Stampa 2008-2010: ‘anni orribili’. Colpa del web? La FIEG chiede nuove norme su diritto d’autore

di Raffaella Natale |

Nel Rapporto FIEG emergono le difficoltà di un mercato segnato dal calo della pubblicità, a vantaggio della Tv, e dal successo dei contenuti online. A piè di pagina Report e Slides.

Italia


Carlo Malinconico

Presentato oggi a Roma lo Studio su “La Stampa in Italia 2008-2010“, elaborato dalla FIEG (Federazione italiana editori giornali). Quali indicazioni emergono dallo studio?

Certamente non positive, almeno per quanto riguarda gli anni 2008-2009: anni “orribili”, soprattutto il 2009. Ma non lo sono stati soltanto per l’editoria giornalistica italiana; lo sono stati per l’editoria mondiale e per l’insieme delle attività economiche, alle prese con un ciclo recessivo che non ha avuto uguali dall’ultimo dopoguerra.

“L’editoria subisce le conseguenze di condizioni generali problematiche e incerte” ha detto nel suo intervento il Presidente della Fieg Carlo Malinconico, sottolineando che alla congiuntura economica sfavorevole “sono particolarmente esposte le due fonti principali di finanziamento della carta stampata: le vendite e la pubblicità”.

 

I fattori di criticità che ostacolano la ripresa del settore sono molteplici. Malinconico li ha individuati nell’inadeguatezza del sistema distributivo; nell’assetto del mercato pubblicitario, caratterizzato dallo schiacciante strapotere della televisione; in un impianto normativo che non protegge i contenuti prodotti dagli editori.

“L’ambiente in cui le imprese operano non è favorevole al loro sviluppo – ha aggiunto il Presidente degli editori – specie in settori dominati dalla modernità. Non ha senso una regolazione che è molto minuziosa in termini di adempimenti e di responsabilità nei confronti della carta stampata e che invece ne prescinde per i nuovi canali comunicativi.”

 

Per il calo della pubblicità, poi, vi è da considerare un ulteriore fattore che penalizza la stampa, la cui origine è da ricondurre ad un impianto legislativo che non è stato in grado di porre un qualche argine al drenaggio di risorse operato dalla televisione. Si ripropone ancora una volta l’anomalia italiana di un sistema televisivo che, grazie ad una disciplina che non pone limiti efficaci alla programmazione pubblicitaria – computando nei tetti orari soltanto gli spot tradizionali e non le telepromozioni e, ultimo arrivato, il product placement – assorbe una quota assai prossima al 60% dell’intera torta pubblicitaria, mentre la stampa ha dovuto subire un drastico ridimensionamento della sua posizione relativa.

 

Nel 2009, dai bilanci delle 57 imprese editrici di quotidiani analizzate, emerge una flessione dei ricavi editoriali dell’11,9%, a causa soprattutto del calo degli introiti pubblicitari.

 

Non si può trascurare l’esigenza di un intervento che riequilibri il mercato pubblicitario per realizzare condizioni analoghe a quelle esistenti nella quasi totalità degli altri Paesi ed economia avanzata dove la stampa mantiene il primato come veicolo pubblicitario.

 

In un contesto così difficile, Malinconico ha messo in evidenza un aspetto molto incoraggiante: dopo il preoccupante calo dei margini operativi dell’anno precedente, nel 2010 tali margini sono tornati positivi (4% del fatturato editoriale), grazie agli incisivi processi di ristrutturazione e di riorganizzazione produttiva portati avanti dal management editoriale. Ci sono segni di ripresa che vanno sostenuti.

Dopo la flessione del 2008 (-1,3%) e quella assai più ampia del 2009 (-5,0%), nel 2010 il prodotto interno lordo italiano è cresciuto soltanto dell’1,1%, al di sotto della media Ue a 27 paesi (+1,8%) e dell’area euro (+1,7%) ed assai distante dalle performaces di Germania (+3,6%), Giappone (+3,5%) e USA (+2,7%).

La leggera ripresa italiana, che dovrebbe continuare a ritmi blandi anche nel 2011 (+1,1%), non è tale da sgomberare il campo dalle oggettive preoccupazioni destate dall’andamento dei consumi interni che si muovono lungo un profilo di crescita troppo modesto per assecondare i più robusti tassi di espansione economica che sarebbero necessari e scongiurare i rischi di nuove inversioni di tendenza.

 

E’ vero che il ritrovato equilibrio ha avuto contropartite importanti in termini di risorse umane: il numero degli addetti ha subito infatti un ridimensionamento non di lieve entità. E’ però vero che il valore aggiunto delle imprese editrici di giornali è il risultato della forte incidenza del lavoro sui costi di produzione. Era pertanto inevitabile che in una situazione di mercato, irta di difficoltà sia congiunturali che strutturali, il principale centro di costo per le imprese venisse interessato dagli eventi.

