Antitrust: domani la deposizione di Eric Schmidt. Google ha speso 3,5 mln di dollari per fare lobbying sui parlamentari USA

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Intanto il Commissario Ue Joaquin Almunia parla di indagine complicata: ‘Avere il predominio non è uguale ad abusare di tale predominio’.

Stati Uniti


Google

Per evitare la procedura antitrust, Google avrebbe fatto opera di lobbying negli Stati Uniti.

Secondo il Wall Street Journal, la società si sarebbe rivolta ad almeno 25 agenzie specializzate nella comunicazione.

Da diversi mesi questi esperti si sono attivati per convincere i parlamentari americani che Google non opera in situazione di monopolio sul mercato della ricerca online.

Solo nel primo semestre, la compagnia ha investito 3,5 milioni di dollari per questa strategia di ‘pressione’, quasi quanto aveva speso durante tutto il 2009.

Da diversi mesi, le indiscrezioni indicano che la Federal Trade Commission sarebbe sul punto di aprire un’indagine antitrust su Google. Secondo alcuni osservatori, una tale procedura potrebbe portare allo smantellamento della società negli Stati Uniti.

 

Google, dalla sua, starebbe cercando di rendere meno rischiosa l’audizione dell’ex CEO Eric Schmidt alla Commissione Giustizia del Senato prevista per domani 21 settembre. Si teme, ha dichiarato Colin Gillis analista di BGC Finance, che l’uomo, sotto pressione, possa lasciarsi scappare osservazioni personali poco gradite alla Commissione.

La società ha già ottenuto che Schmidt possa testimoniare solo. Il manager di Google si troverà quindi in una situazione più tranquilla rispetto a quella in cui si trovò nel 1998 Bill Gates quando dovette rispondere di abuso di posizione dominante sul mercato dei Pc di fronte ai suoi accusatori Sun e Netscape. Schmidt non siederà quindi allo stesso tavolo con i rappresentanti di Yelp ed Expedia che testimonieranno in un altro momento contro la compagnia di Mountain View.

 

Si suppone che Schmidt continuerà a sostenere la posizione di sempre, ossia che i risultati del motore di ricerca di Google (che secondo alcuni sarebbero favorevoli all’azienda stessa e ai suoi partner paganti) sono utilitaristici e non autoritari. Secondo l’ex AD, il Page Rank dell’algoritmo di ricerca brevettato da Google si limiterebbe a fornire agli utenti i risultati più rilevanti. E’ innegabile, sempre secondo Schmidt, che alcuni siti abbiano sfruttato il meccanismo del Page Rank per essere favoriti nei risultati delle ricerche, ma secondo Schmidt non è responsabilità di Google.

 

All’interno del Senato ci sono personalità poco favorevoli a Google, come per esempio il Senatore Herb Kohl, che ha spesso messo in discussione le tattiche di business di Google.

Lo stesso vale per il senatore Richard Blumenthal, che da una parte definisce in modo lusinghiero Google “un grande successo della storia americana“, dall’altra si lamenta per “le preoccupazioni sulla possibilità che Google abbia usato la sua posizione dominante del mercato della ricerca online e degli smartphone per imporre costi aggiuntivi ai consumatori, per mettere in primo piano i suoi prodotti, o per danneggiare i concorrenti mediante una varietà di mezzi, compreso il sistema di ricerca e pubblicità

 

Le perplessità dei senatori non riguardano solo la pubblicità: il senatore Mike Lee ha espresso preoccupazione in occasione dell’acquisizione di ITA Software, che nelle mani di Google potrebbe spazzare via servizi come quello di Expedia, dandogli rilievo nei risultati delle ricerche e monopolizzando anche il settore viaggi.

 

In Europa, l’Antitrust UE non è ancora giunto a una conclusione definitiva sul caso Google: difficile stabilire se sia responsabile di abuso di posizione dominante. “Google è il motore di ricerca scelto da molti di noi“, ha dichiarato Joaquin Almunia, Commissario per la Concorrenza. “Avere il predominio non è uguale ad abusare di tale predominio. Quest’ultima è una condotta che protegge oppure amplia ulteriormente il predominio servendosi di mezzi illegittimi. E dobbiamo ancora concludere le indagini nei confronti di Google per verificare se vi siano stati comportamenti del genere”.

 

 “Un’altra questione importante in questo caso è capire se Google detiene una posizione di gatekeeper ed è in grado di influenzare il comportamento degli utenti di Internet“, ha aggiunto Almunia.

L’indagine partita a novembre sembra insomma più complicata del previsto. Se da una parte l’ultimo rapporto di comScore conferma che Google è il motore di ricerca più utilizzato nel mondo, con un 90% di share, non è detto che siano facilmente dimostrabili eventuali abusi.