnia Marconi, di cui la vicepresidenza è affidata a Luigi Solari allo scopo di creare un’impresa capace di riscuotere un’immagine particolarmente affidabile sia dal punto di vista tecnico che da quello finanziario[14]. Nel capitale della Radiofono – e quindi nel suo Consiglio di Amministrazione – figurano rappresentanti di diverse società:
  • La SISERT (Società Italiana Servizi Radiotelegrafici e Radiotelefonici), emanazione dello stesso Marconi, è presente nel capitale con 39 mila lire e nel Consiglio di Amministrazione con il proprio Consigliere Delegato Luigi Solari nella veste di Vice Presidente del CdA;
  • La SARI (Società Anonima Radio Telegrafica), nata da una costola della SITI, specializzata nella costruzione di ricevitori radio di alta qualità dotati di valvole esterne e l’altoparlante a trombetta. È presente nel capitale con 25 mila lire e con il proprio Presidente Ingegner Luigi Marchesi, proveniente dalla Fiat, nella veste di Presidente del CdA.
  • Giuseppe Doglio rappresenta nel Consiglio di Amministrazione la SITI (Società Industrie Telefoniche Italiane), produttrice di attrezzature tecniche, centrali di commutazione e apparecchi telefonici in rappresentanza del marchio Siemens, anch’essa presente con 25 mila lire versate nel capitale sociale e con il proprio vicepresidente Francesco Micheletti in veste di sindaco revisore.
  • Quanto a Cesare Bacchini, in qualità di socio accomandatario, rappresenta l’Allocchio Bacchini, già specializzata nella costruzione di strumenti di misura elettrici ed apparecchi per la telegrafia, radiotelefonia e radiotelegrafia e che inizia la produzione di ricevitori con 19 mila lire.
  • Giulio Ajmone nella sua qualità di Presidente FATME (Fabbrica Apparati Telefonici Materiali Elettrici) rappresenta questa società di apparecchiature telefoniche e materiale elettrico, che dal 1924 riuscirà ad ottenere i brevetti della svedese Ericsson, presente con 17 mila lire nel capitale sociale e che dispone anche di Saverio Pugliese come sindaco revisore. 
  • In veste di Consigliere è presente Arturo Perego, presidente dell’omonima società che, dopo aver gestito una delle più importanti fabbriche di apparecchi telefonici, in piena guerra mondiale si trasforma nel 1917 nella Brevetti Arturo Perego
  •  Infine il Conte Stanislao Pecci è presente come Consigliere in rappresentanza di alcuni investitori privati.

In un secondo tempo faranno il loro ingresso nel Consiglio di Ammonistrazione della Radiofono anche esponenti della Western Electric italiana.

La svolta del 1924 in un quadro europeo di crescita della radiodiffusione sonora

Il 1924 sarà l’anno di svolta. Un servizio regolare di radiodiffusione sonora è ormai al suo terzo anno negli altri Paesi europei. Mentre oltre Oceano nel 1923 nascono per iniziativa dei fratelli Warner, ebrei polacchi, la Warner Brothers Pictures, la Metro Goldwin Mayer (MGM) che diviene rapidamente il più importante studio hollywoodiano, e pochi mesi dopo, anche il Disney Brothers Cartoon Studio, (poi ridenominato Walt Disney productions nel 1929) e si va sviluppando un regime di libera concorrenza nella radiodiffusione sonora, nel Regno Unito le richieste di abbonamento accordate dal General Post Office al servizio radiofonico della British Broadcasting Company operante al contrario degli Stati Uniti d’America in regime d monopolio passano da 35774 alla fine del 1922 a oltre 1 milione alla fine del 1924.

Ma l’interesse per le comunicazioni cresce anche nell’Europa continentale.

In Spagna Miguel Primo de Rivera, appena arrivato al potere dopo un colpo di Stato, concede nel settembre 1923 il monopolio della telefonia alla società privata Telefonica de España controllata dall’americana ITT.

Nell stesso 1923 Radio Ibérica, nata dalla fusione fra la Compañía Iberica de Telecomunicaciones e la Sociedad de Radiotelefonia Española, avvia le sue prime trasmissioni a Madrid con programmi culturali e musicali ma anche i primi annunci pubblicitari. Radio Ibérica è la prima emittente radiofonica a trasmettere programmi radiofonici con una certa regolarità, seguita da altre emittenti radiofoniche sorte per iniziativa di aziende elettriche e di gruppi privati costruttori di apparecchi radiofonici e di stazioni di impianti di radiodiffusione che si assoceranno nel 1925 dando vita a Union Radio, poi divenuta durante la Guerra Civile, Sociedad Española de Radiodiffusion, all’origine dell’attuale RTVE.

il 10 aprile 1924 la stampa francese annuncia che ogni sera, dalle 22 alle 23, si possono seguire i programmi di Radio Luxembourg trasmessi dal Granducato ad onde corte su una lunghezza d’onda fra 200 e 230 metri. Le trasmission, ancora precarie, sono il frutto di un radioamatore, François Anen.

In Francia l’importanza sempre crescente del servizio di radiodiffusione circolare e l’interesse suscitato nel pubblico spingono il Governo francese a trasformarlo in un servizio nazionale.

Con un decreto del 24 novembre 1923 la radiofonia francese, esercitata da varie società private, viene considerata un monopolio di Stato che raggruppa le varie società private in un unico ente. Questo decreto riguarda anche la telegrafia e la telefonia. Prevede inoltre la costituzione di una commissione per esaminare le autorizzazioni accordate alle stazioni private. Con un parere favorevole della commissione si può procedere a una Convenzione fra le Poste e Telecomunicazioni e l’emittente interessata, obbligata a rispettare un “Cahier des charges”.  

A meno di un anno dalla formazione dell’Unione Sovietica, il 25 novembre 1923 Il Consiglio dei Commissari del Popolo istituisce il primo servizio di radiodiffusione nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La radiofonia sovietica si pone rapidamente all’avanguardia. Nella primavera 1924 nascono a Mosca le stazioni Popov e Radio Internazionale.

