Tlc e reti del futuro: la Gran Bretagna punta sulla fibra ottica, mentre l’Italia attende ancora l’asta WiMax

di Alessandra Talarico |

Europa


NGN

L’industria delle telecomunicazioni si trova di fronte a cambiamenti senza precedenti e alla necessità di aggiornare reti e tecnologie rimaste inalterate per decenni.

Una necessità che scaturisce dall’uso sempre più massiccio di dispositivi e servizi a banda larga, che potrebbero presto mandare in tilt le reti tradizionali.

Per far fronte alle future richieste dei consumatori digitali, l’Authority britannica per le tlc (Ofcom) ha lanciato una consultazione per incoraggiare innovazione e investimenti nelle reti di nuova generazione e assicurare “la continua presenza di una forte competizione” tra i player del mercato.

 

Lo sviluppo della banda larga, spiega l’Ofcom, è tutt’altro che completo, con una crescente domanda di reti, servizi e dispositivi più capaci.

Le reti next generation sono state concepite per superare le limitazioni degli attuali network e per accelerare lo sviluppo di nuovi servizi basati su protocollo IP – televisione via internet, VoIP, ecc.

 

Le next generation networks potranno avere diverse forme, sottolinea ancora l’Ofcom: potranno essere basate su n aggiornamento delle reti dell’ex monopolista BT Group, o sulle reti via cavo di Virgin Media, o ancora su un’infrastruttura fissa o wireless completamente nuova.

Ogni opzione presenta pro e contro: BT ha accesso diretto a quasi ogni casa del Regno Unito, mentre Virgin Media copre appena il 50% della popolazione, ma con una rete via cavo ad alta velocità.

 

L’ex monopolista – che ha già avviato la trasformazione della sua rete in una struttura all-IP – ha pianificato di offrire già dal prossimo anno velocità di connessione fino a 24 Mbps sulla sua attuale rete, ma secondo molti osservatori questo non sarà sufficiente a soddisfare la crescente necessità di banda.

 

Per questo l’Ofcom punta su due possibili alternative: la prima basata sulla realizzazione di una rete in fibra ottica FTTK (fibre to the kerb) a livello nazionale, in cui la fibra sia applicata fino al più vicino marciapiede utile con il doppino o il coassiale nel tratto che raggiunge l’utente. Questa soluzione garantirebbe velocità fino a 50Mbps e verrebbe a costare intorno a 10 miliardi di sterline.

 

La seconda soluzione basata su FTTH (fibre to the home), in cui la fibra ottica sia applicata fino alla casa dell’utente, offrirebbe velocità fino a 100 Mbps ma costerebbe all’incirca 15 miliardi di sterline. La soluzione è adottata già in diversi Paesi, inclusi Francia, Germania, Giappone e Corea.

 

Per il Ceo di Ofcom, Ed Richards, la questione dell’accesso alle reti next generation è un passo ovvio per garantire “un’essenziale trasformazione delle infrastrutture nazionali e garantire la competitività del mercato negli anni a venire”.

 

Qualsiasi nuova rete – ha sottolineato l’Authority – sarà regolata allo stesso modo delle attuali reti in rame, con accesso aperto per tutti gli operatori.

 

BT, da canto suo, ha dichiarato che considererà un’infrastruttura in fibra “ove ce ne sia necessità commerciale”.

 

Sono comunque già molti gli osservatori preoccupati che questi nuovi progetti possano creare una disparità ancora maggiore tra aree densamente popolate e zone periferiche, dal momento che qualsiasi società investe dove è sicura del ritorno economico.

 

Anche in Italia, intanto, si discute di investimenti sulla rete fissa, con trattative in corso tra il ministero dello Sviluppo economico, quello delle Comunicazioni, e i due operatori nazionali Telecom Italia e Fastweb.

Sebbene non vi sia ancora nessuna intesa sul modello da adottare per estendere la portata della banda larga nel nostro Paese, il ministro Luigi Bersani punterebbe a un investimento iniziale nell’ordine di circa 3 miliardi di euro per favorire le aree attualmente più disagiate del Paese – in particolare il Mezzogiorno, dove le carenze di Telecom Italia sono più evidente e la maggior parte della popolazione è tagliata fuori dai servizi ad alta velocità.

 

Quale sarà il ruolo pubblico in questi investimenti non è ancora certo: l’unica cosa sicura è che bisogna agire in fretta anche su tecnologie alternative come il WiMax. Ma anche su questo punto l’Italia continua a marciare in netto ritardo rispetto al resto d’Europa, con un’asta rimandata di mese in mese, lasciando i cittadini ad accontentarsi di connessioni lente e sicuramente non adatte a soddisfare la crescente domanda di servizi e applicazioni digitali performanti.

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