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Democrazia Futura. La disunione militare europea

di Pier Virgilio Dastoli, presidente Movimento Europeo Italia |

Le gravi contraddizioni all’interno della «locomotiva» franco-tedesca nelle riflessioni di Pier Virgilio Dastoli.

Pier Virgilio Dastoli

A quasi un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina, in un articolo per Democrazia futura Pier Virgilio Dastoli denuncia la persistente “Disunione militare europea” evidenziando in materia di difesa le gravi contraddizioni in particolare fra la politica della Francia e quella della Germania, ovvero all’interno di quella che dovrebbe essere la locomotiva del processo di costruzione politica dell’Europa.

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« Armée:un budget pour temps de guerre ». Così ha intitolato Le Monde il 22 gennaio la presentazione che Emmanuel Macron ha fatto del progetto di “Legge sulla programmazione militare” (LPM) per il periodo 2024-2030 con un ammontare totale di 413 miliardi di euro che dovrebbe essere simbolicamente adottato dalla Assemblea nazionale il 14 luglio 2023.

La priorità del nuovo modello della difesa francese dovrebbe essere data alla dissuasione e in particolare alla deterrenza nucleare ispirandosi alla decisione del generale Charles De Gaulle nel 1960 di dotare la Francia dell’arma nucleare, alla intelligence e infine al cyber e cioè alla capacità della Francia di dotarsi di mezzi e risorse adeguate pe la cybersicurezza.

Vale la pena di sottolineare che, di fronte alla riduzione della presenza della Francia in Africa e nei territori d’Oltremare, la nuova Legge insiste sulla necessità di investire nella regione dell’Indopacifico dove si teme un intervento più massiccio della Cina e dove la Francia potrebbe essere chiamata a difendere da sola i suoi interessi nazionali strategici pensando o illudendosi di mettersi alla testa di una coalizione internazionale al di fuori della Alleanza Atlantica.

Nello stesso numero di Le Monde, il ministro della difesa francese Sébastien Lecornu declina con maggiore precisione le scelte strategiche della Francia sottolineando che il nuovo bilancio militare deve permettere a Parigi di “restare una potenza mondiale al servizio di una strategia per garantire la protezione del paese”.

In questo quadro si inserisce la dissuasione nucleare (“noi siamo una potenza di cui gli interessi vitali sono protetti dalla dissuasione nucleare”) per preparare la terza generazione marina (i sottomarini) e terra-aria (i missili) al fine di garantite alla Francia di rimanere nel gruppo di testa delle tre maggiori potenze nucleari nel mondo con Stati Uniti e Cina.

Insieme alla dissuasione nucleare lo sforzo della Francia sarà legato alla risposta alle nuove sfide: il cyber, il settore spaziale, i servizi di intelligence, la difesa terra-aria e i nuovi droni con particolare riferimento al rafforzamento delle “capacità sovrane contro gli attacchi cibernetici” accelerando la digitalizzazione delle forze armate francesi e fondandosi sul principio di “acquistare francese come garanzia della sovranità della Francia”.

La decisione francese arriva alla vigilia delle celebrazioni (o della commemorazione) del Trattato dell’Eliseo ed a un anno dall’annuncio del cancelliere Olaf Scholz di un investimento una tantum di 100 miliardi di Euro “per modernizzare la Bundeswehr” con un approccio che ignorava totalmente l’obiettivo di una maggiore integrazione europea nella difesa e metteva solo l’accento sulla solidarietà atlantica come risposta alla aggressione della Russia contro l’Ucraina.

Guardando i dati diffusi sia dall’’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI) che dall’Istituto Internazionale per gli Studi Strategici (IISS) di Londra appare con chiarezza che quell’aggressione ha spinto quasi tutti i governi europei ad aumentare le spese militari a cominciare dai paesi Baltici e dell’Europa centrale puntando al tetto del 2 per cento del PIL nazionale a cui si aggiungono le decisioni di maggiori investimenti militari dagli Stati della “vecchia Europa”.

Tutto ciò sta avvenendo al di fuori ed anzi in contrasto col l’obiettivo di una difesa comune europea “come parte integrante della politica estera e della sicurezza” o almeno di un embrione di cooperazione europea nel settore degli acquisti di materiali, delle materie rare, dell’accesso al digitale, di una comune intelligence e del ruolo della transizione energetica nel settore della difesa rendendo praticamente senza alcun effetto operativo la cosiddetta “bussola strategica” adottata frettolosamente nella primavera 2022 al solo scopo di nascondere la disunione europea nello sconvolgimento geopolitico provocato dalla guerra in Ucraina.

Tutto ciò spiega e in qualche modo giustifica la “dichiarazione comune” firmata a Bruxelles il 10 gennaio 2023 da Jens Stoltenberg, Charles Michel e Ursula von der Leyen sulla (virtuale) cooperazione fra la NATO e l’Unione europea che conferma l’evidenza secondo cui “la NATO resta il fondamento della difesa collettiva dei suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza Euro-Atlantica”.

Ha scritto The Economist:

“A common defense: not until Europeans have a European government”[1]

aggiungendo però:

European defense needs Britains. Without the world’s third largest defense spender in 2022 fully engaged European defense would be no defense at all”[2].


[1]Una difesa comune: non prima che gli europei abbiano un governo europeo”.

[2] “La difesa europea ha bisogno degli inglesi. Senza il terzo più grande investitore di difesa al mondo nel 2022, una difesa europea pienamente impegnata non sarebbe affatto difesa”.