L’accelerazione impressa per lo sviluppo della radiodiffusione dal neo ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano

In questo quadro l’Italia fascista non può permettersi un ulteriore ritardo.

Le esitazioni e il barcamenarsi del Ministro delle Poste Colonna di Cesarò, restio ad assecondare gli interessi delle aziende anglosassoni e che continua a prendere tempo, respingendo le sempre più insistenti richieste di Guglielmo Marconi che, nel frattempo, si iscrive nel 1923 al Partito Nazionale Fascista.

Nel 1924 Il ministro Colonna di Cesarò viene subito esautorato e – come vedremo in dettaglio –  al suo posto subentra Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, il futuro genero e ministro degli Esteri del Duce.

Ciano e Marconi sono accomunati da comuni trascorsi in Marina, che hanno cementato eccellenti rapporti. Soprattutto, Costanzo Ciano è infatti convinto che l’innovativo “sistema di trasmissione OC a fascio”, brevettato da Marconi, abbia reso un gran servizio alla Marina durante la prima guerra mondiale. Non solo: Costanzo Ciano è propenso ad aprire il mercato italiano della comunicazione alla americana Western Electric, piuttosto che alle società franco-tedesche favorite dal suo predecessore nel campo della radiotelegrafia senza fili.

Come vedremo più avanti, Costanzo Ciano assegnerà all’URI la prima convenzione per l’esclusiva del servizio di radiodiffusione circolare. La convenzione del 27 novembre 1924 tra URI e ministero delle Comunicazioni sancirà la nascita della figura giuridica della “Società Concessionaria” e al tempo stesso la nascita di un vero e proprio “regime radiofonico” nel quale lo Stato concede all’URI l’esclusiva del servizio di radio-audizioni circolari su tutto il territorio nazionale per sei anni.

Ma Il 1924 non sarà solo l’inizio del servizio regolare radiofonico in Italia ma anche l’anno di razionalizzazione della telefonia, un settore nel quale la Società Idroelettrica Piemonte SIP estende i suoi interessi

Ma procediamo con ordine, in una ricostruzione assai complessa di fatti non ancora pienamente accertati, via via emersi dalle ricerche pubblicate dagli studiosi, a cominciare da Franco Monteleone[15].

Il 7 gennaio 1924, per volontà della Radio Corporation of America (RCA) nasce la SIRAC, Società Italiana per la Radio Audizioni Circolari con un capitale sociale di 100 mila lire. Fra le figure di punta Antonio del Puglia, direttore della francese Compagnie Générale d’Électricité (CGE), Leone Osiatinsky, Ernesto Cirla, Edoardo Taft, la famiglia Florio, Osvaldo Pardo e il colonnello Henry Latrobe Roosevelt. Detiene lo sfruttamento dei brevetti RCA, General Electric, Westinghouse e Marconi Wireless.

Contemporaneamente un accordo tra la Marconi Wireless Telegraph Co. di Londra e la Radiofono Società Anonima Italiana per le Radiocomunicazioni Circolari nello stesso mese impegna la prima a spedire in Italia un impianto trasmittente da 1,5 kW che la Radiofono potrà acquistare dopo aver ottenuto la concessione governativa. Nata per iniziativa del Gruppo Marconi (azionista di maggioranza), la Radiofono aveva coagulato intorno a sé altri operatori dell’industria radioelettrica quali, ad esempio, la Allocchio Bacchini.

Tre giorni dopo lo scioglimento da parte di Vittorio Emanuele III di Savoia il 25 gennaio 1924 della Camera e la convocazione dei comizi elettorali per il 6 aprile 1924, un discorso di Benito Mussolini provoca un rimpasto con l’uscita dal governo degli esponenti di Democrazia sociale, la formazione nata per iniziativa di Francesco Saverio Nitti e Giovanni Amendola, fra cui il ministro delle Poste Giovanni Antonio Colonna di Cesarò che rassegnerà le sue dimissioni il 5 febbraio 1924.

Al suo posto Mussolini nomina l’ufficiale di marina Costanzo Ciano, che – lo abbiamo ricordato – da tempo è amico ed esetimatore di Guglielmo Marconi.

Costanzo Ciano si insedia con l’idea di estendere all’Italia il modello già introdotto in Gran Bretagna con la BBC, ovvero assegnare la concessione ad un’unica e forte società capace di raccogliere gli interessi di tutte le società di broadcasting e di tutti i costruttori di apparecchi radiofonici.

I tentativi di Radiofono e Radio Araldo di trasmettere il discorso di Benito Mussolini del 25 marzo dal Teatro Costanzi alla vigilia del trionfo del Listone alle elezioni legislative del 6 aprile 1924

Nel mese di marzo 1924 la società Radiofono impianta nella Stazione radio della Regia Marina a Centocelle una prima stazione realizzata dalla Compagnia Marconi per effettuare trasmissioni radiofoniche di prova. Contemporaneamente il 14 marzo si costituisce a Roma la Società Anonima Radio Araldo che, tre giorni dopo, in una lettera al senatore Francesco Ruffini presidente della Commissione incaricata di disciplinare gli sviluppi della radiotelefonia circolare, presenta la propria candidatura all’assegnazione della concessione, facendo leva sull’esperienza nella gestione e diffusione di programmi accumulata con l’Araldo Telefonico prima e con il Radio Araldo poi. Radio Araldo SA nasce dall’unione fra gli ingegneri Augusto e Luigi Ranieri e un gruppo di uomini d’affari fra cui il senatore Giuseppe Guidi di Bagno, l’avvocato Filippo Del Giudice, Giorgio Varvaro e Gastone Daninos che operano per conto del finanziere Angelo Pogliani. Dispone di un capitale sociale di 1 milione di lire suddivise in 10 mila di 100 lire di cui solo 200 azioni versate dal Gruppo Pogliani. I Ranieri detengono il 98 per cento delle azioni.  

