Data retention: la bocciatura della Corte Ue occasione (da non perdere) per allineare telco e OTT

di Alessandra Talarico |

Nella Ue gli OTT non sono considerati ‘fornitori di comunicazioni elettroniche’. L’obbligo di conservare i dati è stato quindi applicato solo alle telco e non a servizi come Skype o Whatsapp e simili, porto franco per le comunicazioni illecite.

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Data retention

La sentenza con cui la Corte di Giustizia Ue ha invalidato la Direttiva europea del 2005 sulla conservazione dei dati telefonici, ritenendola una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini, può essere considerata un’opportunità per ripensare le norme europee in materia di Data Retention. Il nuovo testo che la Commissione dovrà elaborare ex-novo dovrà rafforzare le tutele contro la schedatura di massa – soprattutto alla luce delle gravi violazioni venute a galla con lo scoppio del Datagate. Sarà anche l’occasione per includere i servizi come Skype e Whatsapp sotto le regole delle comunicazioni elettroniche, che per ora vengono applicate soltanto agli operatori tlc.

 

La direttiva europea è stata adottata in 26 paesi europei, solo Germania e Belgio non l’hanno recepita. Va chiarito che  la sentenza della Corte Ue non va a impattare sulle leggi nazionali – che restano valide – ma potrà in effetti esporre gli Stati al rischio di ricorsi.

 

A livello europeo, tuttavia, la Commissione dovrà ora modificare o abolire la direttiva e presentarne una ex-novo: un processo che richiederà l’approvazione del nuovo Parlamento – che sarà esecutivo dal prossimo novembre – e degli Stati membri e che potrebbe durare anche molti anni.

 

La decisione della Corte Ue – che evidenzia, in particolare, la durata eccessiva della conservazione dei dati e la mancanza di tutele adeguate contro eventuali abusi – è stata comunque accolta con soddisfazione dalla Commissione, anche dallo stesso Commissario Viviane Reding che aveva  firmato un testo preparato, forse, troppo in fretta, sulla scia degli attentati terroristici di Londra e Madrid.

 

Secondo l’analista Ovum Luca Schiavoni, la Commissione e il Parlamento avrebbero dovuto giocare d’anticipo, includendo una revisione della direttiva sul Data Retention nella riforma in corso delle regole sulla protezione dei dati. Anche se questo non è stato fatto, bisognerebbe ora cogliere l’opportunità data dalla sentenza della Corte per “per rafforzare gli standard sulla protezione dei dati e per contrastare la sorveglianza di massa”. Un tema, quest’ultimo, che dopo il Datagate è diventato una delle preoccupazioni principali dei legislatori, delle aziende e dei consumatori.

 

Anche le telco hanno di che essere soddisfatte, visto che l’obbligo di conservare i dati telefonici implica costi notevoli che non sono rimborsati e sono particolarmente onerosi soprattutto per gli operatori più piccoli.

Dal momento poi che la nella Ue la definizione di “fornitore di comunicazioni elettroniche” esclude gli OTT, la direttiva è stata finora applicata solo agli operatori di rete e non a servizi come Skype, Facebook, Whatsapp e simili, che sono diventati il porto franco per le comunicazioni illecite.

Questo aspetto, sottolinea Schiavone, “dovrebbe essere affrontato e l’annullamento dell’attuale direttiva fornisce un’opportunità per ripensare la legislazione in questo senso”.

 

L’importante è che, insomma, si colga l’occasione per mettere a punto norme coerenti e non sproporzionate come quelle annullate dalla sentenza, nel rispetto della vita privata dei cittadini ma senza togliere agli inquirenti uno strumento che in molte indagini si è rivelato essenziale e risolutivo.