Parigi spinge il Bitcoin sul tavolo dell’Ue

di Paolo Anastasio |

Pierre Moscovici, ministro francese dell’Economia e delle Finanze, chiede all’Ue di lanciare una consultazione pubblica sulla regolazione del Bitcoin e di inserire il tema della moneta virtuale nel dibattito dell’Ecofin.

Unione Europea


Bicoin

Il Bitcoin entra nell’agenda della Ue. La moneta virtuale, che consente pagamenti digitali peer-to-peer fra utenti della Rete, è fonte di dibattito a livello internazionale e il ministro dell’Economia e delle Finanze Pierre Moscovici ha chiesto agli Stati membri dell’Ue di lanciare una consultazione sulla regolazione della moneta virtuale. “Questo è un argomento topico che deve essere affrontato non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo. Per giungere al necessario grado di convergenza, chiederò agli altri stati membri di inserire il Bitcoin nell’agenda del Consiglio dell’Ecofin”, ha detto Moscovici al sito di Euractiv.

 

Intanto, in Francia un gruppo interministeriali lavora da un anno sul tema Bitcoin, il report finale sarà presentato a Moscovici il mese prossimo, con tanto di raccomandazioni finali. Il report finale sarà la base della proposta francese agli stati membri in sede Ue.

 

In Francia c’è forte scetticismo nei confronti del Bitcoin, lo stesso vale ad esempio anche nel Regno Unito. Nel Regno Unito, il fisco ha chiesto (invano) se il Bitcoin sia soggetto a Iva.

 

Le autorità francesi hanno recentemente deciso di regolare gli scambi di bitcoin i euro, l’unica valuta “legale” del paese. Gli scambi di valuta virtuale in valuta reale “è responsabilità esclusiva dei fornitori di servizi di pagamento”, ha stabilito il legislatore.

 

Le piattaforme online che offrono questo tipo di operazioni dovranno d’ora in poi essere approvate da un fornitore di servizi di pagamento riconosciuto dall’autorità nazionale ACPR.

 

C’è da dire, però, che la mano del regolatore non può andare troppo lontano, perché il Bitcoin non è una valuta corrente emessa da una banca centrale. Non è nemmeno un servizio di pagamento. Di fatto, il Bitcoin non è nemmeno menzionato nella normativa europea in materia di servizi di pagamento, attualmente sotto revisione.

 

La stessa banca centrale di Francia riconosce questo vuoto normativo: “Il Bitcoin non è una valuta corrente e non è nemmeno uno strumento di pagamento. Come tutte le altre monete virtuali, il Bitcoin non rientra nello spettro do controllo delle autorità di supervisione e controllo delle autorità bancarie”. Sulla stessa linea sono le considerazioni della Banca Centrale Europea, secondo cui “le monete virtuali spesso non sono legate ad una zona geografica data e nemmeno ad una valuta precisa, il che complica ulteriormente la loro regolamentazione”.

 

Per la Banca di Francia, il bitcoin rappresenta un rischio. La pensano così anche in altri paesi, come la Russia e la Cina.

A dicembre, la banca nazionale cinese ha annullato la validità dei Bitcoin, emettendo una nota cautelare contro i rischi della moneta e vietandone l’uso da parte degli istituti finanziari perché per sua natura “il bitcoin non è una moneta e per questo non deve circolare in quanto tale sul mercato”.

 

Contrariamente a quanto avviene a Pechino, il Brasile ha sposato in pieno il concetto di valuta elettronica. C’è da dire però che la maggior parte dei paesi presi in esame ha deciso di non definire i bitcoin, riaffermando il concetto di corso legale, nel quale la microvaluta non rientra.

 

Anche l’Italia è in attesa di una regolamentazione del Bitcoin, promossa in Italia dal deputato Sergio Boccadutri, promotore della proposta di legge per la promozione dei pagamenti elettronici