Undici giorni dopo, il 25 marzo 1924 fallisce il primo tentativo di diffondere tramite la radio un discorso di Mussolini. Costanzo Ciano aveva proposto a Luigi Solari vicepresidente della Radiofono, di esordire trasmettendo il discorso elettorale di Mussolini al Teatro Costanzi al fine di impressionare lo stesso Mussolini. Viene così stabilito un collegamento telefonico fra la stazione di Centocelle della Radiofono e il Teatro Costanzi. Lo stesso discorso viene contemporaneamente trasmesso dalla Stazione del Radio Araldo di Piazza Poli.

Il tentativo di trasmissione fallisce quasi immediatamente dopo l’inizio del discorso. La Compagnia Marconi incolpa Radio Araldo di un misterioso “fenomeno di induzione” che – secondo quanto poi ricostruito dallo stesso Luigi Solari – avrebbe disturbato il segnale rendendo inascoltabile il discorso del Duce[16].

Nonostante il flop incassato nel tentativo di trasmettere la voce del Duce, la Radiofono assume un ruolo di primo piano nei progetti di sviluppo del ministero delle Comunicazioni.

Le elezioni politiche del 6 aprile 1924 assicurano al Partito Nazionale Fascista (PNF) e ai partiti suoi alleati un’ampia maggioranza in Parlamento. Senza bisogno del premio di maggioranza previsto dalla legge Acerbo le liste nazionali guidate dal PNF ottengono i tre quarti dei seggi: il Listone formato da fascisti, liberal-nazionali, nazional-popolari e destra, conquista il 60 per cento dei voti e 355 seggi a cui si aggiungono 19 seggi conquistati con il 4,85 per cento da una lista bis del PNF.

Meno di tre settimane dopo, il 24 aprile 1924, le amministrazioni delle ferrovie, delle poste e telegrafi, dei telefoni e della marina mercantile sono unificate. Il 30 aprile infine viene costituito, con il Regio Decreto n. 596, il ministero delle Comunicazioni. Viene soppresso il ministero delle Poste e telegrafi. Costanzo Ciano rimane Ministro del nuovo dicastero. Rimarrà in carica esattamente per dieci anni sino al 30 aprile 1934.

Le indecisioni del legislatore. Dall’oligopolio prefigurato nel Decreto Legge n. 665 del 1° maggio al regime di monopolio sancito dal Decreto Legge n. 1226 del 10 luglio 1924

L’indomani 1° maggio 1924 viene approvato Il Regio Decreto legge n. 655 Modificazioni ed aggiunte ai Regi decreti 8 febbraio 1923, n. 1067 e 27 settembre 1923, n. 2351, relativi alle comunicazioni senza filo – che costituisce il primo atto legislativo volto a regolare i contenuti delle trasmissioni radiofoniche. Il Decreto definisce i contenuti (concerti, teatro, conversazioni, notizie) delle radiodiffusioni, il sistema di finanziamento per i futuri concessionari attraverso la pubblicità commerciale e un canone di abbonamento. Il Decreto legge non prevede il monopolio radiofonico, ma l’orientamento iniziale è favorevole ad una sorta di oligopolio costituito dalle maggiori aspiranti alla concessione tenuto conto della fragilità dei gruppi radiotecnici italiani e dell’indispensabile patrimonio tecnologico e finanziario dei gruppi americani. Il decreto prevede altresì l’attribuzione ai futuri concessionari della doppia fonte di introiti da pubblicità e canone.

Il 19 maggio 1924 Il ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano invia a Luigi Ranieri, fondatore di Radio Araldo, il nuovo schema di Convenzione secondo cui le aspiranti società concessionarie avrebbero dovuto attivare tre stazioni nel nord nel sud e a Roma. Il governo avrebbe assegnato la licenza al miglior progetto presentato entro il 1° giugno che avesse considerato nello sviluppo della radiofonia i diversi aspetti “tecnico, finanziario e artistico”.

L’indomani Radio Araldo stipula un accordo con la Società Italiana Radio Audizioni Circolari (SIRAC), trasmettendo poi, quattro giorni dopo, il 24 maggio 1924, il discorso del re in occasione dell’inaugurazione della XX legislatura, e presentando infine al ministero delle Comunicazioni, il 31 maggio dello stesso anno, un progetto definitivo, puntando sulla complementarità con la SIRAC e ribadendo la continuità artistica fra telefonia circolare e radiodiffusione sonora circolare.

Il 1° giugno 1924 il ministero delle Comunicazioni stabilisce un capitolato d’oneri per la gara per attribuire la concessione dell’esercizio per le radio audizioni circolari[17] sull’intero territorio nazionale: comprende l’obbligo per la società concessionaria di disporre di un capitale pari almeno a 6 milioni di lire.

Quest’ultimo requisito non potendo essere soddisfatto impedirà alla società di Luigi Ranieri di ottenere la concessione

Il 3 giugno 1924 il ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano indirizza una lettera alle società che avevano proposto domanda di concessione, la Radiofono (nata da una cordata di imprese capitanate dagli interessi in Italia di Guglielmo Marconi) e la Sirac (Società Italia­na Radio Audizioni Circolari, filiale commerciale della Western Electric Company), invitandole a trovare un accordo. Le informa che il governo ha deciso di affidare l’esercizio radiofonico ad una nuova società unificata, ribadendo di essere favorevole a una soluzione che vedesse associate SIRAC Radio Araldo e Radiofono, per cui le invita a prendere contatti in vista della loro fusione. Lo rende noto un comunicato del ministero delle Comunicazioni.

Seguendo gli auspici del governo, il 13 giugno 1924, con l’intermediazione della SIRAC e dietro pressioni del governo, Radio Araldo stipula un accordo con la più temibile concorrente, la Radiofono L’accordo prevede la costituzione di un’unica società l’Unione Radiofonica Italiana URI, con un capitale sociale di 8 milioni di lire versato in parti uguali da Sirac, Radio Araldo e Radiofono[18]… L’operazione non verrà mai portata a termine. Radio Araldo rimarrà fuori dall’intesa e cesserà presto le trasmissioni.

