Infrastrutture critiche: da oggi in vigore anche in Italia la direttiva Ue per la protezione delle reti nazionali ed europee

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Tucci: “Il problema della sicurezza delle infrastrutture critiche italiane non ha ancora trovato il giusto spazio nelle agende istituzionali”.

Unione Europea


Infrastrutture critiche

Nuove stringenti misure comunitarie in vigore anche in Italia da oggi, lunedì 12 gennaio, per la protezione delle infrastrutture critiche, un cui disservizio derivante da atti terroristici o da eventi accidentali può produrre effetti negativi rilevanti a livello nazionale ed europeo.

 Mentre si è appena chiuso il rischio di una crisi energetica continentale legata all’approvvigionamento del gas dalla Russia, lunedì – dopo una gestazione di quasi tre anni – entra in vigenza la “Direttiva UE relativa all’individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione”, ossia quelle che consentono il regolare funzionamento della vita di un Paese in presenza di particolari eventi, non solo attacchi terroristici, ma anche incidenti, disastri o eventi meteorologici.

Lo ha reso noto l’AIIC, l’Associazione degli esperti Italiani in Infrastrutture Critiche, dopo che lo scorso 8 dicembre il Consiglio Europeo dei Ministri aveva approvato la norma UE, già pubblicata il successivo 23 dicembre nella Gazzetta Ufficiale Europea ed il cui testo è scaricabile dal sito: www.infrastrutturecritiche.it.

 

“Vicende come la recente piena del Tevere o il guasto alla centrale nucleare di Krsko (Slovenia) del giugno scorso sono episodi che mettono in evidenza, qualora ce ne fosse ancora la necessità, l’importanza di adottare strategie diverse per migliorare la capacità delle nostre infrastrutture di erogare i loro servizi essenziali”, ha detto il prof. Salvatore Tucci, ordinario di sistemi per l’elaborazione dell’informazione alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata, presidente dell’AIIC, ricordando che “purtroppo, il problema della sicurezza delle infrastrutture critiche italiane non ha ancora trovato il giusto spazio nelle agende istituzionali. L’Italia, infatti, è uno dei pochissimi Paesi europei a non essersi ancora dotato di uno specifico piano strategico per la protezione delle proprie infrastrutture critiche, né attuato quei necessari interventi di coordinamento fondamentali per gestire l’attuale panorama infrastrutturale, così fortemente caratterizzato dalla stretta integrazione ed interoperabilità fra le diverse infrastrutture”.

 

In particolare, ha auspicato l’esperto, “sarebbe opportuno che il Governo, nel recepire la Direttiva, non si limitasse solo ai due settori previsti al momento, ossia i trasporti e l’energia, ma prendesse in esame pure i problemi delle infrastrutture critiche del nostro Paese, a partire dai sistemi finanziari, la cui criticità è ampiamente dimostrata dagli eventi dannosi di questi ultimi mesi”.                                                             

 

Per quanto riguarda le nuove disposizioni, Tucci ha posto in evidenza che, “a causa della crescente interdipendenza dei sistemi, le strategie preventive devono basarsi su una maggiore cooperazione sia a livello nazionale, fra i diversi operatori e le autorità pubbliche, che a livello internazionale, fra i diversi soggetti competenti. E questo è quello che si pone come obbiettivo la Direttiva UE. Essa impone un cambiamento radicale del punto di partenza nella valutazione della rilevanza dei singoli elementi e, quindi, della congruità nelle misure di protezione e precauzione ad essi attribuiti. Infatti, a prescindere dalla causa (sia essa di natura antropica, dolosa, o climatica) è fondamentale limitare le conseguenze sulla popolazione in termini di vite, di danni economici e sociali, tenendo conto sia degli effetti diretti che di quelli indiretti”.

 

“Gli Stati hanno tempo fino al 12 gennaio del 2011 per procedere alla relativa ratifica. Ma entro tale data ciascun Paese membro dovrà aver già completato il processo di identificazione e designazione delle proprie infrastrutture critiche a livello europeo (“ECI”)”, ha spiegato il prof. Roberto Setola, segretario generale dell’AIIC, ricordando che “gli operatori di tali infrastrutture avranno un anno di tempo dalla data di designazione per provvedere a definire un “Piano della Sicurezza dell’Operatore” (PSO) ed a stabilire un “soggetto” quale punto di contatto per le attività di coordinamento. Questo per limitare la loro vulnerabilità a fronte delle diverse minacce oggi presenti con, in primo luogo, il rischio terroristico, ma con un approccio “all-hazard” in grado di fronteggiare un ampio spettro di situazioni, da quelle legate a fenomeni climatici o disastri naturali, a quelle antropiche, sia di tipo accidentale che doloso”.

 

Setola ha inoltre puntualizzato che “la designazione per ciascuna di esse di un “punto di contatto” tende a favorire il necessario interscambio europeo delle informazioni in caso di crisi e per tutto quello che concerne gli aspetti della sicurezza. Questo punto di contatto favorirà la cooperazione nei confronti dei gestori delle altre infrastrutture critiche, verso l’autorità nazionale e quella comunitaria”.

 

Per questo, ha detto ancora, “ogni Stato membro dovrà designare un proprio punto di contatto per quel che riguarda la sicurezza e la protezione delle proprie infrastrutture critiche (il “punto di contatto PICE”) che coordina le questioni legate alla protezione delle infrastrutture critiche europee all’interno dello Stato membro, con gli altri Stati membri e con la Commissione”.

 

In questa prima fase l’identificazione di tali infrastrutture critiche europee sarà fatta con riferimento ad alcuni criteri specificati nella Direttiva sulla scorta di quelli che potrebbero essere le conseguenze indotte da un’anomalia sulle singole infrastrutture, in termini di numero di possibili vittime, di conseguenze economiche e per ciò che riguarda, più in generale, le conseguenze per i cittadini. In particolare, tale individuazione sarà effettuata sia in relazione alle infrastrutture che insistono sul territorio nazionale, sia a quelle attive in  altre nazioni, il cui non corretto funzionamento può però avere un impatto significativo sul nostro Paese.

 

È evidente che è indispensabile operare in modo puntuale su quest’ultimo aspetto per evitare di subire inefficienze dall’estero quando, magari, gli Stati confinati con il nostro imporranno sulle nostre infrastrutture una maggiore attenzione ai problemi della sicurezza. Con il risultato di una doppia penalizzazione in termini di maggiori costi per le nostre aziende e di minor affidabilità delle nostre infrastrutture.

 

“C’è da dire che la maggior parte delle nostre infrastrutture già presenta un buon livello di protezione e di sicurezza e, pertanto, l’adozione della Direttiva non comporterà per esse eccessivi oneri aggiuntivi”, ha assicurato Tucci, rilevando però che “questo non lo si può dire per la totalità dei Paesi con i quali le nostre infrastrutture sono interconnesse. Sarà, quindi, fondamentale individuare tali elementi di vulnerabilità esteri facendo si che, con il meccanismo della designazione ad infrastruttura critica europea, venga imposto un maggiore e più uniforme livello di sicurezza”.

 

Nella fase iniziale la Direttiva UE pone come obiettivi prioritari i settori energetici e quelli del trasporto stradale, aereo e ferroviario e, in un secondo tempo, quelli delle telecomunicazioni.

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