 

Positive sono inoltre la tenuta degli indici di lettura, con un numero di lettori stabilmente sopra i 24 milioni, e la capillare presenza delle testate giornalistiche nell’area della multimedialità, con siti web che hanno conseguito risultati di assoluto rilievo in termini di contatti: a fine 2010 circa il 50% degli utenti nel giorno medio lo sono di siti gestiti da giornali, con un incremento del 37% nell’ultimo anno.

 

Al riguardo, Malinconico ha sostenuto che “la valorizzazione dei contenuti editoriali sulle reti di comunicazione elettronica è la strada da percorrere se si vuole garantire una tutela efficace di tali contenuti e non penalizzare la modernizzazione del sistema“.

 

Ma vi sono anche fattori strutturali endogeni che hanno un’incidenza sulle possibilità di sviluppo del settore che hanno natura prevalentemente normativa.

Il primo fattore riguarda la protezione dei contenuti editoriali. A tale proposito, la stessa Autorità Antitrust, nel procedimento Fieg-Google chiuso lo scorso gennaio, ha individuato a chiare lettere “una generale criticità in ordine alla valorizzazione dell’attività degli operatori che producono contenuti editoriali online, ai quali non è riconosciuta un’adeguata remunerazione per lo sfruttamento economico delle proprie opere da parte di soggetti terzi.” E ancora: “Pur potendo percepire i ricavi della raccolta pubblicitaria realizzata sulle pagine dei propri siti web, gli editori non sono messi nelle condizioni di condividere il valore ulteriore generato su internet dalla propria attività di produzione di informazione, nonostante questa rappresenti uno dei servizi di maggior interesse per gli utenti di internet e, dunque, un elemento portante del web.”

 

E’ su questo terreno che si gioca la sfida dei prossimi anni. Una sfida che gli editori hanno già colto ma che per essere vinta presuppone l’adeguamento della legislazione italiana di settore – si pensi ad esempio alla disciplina sul diritto d’autore – alle esigenze di chi opera su un mercato in cui chi produce contenuti è scarsamente tutelato. Un impianto legislativo adeguato e una politica economica in grado di dare ossigeno e slancio alle iniziative imprenditoriali sono condizioni ineludibili per consentire alle aziende editrici l’elaborazione di strategie a vasto raggio, la ricerca di nuove opportunità di mercato, lo sviluppo di strutture di commercializzazione più funzionali, la gestione competitiva delle risorse disponibili, un’apertura più convinta verso una dimensione di mercato che le nuove tecniche di comunicazione hanno reso incredibilmente più vasta.

 

I giornali sono ancora oggi considerati la fonte principale di informazione, anche perché sono riusciti a costruire un rapporto molto intenso con i loro lettori. Le copie vendute diminuiscono, ma il numero dei lettori è in costante crescita da un decennio.

Le testate giornalistiche sono un “brand” che ispira fiducia più di ogni altro mezzo ed è questo il punto di forza sul quale basare lo sviluppo di più avanzate forme di veicolazione dell’informazione e l’offerta di nuovi servizi.

 

Necessaria, quindi, una governance politica che sia in grado di delineare un quadro normativo di riferimento adeguato e di assecondare tale sforzo con interventi selettivi che offrano loro un supporto efficace per procedere verso sistemi di produzione e di distribuzione dell’informazione online con le esigenze imposte dalle tecnologie e dai nuovi modelli di consumo che le stesse tecnologie hanno contribuito a creare.

 

Ma non ci sono soltanto gli aspetti economici e finanziari da considerare.

 

Il Presidente della Repubblica, in un messaggio inviato nell’occasione, ha sottolineato “la funzione essenziale che la indipendenza e il pluralismo dell’informazione debbono assolvere nella ricerca di nuovi equilibri tra i diversi strumenti tecnologici di comunicazione e nell’affrontare la sfida della multimedialità.”

 

Prendendo lo spunto dalle parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Malinconico ha ribadito “la contrarietà a qualunque forma di divieto di pubblicazione di notizie che non siano dichiarate espressamente segrete dalla legge o dall’autorità giudiziaria. Non ci possono essere condizioni o riserve a questo principio.”

 

A conclusione dell’intervento, Malinconico ha invocato l’esigenza di una politica industriale di sostegno per assecondare i segnali di ripresa che si vanno manifestando: “Se ne avrebbe una ricaduta amplificata per la collettività e per le stesse finanze pubbliche in termini di imposte e di prodotto interno lordo. Se ne avvantaggerebbe l’intera filiera cui fa capo l’editoria, che è un comparto assai rilevante in termini di investimenti e occupazione.”

 

 

 

Per maggior approfondimenti:

La Stampa in Italia 2008-2010 (Rapporto) (Slides)