Il 14 giugno 1924 (ovvero quattro giorni dopo il rapimento di Giacomo Matteotti, in un clima politico resosi incandescente dopo che l’opposizione aveva accusato alla Camera dei deputati di complicità nel delitto Benito Mussolini, il quale, a sua volta, aveva reagito ordinando la chiusura della Camera stessa il giorno in cui veniva resa pubblica la responsabilità dei fascisti nell’omicidio del deputato socialista), si perfeziona l’accordo definitivo che darà vita al consorzio cui verrà assegnata la concessione per le radio audizioni circolariin Italia. Radiofono e SIRAC comunicano in una lettera al ministero delle Comunicazioni di aver raggiunto l’accordo per la fusione e, nelle successive settimane, deliberano, convocando apposite assemblee straordinarie dei propri azionisti, la loro partecipazione alla nuova società, provvedendo a realizzare gli opportuni aumenti del capitale sociale richiesti per ottemperare ai requisiti imposti dall’esecutivo alla concessionaria.

L’indomani, Guglielmo Marconi, sposerà in seconde nozze la Contessa Maria Cristina Bozzi Scali dalla quale avrà la figlia Elettra.

Il 17 giugno 1924, quattro giorni dopo l’accordo iniziale di compromesso fra Radio Araldo e le due aziende concorrenti Radiofono e Sirac, il Governo aggiudica all’Unione Radiofonica Italiana (URI) la concessione dei servizi di audizioni circolari invitando Radio Araldo, Radiofono e Sirac a far pervenire al Ministero lo statuto della nuova Società.

Meno di un mese dopo, l’8 luglio 1924, l’ennesimo Decreto approvato dal Consiglio dei Ministri impone molte limitazioni alla libertà di stampa.

Due giorni dopo il 10 luglio 1924 un secondo Regio Decreto, modificando parzialmente quanto previsto in quello emanato pochi mesi prima, afferma il principio del monopolio radiofonico per assicurare la concessione in regime di esclusiva ad un’unica società.

Il Regio Decreto n. 1226 Approvazione del Regolamento per l’esecuzione del Regio Decreto 8 febbraio 1923 n. 1067 e successive modificazioni riflettenti le comunicazioni senza filo, stabilisce la riserva allo Stato delle radiodiffusioni circolari Il Regio Decreto, n. 1226, riaffermando che «l’impianto e l’esercizio di comunicazioni per mezzo di onde elettromagnetiche senza l’uso di fili sono riservati allo Stato, con facoltà del governo di accordarli in concessione».

Con questo Regio Decreto si definiscono anche i controlli del governo e viene istituita la censura: in particolare l’art. 25 prevede che “Le notizie di carattere circolare predisposte dal concessionario per la diramazione (ovvero la diffusione di notizie che non pervengano dall’agenzia Stefani designata dalla Presidenza del Consiglio) dovranno ottenere il visto preventivo dell’Autorità politica locale”.

La nascita dell’Unione Radiofonica Italiana (URI) senza l’ingresso nel capitale azionario di Radio Araldo

Lo stesso 10 luglio 1924 l’assemblea degli azionisti SIRAC delibera la partecipazione alla costituenda Unione Radiofonica Italiana e provvede agli opportuni aumenti del capitale. Il 14 luglio 1924 in una lettera ai partner Radio Araldo e Sirac, la Radiofono li invita ad accelerare i tempi per la costituzione dell’URI. Il termine per la costituzione viene fissato al 30 luglio 1924.

Il 28 luglio 1924, in un infuocato Consiglio di Amministrazione di Radio Araldo si arriva alla resa dei conti fra i Ranieri, forti ancora della maggioranza delle azioni, e il gruppo Pogliani forte dell’appoggio della Western Electric che accusa i Ranieri di malversazioni rassegnando le proprie dimissioni.

Luigi Ranieri, forte di una solida maggioranza azionaria, si autonomina presidente e sostituisce gli amministratori del gruppo Pogliani con quattro nuovo consiglieri: due di essi Carlo Cacace e Mauro Maurizi sono a lui legati da rapporti di amicizia e di affari. Il terzo Ciro Bonollo è vicino al gruppo Pogliani mentre il quarto Osvaldo Pardo è un agente di cambio legato alla Sirac e plausibilmente anche alla Western Electric italiana e secondo Gabriele Balbi

“potrebbe aver svolto un ruolo di traghettatore dell’azienda dei Ranieri verso l’esclusione dall’URI naturalmente per conto degli altri gruppi di interesse coinvolti nell’affare”.

Si arriva così in poche settimane alla resa dei conti con una soluzione di compromesso fra gli interessi del Gruppo Marconi, quelli della Western Electric e quelli della RCA che darà vita alla prima società di broadcasting italiana.  Il 30 luglio 1924. Radio Araldo, dopo il terremoto societario interno, è costretta a rinviare la riunione prevista con Sirac e Radiofono che avrebbe dovuto sancire la costituzione dell’Unione Radiofonica Italiana. I Ranieri non riusciranno a raccogliere il capitale necessario per partecipare nel capitale azionario dell’URI. Per parte sua la Western Electric, i cui interessi sono rappresentati in Italia dalla SIRAC, partecipa al vistoso aumento di capitale della società Radiofono, passato da 100 mila lire a 6 milioni di lire, e la conseguente nomina, all’interno del Consiglio di Amministrazione della stessa Radiofono, dell’Amministratore Delegato Carlo Chiapperon. Il 12 agosto 1924 a pochi giorni dall’uscita del Gruppo Pogliani dal Consiglio di Amministrazione di Radio Araldo, la Western Electric cita in giudizio Luigi Ranieri per l’insolvenza nel pagamento dell’antenna trasmittente fornita a Radio Araldo nel 1923 per iniziare a trasmettere, volendo a parere di Luigi Ranieri “rientrare in possesso della stazione Ranieri per venderla a migliori condizioni altrove o come sua partecipazione alla Radiofono”. Secondo Ranieri il gruppo Pogliani avrebbe funto da trait d’union fra gli interessi delle Western e quelli della Compagnia Marconi. Il 21 agosto 1924 la Radiofono di Marconi esercita pressioni su Luigi Ranieri fissando per il 28 agosto la “data improrogabile” per il versamento al governo di una cauzione di 300 mila lire (100 mila a testa per ciascuna società) “pena la revoca della promessa concessione”. Due giorni dopo, il 23 agosto 1924, Il Consiglio di Amministrazione di Radio Araldo decide di rinunciare all’ingresso nell’URI perché “era materialmente impossibile per la Radio Araldo disporre del capitale necessario alla sottoscrizione. Il 27 agosto – come ben ricostruito nel saggio di Gabriele Balbi La radio prima della radioLuigi Ranieri accetta l’offerta della Radiofono, rinunciando “a ogni diritto che gli spetti o potrebbe comunque spettargli … per la concessione da parte del Ministero competente dei servizi radio auditivi circolari, e per la partecipazione sia alla costituzione che agli eventuali aumenti di capitale della Società U.R.I. (Unione Radiofonica Italiana). In cambio, la Radiofono si impegna a mettere a disposizione dei Ranieri 300 azioni dell’URI dal valore di 150 mila lire quando quest’ultima avrebbe elevato il capitale societario a 6 milioni di lire”[19]

