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Democrazia Futura. I numeri verranno, ma intanto si annunciano i compiti tra Stato e territori in materia di ‘brand Italia’

di Stefano Rolando, direttore scientifico dell’Osservatorio sulla comunicazione pubblica e il public branding dell’Università IULM di Milano. Condirettore di Democrazia futura |

Un commento all’intervista a Daniela Santanchè sul piano del turismo 2023-2027

Stefano Rolando

Stefano Rolando, nella sua veste di Direttore scientifico dell’Osservatorio sulla comunicazione pubblica e il public branding dell’Università IULM di Milano, commenta per Democrazia futura l’intervista rilasciata sul quotidiano di Confindustria a Maria Latella dal ministro Daniela Santanché sul piano quadriennale per il turismo italiano (2023-2027). “I numeri verranno, ma intanto si annunciano a Il Sole 24 Ore i compiti tra Stato e territori in materia di ‘brand Italia’ “.

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In un periodo dominato da incertezze previsionali e da un quadro di prospettive di investimenti (appunto con riserve che circondano ancora il PNRR) in cui sono gli aspetti infrastrutturali a dominare le “notizie” e in generale la discussione, arriva con opportuna controtendenza la notizia del cantiere di un piano quadriennale per il turismo italiano (2023-2027) che – alla fine – è sintesi di materialità e immaterialità nell’economia, ma che mette in campo il fattore più simbolico e meno studiato negli ultimi anni, che è il ‘brand Italia’.

La notizia viene da una pagina-intervista al ministro del settore, Daniela Santanchè, realizzata da Maria Latella[1]. Una giornalista di qualche peso, per avere scalfito i due principi di ritrosia personale che la stessa ministra Santanchè annuncia a chiosa finale del dialogo: avere deciso di passare dal codice abitualmente cromatico dell’abbigliamento al grigio ministeriale (e su questo la giornalista non ha influenza, ovviamente) e avere rifiutato tutte le apparizioni televisive sollecitate (mentre su questo la proposta di un intervento sul giornale dell’economia italiana ha fatto evidentemente presa).

È un annuncio ancora non declinato con numeri. Ma su qualche numero previsionale che l’avvio del 2023 ha messo in campo la ministra si appoggia per avere una cornice di ottimismo. Per esempio, la previsione di Demoskopika che punta al +12 per cento di presenze rispetto al 2022. Anno su cui già la rendicontazione di Istat è al tempo stesso elemento incoraggiante ma è anche segnalazione di problemi aperti rispetto al periodo pre-pandemico.

L’eredità del 2022

338 milioni di presenze nel 2022 (174 presenze italiane, 164 presenze straniere), dunque 39 milioni in meno rispetto al 2019. Così a fine 2022 le presenze nel sistema alberghiero segnalavano equilibrio nell’ambito extra-alberghiero, ma con 35 milioni di presenze in meno nell’ambito alberghiero.

Poi – sempre in rapporto al 2019 – calo del 6,7 per cento degli italiani e del 13,8 per cento degli stranieri. Nel trimestre estivo il calo (italiani e stranieri insieme) si riduceva un po’, al 4,7 per cento. E poi – sempre la nota Istat di fine anno – l’evidenza del dato ancora allarmante di 88 mila posti di lavoro nel settore che mancavano all’appello rispetto a prima della pandemia.

Giustamente è il peso ancora di questa situazione, in rialzo ma con la necessità di programmare in modo articolato almeno sul medio periodo, a spingere per il ritorno della necessità progettuale (laddove ogni uscita dal presentismo, in verità va salutata come un cambiamento necessario).

E l’intervista – ancora tutta su aspetti preliminari – non si esprime sulle “quantità” ma secondo voci di riorganizzazione qualitativa. In cui al centro stanno tre fattori di ridisegno principale: il mare per le infrastrutture, il digitale per il turismo organizzato, le fiere – dice testualmente Santanchè – “per l’espansione internazionale del ‘brand Italia’”. E così anche questa espressione, nata negli anni Ottanta, fin qui accompagnata piuttosto alle sorti del made in Italy, trova una declinazione turistica che è ovviamente naturale. E che tuttavia si apre a qualche considerazione e qualche perplessità.

Il cuore del progetto: il ‘brand Italia’

Lo stesso quotidiano economico finanziario fa proprio l’occhiello attorno alla dichiarazione della ministra al riguardo:

Dobbiamo puntare sul ‘brand Italia’ nella comunicazione internazionale e lasciare la narrazione dei singoli territori al viaggiatore italiano che vuole scoprirli”.

