Cellulari e ambiente: Greenpeace bacchetta Motorola, unico costruttore a non voler bandire le sostanze tossiche

di Alessandra Talarico |

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Motorola Razr

La presenza di sostanze altamente tossiche all’interno di oggetti di largo consumo come televisori, elettrodomestici, computer e telefonini, è una questione che coinvolge sempre più i costruttori mondiali di prodotti elettronici.

 

Molti di loro – come HP, LGE, Dell, Nokia, Samsung, Sony e Sony Ericsson si sono impegnate a eliminare i composti tossici dai loro prodotti nel prossimo futuro, ma molti altri, a parte qualche vaga promessa, non hanno garantito nessun impegno concreto volto a bandire questi composti chimici persistenti.

 

Tra i reticenti, Greenpeace ha bacchettato la statunitense Motorola, che, dopo aver promesso, otto mesi fa, di ripulire i propri prodotti dalle sostanze tossiche è tornata sui suoi passi decidendo di non rimuovere le sostanze chimiche tossiche come i ritardanti di fiamma bromurati e il PVC.

 

L’azienda di Schaumburg è l’unica, tra le top five a livello mondiale, a non aver intrapreso nessuna iniziativa per ridurre le sostanze tossiche dai propri apparecchi, anche se a luglio dello scorso anno si era impegnata a rimuovere gradualmente tutti i ritardanti di fiamma bromurati dai propri telefoni cellulari entro la metà del 2007 e a eliminare il PVC da marzo 2006.

 

In una lettera del 15 maggio 2006 – ha fatto sapere Greenpeace – “Motorola dichiara di non poter mantenere la sua promessa”.

 

Molte sostanze chimiche contenute nei prodotti d’uso quotidiano sono oggi comuni inquinanti ambientali e il loro impatto viene registrato anche in piccole concentrazioni (alcuni sono noti come perturbatori del sistema ormonale). La loro eliminazione dai prodotti elettronici di largo consumo è quindi quanto mai urgente, vista la loro capacità di viaggiare a notevole distanza e permanere nell’ambiente.

 

“Quasi ognuno di noi – ha spiegato Greenpeace – ha nel proprio corpo dozzine di queste sostanze e gli effetti i questo cocktail chimico sulla nostra salute sono in gran parte sconosciuti”.

 

Mentre molti vendor hanno fatto importanti progressi nella riduzione di queste sostanze tossiche, Motorola – aggiunge Greenpeace – “adduce soltanto scuse”.

 

Sony Ericcson ha già rimosso i ritardanti di fiamma da tutti i suoi modelli eccetto uno e Nokia, dopo aver eliminato il PVC nei nuovi modelli, rimuoverà i ritardanti di fiamma a partire dalla fine del 2006 e si è impegnata a raccomandare ai propri fornitori di ricercare soluzioni alternative.

 

La campagna di sensibilizzazione dell’associazione internazionale ha ottenuto negli ultimi due anni notevoli successi, spingendo grandi aziende come H&M, Puma e Adidas, a rimuovere la maggior  parte delle sostanze chimiche tossiche presenti nei loro prodotti.

Ma molte altre – come Acer, Apple, Fujitsu-Siemens, IBM, Lenovo, Panasonic, Siemens e Toshiba – hanno finora fatto orecchie da mercante.

 

Molte delle compagnie che negli anni scorsi si sono impegnate a ridurre dai propri prodotti le sostanze nocive – ha spiegato Greenpeace – sono attualmente in ritardo sulle loro promesse, ma ci stanno lavorando.

LG e Samsung, ad esempio, “hanno diversi prodotti, dalle macchine fotografiche ai frigoriferi, che possono rendere più complessa l’eliminazione delle sostanze tossiche dall’intera gamma”.

 

Di contro, Dell ha appena annunciato di voler eliminare l’uso di ritardanti di fiamma e il PVC  dai suoi prodotti dal 2009, mentre uno studio – promosso sempre da Greenpeace – ha rivelato che gli utenti non solo vorrebbero Pc più ecologici, ma sarebbero anche disposti a pagarli di più.

 

La maggior parte dei rifiuti elettronici viene ammassate in vere e proprie montagne tossiche per lo più in Cina e in India, diventate negli ultimi anni vere e proprie ‘pattumiere hi-tech’.

L’ONU ad esempio, ha denunciato che molti Paesi sviluppati – gli Stati Uniti in testa – aggirano la convenzione di Basilea sul controllo dei trasporti transfrontalieri di rifiuti pericolosi, entrata in vigore nel 1992, camuffando le esportazioni illegali di apparecchi elettronici dimessi da ‘aiuti umanitari’.

 

In questi Paesi, smantellare e riciclare in modo corretto un Pc costa molto meno che in quelli occidentali e per questo intere città sono deputate allo ‘sporco lavoro’ di separare i componenti elettronici e recuperare i materiali preziosi.

 

Nella Ue i rifiuti elettronici sono la categoria di rifiuti che aumenta con più rapidità, facendo registrare un tasso del 3-5% all’anno, tre volte superiore ai rifiuti normali. Ogni cittadino dell’Unione produce tra 17 e 20 kg di questi rifiuti all’anno. Il 90% circa è ancora interrato, incenerito o ritirato senza pretrattamento: in questo modo le sostanze che vi sono contenute possono contaminare il suolo, l’acqua e l’aria, diventando così un rischio per la salute umana.

 

Per porre rimedio a questa situazione nel 2002 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE – Direttiva 2002/96/CE) che impone agli Stati membri di istituire sistemi per la raccolta di questi rifiuti e di assicurarne il reimpiego, il recupero e il riciclaggio, provvedendo anche al corretto smaltimento dei rifiuti rimanenti. Con l’avvio dei sistemi di raccolta i consumatori potranno riportare gratuitamente questi prodotti ai negozi e ai punti di raccolta. La direttiva fissa anche obiettivi per la raccolta, il reimpiego e il riciclaggio e delinea gli obblighi finanziari dei produttori.

 

Una modifica del 2003 alla direttiva RAEE (Direttiva 2003/108/CE) chiarisce ulteriormente gli obblighi in merito al finanziamento di apparecchiature professionali (non domestiche).

Insieme alla direttiva RAEE il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato la direttiva sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (Direttiva 2002/95/CE), che a partire dal 1° luglio 2006 vieta l’uso di determinate sostanze per favorire il riciclaggio e ridurre le emissioni quando i rifiuti restanti sono interrati o inceneriti.

 

La industry italiana dell’ICT incontra il Ministro Paolo Gentiloni

 

Isimm e Key4biz promuovono per il pomeriggio del 4 luglio 2006 un incontro tra gli operatori più rappresentativi delle tlc, dei media e di internet ed il Ministro Gentiloni.

Sarà un’importante iniziativa di community in occasione della quale si porranno a confronto le criticità delle aziende e le priorità dell’azione di governo.

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