La ripartizione delle azioni in seno all’URI al momento della sua costituzione

Lo stesso 27 agosto 1924 viene infine costituita con sede in Roma la S.A. Unione Radiofonica Italiana (URI) con capitale sociale di 1 milione e 400 mila lire diviso in 2800 azioni da 500 lire l’una: ripartito tra la Radiofono, Società Anonima Italiana per le Radiocomunicazioni Circolari (del gruppo Marconi) che, dopo aver assorbito Radio Araldo diventa azionista di maggioranza versando 1 milione 160 mila lire pari al 82,9 per cento delle azioni,  e la Società Italiana Radio Audizioni Circolari – SIRAC azionista di minoranza versa 240 mila lire pari al rimanente 17,1 per cento.

Dei dodici consiglieri ben 9 appartengono alla Radiofono: il Presidente Enrico Marchesi (già direttore centrale Fiat), in rappresentanza della SARI e degli interessi della Fiat, il primo vicepresidente marchese Luigi Solari, braccio destro di Marconi cosi come Chiaffredo Paoletti consigliere della Sisert – Marconi. Per la FATME figurano Ugo Pellegrini e Giulio Aymone. Per le loro aziende rispettive Arturo Perego e Cesare Bacchini. Per la SITI Giorgio di Veroli e Carlo Chaperon legale rappresentante della Western Electric Company. La SIRAC disponeva dei rimanenti tre consiglieri il suo Presidente Antonio del Puglia, secondo vicepresidente, Leone Osiatinsky e Osvaldo Pardo, già nei consigli di Sirac e Radio Araldo e con solidi legami con Western Electric (e quindi con Radiofono). Il grande escluso è Luigi Ranieri.

Il Governo darà la concessione a questa società che si obbliga ad aumentare il capitale sociale a 6 milioni 200 mila lire, somma piuttosto ragguardevole per l’epoca.

Con il passare degli anni, lo Stato avrebbe poi acquisito porzioni sempre maggiori del capitale inizialmente investito dai privati, fino ad ottenere il pacchetto di maggioranza: a Giovanni Agnelli Presidente della Fiat che acquista una partecipazione azionaria nell’URI non sfugge il valore potenziale della radio.

Secondo Balbi, l’assenza nell’URI di Radio Araldo che attraverso l’Araldo telefonico e Radio Araldo aveva acquisito grande esperienza nella gestione artistica della programmazione peserà negativamente nei primi anni di esercizio sulla nuova società contribuendo “almeno inizialmente, a mantenere su livelli insoddisfacenti la programmazione radiofonica”[20].

A due anni di distanza dall’Inghilterra, seguendo il modello societario inglese della British Broadcasting Company, nasce così in Italia il 27 agosto 1924 dalla fusione tra la Radiofono (azionista di maggioranza con l’82,9 per cento delle azioni) e la SIRAC (17,1 per cento), la Società Anonima Unione Radiofonica Italiana (URI).

Poco più di un mese dopo, il 2 ottobre 1924, il ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano autorizza l’URI alla diffusione di notizie, in attesa di poter disporre della regolare concessione.

Quattro giorni dopo, il 6 ottobre 1924, dalla sua stazione di Roma l’URI avvia un servizio regolare quotidiano di trasmissioni radiofoniche

Come nel caso inglese, la spinta iniziale allo sviluppo della radio italiana proviene da due settori industriali: quello della produzione industriale degli apparecchi e quello della produzione e trasmissione dei programmi radiofonici.

Ma si riveleranno altresì rilevanti gli interventi di Guglielmo Marconi su Benito Mussolini per convincerlo dell’importanza della radio per la crescita del Paese e per sensibilizzarlo sugli interessi nazionali in gioco e la necessità di fronteggiare la concorrenza delle grandi compagnie francesi e tedesche”[21].

La prima Concessione per radiofonia all’Unione Radiofonica Italiana

Il Regio Decreto n. 1067 aveva stabilito l’8 febbraio 1923 che l’impianto e l’esercizio di telecomunicazioni per mezzo di onde elettromagnetiche senza l’uso di fili fossero riservati allo Stato, con facoltà del Governo di accordarli in concessione. Un anno dopo il secondo Regio Decreto n. 1226 aveva emanatp il 10 luglio 1924 il regolamento per la sua esecuzione.

Nel frattempo nell’aprile 1924 – come già ricordato – erano state unificate in un unico Ministero delle Comunicazioni le amministrazioni delle Ferrovie, delle Poste e Telegrafi, dei Telefoni e della Marina Mercantile.

In base ai due decreti l’Unione Radiofonica Italiana ottiene dallo Stato la concessione esclusiva delle trasmissioni, attraverso la Convenzione del 27 novembre 1924[22].

In virtù della Convenzione il neo Ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano accorda all’Unione Radiofonica Italiana di Guglielmo Marconi (con il quale intrattiene ottimi rapporti), la concessione esclusiva dei servizi di radioaudizioni circolari su tutto il territorio del Regno d’Italia per la durata di sei anni, rinnovabili per altri quattro.