Sembrerebbe l’organizzazione di una narrativa separata. Lo Stato a promuovere, con la sua idea simbolica e attrattiva dell’Italia, i flussi internazionali; regioni, territori e città a promuovere – ciascuno disegnando specificità identitarie e di proposta – per mobilitare la voglia di scoperta dello stesso turismo italiano che la pandemia ha un po’ ripiegato alle destinazioni interne in una dimensione che andrebbe consolidata.

Vengono spontanee alcune domande.

  • Come si intende impostare la preparazione condivisa sui profili di un ‘brand Italia’ che – vale per qualunque paese al mondo, ma per l’Italia milenariamente frammentata con forti specificità locali, vale ancora di più – ha un carattere di chiamata turistica in cui Italia è espressione astratta e città e territori espressione concreta?
  • Come si intendono costruire narrative in cui la cornice condivisa (promessa di qualità generali e di potenziale mobilità interna) affianca realmente l’offerta dei territori (fatta di forte credibilità testimoniale e noto mosaico delle diversità)?
  • Perché trascurare il filo-diretto tra le città e i territori italiani con la mobilità internazionale, in una sorta di impossibile divisione comunicativa tra mercato interno e mercato estero, tenuto conto che alcuni brand urbani sono quasi più forti, nel mondo, dello stesso ‘brand Italia’?

Appena si potesse ragionare sul modo con cui si sgranano gli obiettivi qualitativi anno per anno – percorsi, investimenti e obiettivi – altrettante e più questioni si affaccerebbero.

Tuttavia, già il primo annuncio di un piano mette in naturale movimento il tavolo del dialogo tra Stato, Regioni, Città e Territori (questi ultimi forti sostanzialmente di qualità ambientali in cui brillano ormai riconoscimenti global, si pensi alle Dolomiti, piuttosto che alle Eolie e altri).

Una relazione che tiene ovviamente conto dell’assetto costituzionale delle competenze (con assoluta centralità regionale) ma soprattutto del forte ruolo che le città, soprattutto quelle con memoria storica e forte patrimonio culturale, che hanno acquisito nel tempo, diventando in molti contesti nel mondo il soggetto di più forte traino di tutto l’incoming turistico.

Il puzzle del moderno racconto italiano, meravigliosamente ma anche difficilmente sintesi di affascinanti differenze, non può essere ricondotto ad un modello settecentesco di Grand Tour fatto di poche stelle (tanto per dirne una, Milano non ne faceva parte) che brillano nel buio della ruralità diffusa. In più il quesito sulle coerenze di governo si aggiunge, tra l’idea di varare un’immagine “governativa” dell’Italia e il piano Calderoli che punta a regionalizzare l’istruzione.

La matrice delle competenze difficilmente separabili

La triangolazione delle principali competenze ministeriali sulla materia merita ancora una riflessione. ‘Brand Italia’ ha, come si è appena detto, una forte declinazione di integrazione tra i soggetti istituzionali interni al sistema. E questo è il primo dei due aspetti “a matrice” di cui deve conto qualunque piano. Ma il secondo aspetto “a matrice” riguarda le connessioni con l’enogastronomia (Ministero Agricoltura) e con l’immagine del prodotto industriale (Ministero sviluppo Economico). Che insieme al Turismo hanno un presidio politico tutto riferito al partito della presidente del Consiglio, Fratelli d’Italia. Un partito che ha a cuore il ridisegno dell’italianità, intesa come aggiornamento della narrazione del patrimonio simbolico immateriale che “la nazione” ha espresso legittimamente nel corso della sua unità. Istruzione, Cultura, Autonomie regionali, Sport, Ambiente, rappresentano il secondo circuito di competenze dialoganti per dare senso pieno ai contenuti di una narrazione identitaria in cui l’articolazione territoriale dell’Italia è parte strategica.

Con questi brevi cenni intendo solo segnalare la delicatezza del trattamento della materia, da cui non si esce imponendo un ‘brand Italia’ per il turismo che non tenga conto della matrice complessa appena accennata. E senza questa accortezza – come dimostrano infinite esperienze del passato e non pochi fallimenti comunicativi soprattutto condotti senza il coraggio di affrontare questi confronti – le reazioni prima ancora che tra maggioranza e opposizione nascerebbero dai soggetti istituzionali che, pur con tutte le loro difficoltà, hanno imparato a volte a contare in politica più dei partiti stessi.


[1] “’Il piano del turismo dell’Italia farà leva su mare, digitale e fiere’ – Intervista di Maria Latella a Daniela Santanchè”, Il Sole 24 ore, 5 marzo 2023. Cf. https://www.ministeroturismo.gov.it/wp-content/uploads/2023/03/Intervista-sole-.pdf..