ICT: per Task Force Ue, ‘Promuovere la cultura dell’innovazione e porre fine all’incoerenza regolatoria’

di Alessandra Talarico |

Europa


ICT

Fin dalla metà degli anni ’90, l’Europa ha accusato una perdita di produttività e competitività attribuibile agli scarsi investimenti effettuati nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Nel recente rapporto “Fostering the competitiveness of Europe’s ICT industry“, redatto dalla Task Force Ue sull’ICT, si sottolinea come sia la produttività che la competitività dipendano sempre più dallo sviluppo di tecnologie efficaci ed efficienti ad uso e consumo dei cittadini, delle aziende dell’attuale e futura forza lavoro.

Oggi, sottolinea la Task Force, la Ue investe in ICT meno di Usa e Giappone e verrà presto superata anche dalla Cina.

 

Le ragioni di questo stato di cose sono molte e complesse, e tra quelle identificate dalla Task Force troviamo innanzitutto la mancanza di un mercato interno ‘innovation friendly’ e di una vera ‘cultura dell’innovazione’, nonostante gli sforzi che le singole aziende del settore facciano per compensare la situazione.

 

Come spesso si è sottolineato, è anche molto difficile accedere al capitale di rischio: l’Europa, in sostanza, non incentiva i venture capitalist a investire nel settore ICT. Lo dimostra il fatto che solo tre aziende europee compaiono nella top 20 delle compagnie più innovative e solo una appartiene al settore.

“La cultura dell’innovazione non può partire solo dal basso – spiega la Task Force – anche se deve essere sviluppata e promossa anche dalle aziende”.

 

La Task Force punta il dito sulle piccole e medie imprese, la cui riluttanza a investire in nuove tecnologie contribuisce al declino della produttività.

Una maggiore integrazione dell’ICT da parte delle PMI contribuirebbe a massimizzare i processi e la gestione del business in diversi settore chiave (salute, trasporti, servizi, ecc.)

 

Alla base di questa mancanza di investimenti, le difficoltà tecniche ad attuare i necessari cambiamenti organizzativi ma anche la rigidità delle norme e la scarsa consapevolezza dei vantaggi dell’ICT.

 

A monte, bisogna invece rivedere le strategie nei settori dell’innovazione, della ricerca e dello sviluppo, non solo per ragioni legate all’inclusione digitale, ma anche per aumentare le competenze e le opportunità di occupazione dei giovani europei.

L’innovazione, però, non riguarda solo aspetti ‘tecnici’ ma deve essere inserita in un processo di rinnovamento della cultura aziendale, volto a porre in primo piano diversi aspetti come la “tolleranza verso le sconfitte, team e reti interdipartimentali, nessuno status symbol, percorsi professionali orizzontali e non verticali, flussi informativi aperti e trasparenti, alta densità di comunicazione informale, tolleranza verso le opinioni diverse, ecc.”.

 

Serve, insomma, “una cultura aziendale che promuova la diversità, la creatività, sviluppi il potenziale individuale e incoraggi il pensiero “fuori dagli schemi”.

 

La task Force sull’ICT è stata lanciata a giugno 2006. Da allora il gruppo ha lavorato all’elaborazione di una serie di linee guida sintetizzate nel rapporto e che la Ue si è impegnata a seguire con specifiche proposte di azione che vanno verso la realizzazione di una vera e propria strategia eSkill e una maggiore promozione dell’interoperabilità.

 

Per quanto riguarda l’approccio regolatorio, la Task Force chiede la creazione di un singolo ambiente normativo che annulli l’attuale patchwork di sistemi regolatori e faciliti la convergenza e l’inclusione, accelerando la creazione di un mercato interno per servizi knowledge-intensive. Essenziale anche la riduzione dei costi dei brevetti.

 

Anche quando uno Stato membro implementa una direttiva o uno standard europeo, si tende ad adattarlo alle leggi locali col risultato – sottolinea la Task Force – che “per le aziende viene a mancare il vantaggio dell’uniformità nella produzione e nelle operazioni”.

 

Una frammentazione che penalizza la competitività poiché le aziende non possono implementare strategie o soluzioni a livello pan-europeo e non fa che confermare che manca la volontà degli Stati membri di pensare su scala europea.

 

Eppure, il Trattato europeo si basa proprio sul libero movimento di persone, beni, servizi e capitali, 4 pilastri inibiti “dalla frammentazione del mercato creata dall’incoerenza regolatoria”.

 

Il Gruppo invoca anche una serie di riforme strutturali per promuovere un ambiente di produzione flessibile, sostenere gli investimenti nelle reti e nei servizi di prossima generazione e nei servizi pubblici, oltre alla creazione di una carta dei diritti dei consumatori negli ambienti digitali e al mantenimento di un regime IPR che favorisca gli investimenti ICT e l’interoperabilità, migliorando la tutela legale e l’accessibilità al sistema dei brevetti.

 

Per il vicepresidente della Commissione Günter Verheugen, il quadro fornito dalla task Force indica chiaramente “dove concentrare gli sforzai per accelerare la competitività del settore ICT, che è la dorsale dell’innovazione e della crescita”.

  

 

 

27 novembre 2002 – 27 novembre 2006

      

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