L’URI si impegna a sua volta a fornire un certo numero di trasmissioni quotidiane e ad ampliare la rete di stazioni trasmittenti, impiantando in tempi brevi stazioni a Napoli, Milano, Palermo.

Alla fine del 1924, dopo tre mesi di vita, gli abbonati stimati sono circa 15 mila.

Il canone di abbonamento costa 75 lire.

Il 14 febbraio 1925 l’Assemblea degli azionisti URI delibera l’aumento del capitale sociale a 6 milioni 200 mila lire.

Ciò consente la partecipazione al pacchetto URI della Società Idroelettrica Piemonte (SIP).  Complessivamente i privati controllano il 55 per cento delle azioni anche se, nel tempo, cresce il peso della partecipazione pubblica

Le caratteristiche della radiofonia in Italia. Un sistema misto di finanziamento. La nascita della Sipra nel 1926

Emerge subito una differenza del modello di sviluppo italiano rispetto a quello inglese. In un caso come nell’altro gli attori all’origine dell’iniziativa sono privati. Come la BBC l’URI beneficia in Italia di una concessione in regime di monopolio.

Ma, contrariamente al governo inglese consapevole delle potenzialità del nuovo mezzo[23], nel corso dei primi anni – nonostante i ripetuti tentativi di sensibilizzazione operati dallo stesso Guglielmo Marconi sul Duce – lo Stato italiano – seppur progressivamente presente nel capitale sociale della concessionaria – appare poco interessato allo sviluppo della radiofonia nel Regno.

Nei primi anni la radiofonia rimane in Italia un fenomeno relativamente circoscritto a poche grandi aree: oltre a Roma – dove il 31 marzo 1926 viene inaugurata una nuova Stazione radiofonica più potente – e a Milano, entrano in funzione nuove stazioni radiofoniche a Napoli il 14 novembre 1926, a Bolzano il 12 luglio 1928, a Genova il 28 ottobre 1928 e infine a Torino l’11 febbraio 1929.

Ma per la maggioranza degli italiani la radio è “un oggetto misterioso”, venduto a un prezzo proibitivo (3 mila lire), pari a poco meno del loro reddito medio annuo[24].

A differenza della democrazia britannica, lo Stato italiano in questa prima fase non interviene direttamente considerando

“l’ascolto della radio in casa propria […] un’attività di consumo dispendiosa, limitata a un pubblico borghese”[25].

Il fascismo non percepisce dunque ancora le potenzialità del mezzo la cui crescita è lasciata alla libera iniziativa degli imprenditori, né si preoccupa dei possibili condizionamenti sui programmi radiofonici derivanti dal mondo degli affari.

La costituzione a Torino della Società italiana Pubblicità Radiofonica Anonima- Sipra

Mentre la radiofonia è finanziata negli Stati Uniti dagli inserzionisti e dagli sponsor privati e nel Regno Unito dagli abbonamenti e da un’imposta diretta sugli apparecchi venduti, in Italia emerge subito un sistema di finanziamento misto per cui le entrate provengono, oltre che dagli abbonamenti e dall’imposta sull’apparecchio, anche dalla pubblicità commerciale e dalle sponsorizzazioni e i concorsi a premi legati ai programmi trasmessi.

Nel 1926 si costituisce a Torino la concessionaria SIPRA Società italiana Pubblicità Radiofonica Anonima che ottiene subito la gestione della pubblicità dell’URI. Primo presidente è Arnoldo Mondadori.

Nell’ottobre 1926 comincia la pubblicità trasmessa attraverso la radio, con brevi comunicati durante gli intervalli tra i programmi.

I proventi della pubblicità devono concorrere a formare la parte attiva del bilancio della società.

La programmazione iniziale destinata a poche famiglie abbienti sino al 1927

Il disinteresse statale si riflette nella programmazione radiofonica sino al 1927: il 70 per cento delle trasmissioni è musicale, il 7 per cento per bambini e solo il 12 per cento è composto da notiziari.

Fino agli anni Trenta lo Stato non accelera la spinta per favorire il completamento della rete nazionale né sovvenziona le ditte produttrici di apparecchi.

Difatti l’ascolto si trova limitato a poche famiglie abbienti.

Nel 1927 gli abbonamenti sono solo 41 mila.

Quattro anni dopo nel 1931 saliranno a 241 mila, nel 1936 a 700 mila, nel 1938 sfioreranno il milione e nel 1943 1,8 milioni.

Il quadro europeo negli stessi anni presenta 14 milioni di abbonati nella Germania nazional-socialista e 9 milioni di abbonati nel Rgno Unito.

Le decisioni della Commissione Turati

Solo nel 1927 il regime fascista inizia a perpcepire l’importanza strategica del medium radiofonico. Una Commissione istituita il 27 gennaio 1927 dal Governo ribadisce “il principio della natura pubblica del servizio di radiodiffusione” e chiede “l’introduzione di una tassa generale in favore della radiofonia”.

La Commissione presieduta dal segretario del Partito Nazionale Fascista Augusto Turati nelle sue conclusioni invita il Governo a costituire un Comitato Superiore di Vigilanza e formula un piano di potenziamento degli impianti trasmittenti

Seguendo le indicazioni della Commissione Turati, sedi mesi dopo viene approvato il 17 novembre 1927 un Regio Decreto n. 2207[26] contenente tre importanti decisioni:

  • la trasformazione dall’Unione Radiofonica Italiana nella Società Anonima Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR) con sede legale a Roma;
  • il rilascio di una nuova concessione con maggiori vincoli nei confronti della pubblica amministrazione;
  • l’istituzione presso il Ministero delle Comunicazioni di un Comitato superiore di vigilanza sulle radiodiffusioni.

In virtù di una nuova Convenzione firmata il 15 dicembre 1927[27], il Ministero delle Comunicazioni accorda all’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche la concessione in esclusiva – valida per 25 anni fino al 15 dicembre 1952 – del servizio di radioaudizioni circolari in Italia.

La convenzione regola i rapporti tra il nuovo ente e l’amministrazione e assicura un piano di potenziamento delle stazioni trasmittenti. Viene altresì stabilito l’obbligo di sottoporre il piano annuale delle trasmissioni al Ministero delle Comunicazioni.

Conclusasi la fase di avvio della radiofonia in Italia con l’URI, l’EIAR inaugura una seconda fase di questa prima stagione della radio in Italia.


[1]Sulla nascita della prima BBC, le ragioni della decisione del Parlamento britannico di creare sul modello delle Royal Commission, un Comitato sulla radiodiffusione, che a sua volta decide di trasformarla in una Corporation pubblica, si veda il saggio da me commissionato ad un giovane studioso per lanciare la nuova collana Zone a cura dell’Ufficio Studi della Direzione Marketing della Rai. Cf. Matthew Hibberd, Il Grande viaggio della BBC. Storia del servizio pubblico britannico dagli anni venti alla rivoluzone digitale, Roma, Rai ERI, 2006, 424 p.

[2] “80 anni di radio e 50 anni di televisione di servizio pubblico in Italia”, Annuario 2004, Roma, Rai Eri, 2005, 45 p.

[3] Gabriele Balbi, “Dalla nascita del telefono a quella della radio in Italia. Le gestioni contraddittorie del governo Regio prebellico e la svolta impressa agli inizi del fascismo”, alle pp. 1209-1211 di questo fascicolo.

[4] Da qui vedrà la luce dieci mesi dopo, il 15 settembre 1923, la Società Radiofono che rileva la domanda della SISERT e ottiene credito politico presso gli ambienti fascisti, ma rimane oggetto delle diffidenze anglofobiche di Colonna di Cesarò nei confronti del gruppo Marconi.

[5] “Il quadro legislativo – osserva Renato Nunziata – inizia ad essere definito e il Governo apre – sulla spinta di esperienze vissute in altri Paesi – allo sviluppo delle radioaudizioni circolari che si pensa essere prossimo anche in Italia”.

[6] Il fascismo attua la privatizzazione del servizio telefonico urbano in onore alla linea cosiddetta manchesteriana, ossia liberista, alla quale lo stesso Mussolini asserisce di voler improntare la politica economica del neonato governo fascista, dalla quale peraltro derogherà non appena calcoli e convenienze politiche gli suggeriranno di fare altrimenti, come dimostra la prosecuzione della politica dei salvataggi bancari e industriali (vedi le vicende del Banco di Roma e dell’ILVA) che contraddistingue la politica economica italiana nei primi anni del dopoguerra

[7] Il 14 giugno 1925, prima ancora che si realizzi a partire dal 1° luglio 1925 lo spezzatino telefonico fra cinque compagnie regionali dedicate alla gestione delle linee locali, lo Stato rafforza la sua azione sulle telecomunicazioni. Per la cosiddetta sesta zona, la rete telefonica interurbana considerata poco remunerativa e la rete internazionale, si decide con Regio Decreto Legislativo la costituzione dell’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (ASST). Alla nuova azienda statale, dipendente dal Ministero delle Comunicazioni, sono attribuiti anche compiti di sorveglianza e di controllo sull’attività delle cinque concessionarie di zona. All’ASST, azienda di Stato, è altresì riservata la gestione delle principali linee interurbane.

[8] Ossia Venezia Euganea (l’attuale Veneto), Venezia Tridentina (l’attuale Trentino-Alto Aige) e Venezia Giulia, comprendente anche il Friuli.

[9]Viene promulgato il 27 febbraio 1923 un Regio Decreto sulla Ordenación Legal de la Radiodifusión Española che definisce la radio un “servizio pubblico sfruttato direttamente dalla Pubblica Amministrazione o mediante concessione attribuita a soggetti privati (particulares). Nel mese di settembre 1923 nasce Radio Ibérica dalla fusione fra la Companñía Iberica de Telecomunicaciones e la Sociedad de Radiotelefonía Española. L’emittente avvia le sue prime trasmissioni a Madrid con programmi culturali e musicali ma anche i primi annunci pubblicitari.  Radio Ibérica è la prima a trasmettere programmi radiofonici con una certa regolarità, anche se rimane ancora priva della licenza che otterrà successivamente con il codice EAJ-6. dell’epoca. Contemporaneamente vengono avviate le prime radio private sostenute dalle principali aziende elettriche e di telecomunicazione tra cui Radio IbericaNel giugno 1924 in Spagna Miguel Primo de Rivera assegna le prime licenze a gruppi privati per l’attività di radiodiffusione “senza concedere il servizio in regime di monopolio”. Ad ogni emittente assegna un indicativo di chiamata EAJ che inizialmente serve affinché l’emittente possa essere identificata sullo spettro radioelettrico. Ne riparliamo più avanti.

[10] Con un decreto del 24 novembre 1923 la radiofonia francese, esercitata da varie società private, viene considerata un monopolio di Stato che raggruppa le varie società private in un unico ente. Prevede un regime in deroga per le radio private che possono chiedere un’autorizzazione a trasmettere al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. Questo decreto riguarda anche telegrafia e telefonia. Prevede la costituzione di una commissione per esaminare le autorizzazioni accordate alle stazioni private. Con un parere favorevole della commissione si può procedere ad una convenzione fra le PTT e l’organismo interessato, obbligato a rispettare un Cahier des charges. La Convenzione è provvisoria e revocabile. Altri regimi autorizzatori possono essere accordati ai radioamatori o a società che vogliono procedere a test tecnici per motivi scientifici. Quest’ultimo caso si applica per i costruttori di trasmettitori, ma alcune stazioni di radiodiffusione si costituiranno in base a questa semplice autorizzazione. Si veda anche qui più avanti.

[11] Gabriele Balbi, La radio prima della radio. L’Araldo Telefonico e l’invenzione del broadcasting in Italia, Introduzione di Peppino Ortoleva, Milano, Bulzoni, 2010, 240 p.

[12] “Per quanto la Commissione raccolga elementi di riflessione da esponenti di diversi schieramenti (Conservatori, Laburisti e Liberali), le conclusioni di Sykes – osserva Matthew Hibberd nel già citato saggio Il Grande viaggio della BBC -ricalcano da vicino la concezione reithiana della missione del servizio pubblico di radiodiffusione. Una delle conclusioni fondamentali del suo lavoro è la raccomandazione che la posizione di monopolio della BBC sia mantenuta e che la licenza di radiodiffusione sia prorogata per altri due anni, fino alla fine del 1926. Inoltre, la Commissione raccomanda il passaggio del settore dal controllo privato a quello pubblico, sostenendo che “ Le potenzialità politiche e sociali della radiodiffusione sono pari alle grandi conquiste della nostra generazione. Per questo motivo, riteniamo che il controllo di un simile strumento di potenziale influenza dell’opinione pubblica e della vita della nazione debba rimanere nelle mani dello Stato, così come riteniamo che alla gestione del servizio nazionale di radiodiffusione non debba essere consentito di divenire un monopolio commerciale scevro da vincoli”. Ma il governo rinvia la decisione su questo punto. La Commissione Sykes raccomanda altresì che la radiodiffusione continui a essere finanziata con i proventi del canone e, anzi, chiede che venga aumentata la quota destinata alla BBC, così che le nuove entrate possano essere impiegate per ampliare la rete di trasmissione e per produrre nuovi programmi.

[13] In realtà tale società non vedrà mai la luce, con strascichi giudiziari e richiesta di restituzione di una caparra anticipata ai Ranieri da De Gennaro di 50 mila lire.

[14] Nata con lo scopo è di superare le perplessità del Governo sul conferimento della concessione, la Rediofono rileva la domanda di concessione presentata dalla Compagnia Marconi alla fine del 1922. Il 15 settembre 1923 con la speranza o, meglio, la segreta convinzione che i rapporti di forza politica ed economica possano cambiare, in concorrenza con Italo Radio, Marconi dà vita insieme ad altri personaggi del settore dell’industria radioelettrica alla società Radiofono con un capitale sociale iniziale esiguo di 100 mila lire, ma aumentabile a sei milioni in previsione della futura concessione governativa con lo scopo generale di impiantare e gestire in Italia e nelle Colonie Italiane ed eventualmente nei paesi esteri di influenza economica e politica italiana radioapparecchi trasmittenti e riceventi per la radiodiffusione, per radiotelegrafia e radiotelefonia di notizie economiche, politiche, sportive, letterarie educative, nonché concerti, letture, discorsi, bollettini meteorologici, trattenimenti teatrali e qualsiasi altra cosa che possa interessare il pubblico o particolare aziende od enti. L’Art. 4 ricorda che la società la lo scopo “di porre in commercio (…) radioapparati riceventi, per raccogliere le notizie sopra specificate emesse dalle stazioni di cui al comma a) acquistando gli apparecchi stessi dal gruppo dei costruttori italiani aderenti alla presente Società. 

[15] La prima ricostruzione dell’ex dirigente Rai poi docente all’Università di Roma III risale alla metà degli anni Settanta. Franco Monteleone, La radio italiana nel periodo fascista. Studio e documenti, 1922-1945, Venezia, Marsilio, 1976, 394 p.

[16] Luigi Solari, Storia della Radio, Milano, Treves, 1939, XX-446 p. [si veda al riguardo p. 366]

[17] Ovvero alla radiodiffusione circolare (traduzione italiana corretta del termine inglese broadcasting) attraverso onde radio elettromagnetiche attraverso una stazione trasmittente di segnali sonori che offrono programmi radiofonici ricevibili attraverso appositi ricevitori, le radio, in ambito familiare domestico, ma anche in luoghi collettivi, non solo per fini dimostrativi (negozi, fiere. mostre, convegni, …).

[18] Contemporaneamente in seno a Radio Araldo i Ranieri cedono al Gruppo Pogliani 4150 azioni mantenendo il possesso di 5650 di cui però 2000 delle quali rimangono trattenute nelle mani dell’avvocato del Giudice come garanzia per il pagamento della stazione della General Electric. In cambio nelle intenzioni Luigi Ranieri avrebbe rappresentato Radio Araldo nel cda della nuova società URI

[19] Gabriele Balbi, La radio prima della radio. L’Araldo Telefonico e l’invenzione del broadcasting in Italia, Introduzione di Peppino Ortoleva, Milano, Bulzoni, 2010, 240 p. si veda la ricostruzione al riguardo alle pp. 158-159.

[20] Gabriele Balbi, La radio prima della radio…, op. cit. alla nota precdente, p. 171.

[21] Cf. “Politici e imprenditori nel mercato dei suoni” inFranco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia. Un secolo di suoni e immagini, Venezia, Marsilio, 1992, pp. 7-17.

[22] La Convenzione sottoscritta fra l’Unione Radiofonica Italiana e lo Stato verrà poi approvata con il Regio Decreto n. 2191 del 14 dicembre 1924.  Come sottolineato da Monteleone, essa segnerà di fatto l’inizio del regime di monopolio consentendo ad una sola società l’esercizio delle radioaudizioni circolari (op. cit alla nota precedente, p. 23).

[23] Sin dall’inizio gli azionisti della BBC produttori di attrezzature e apparecchi (Marconi, Western Electric, British Thompson Houston), consentono al Governo di prendersi la responsabilità della fornitura dei programmi. In base al Rapporto del suo DG John Reith, Broadcast over Britain del 1924 da Company privata la BBC si trasforma in una Corporation pubblica, completamente finanziata dagli introiti degli abbonamenti e da un’imposta diretta sugli apparecchi venduti. Secondo John Reith un organismo di trasmissione statale deve essere un’entità totalmente pubblica ma politicamente indipendente dallo Stato e la radiodiffusione non deve sottostare ad una pressione commerciale diretta.

[24] Franco Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia ,op. cit alla nota 20, p. 31.

[25] francesca anania, Breve storia della radio e della televisione in Italia, Roma, Carrocci, 2004, 152 p. [vedi p. 17].

[26] Il Regio Decreto verrà poi convertito nella Legge n. 1350 del 17 maggio1928.

[27] La Convenzione è approvata con il Regio Decreto n. 2526 del 29 dicembre 1927