TDT e decoder: Berlusconi respinge le accuse del centrosinistra , ‘Non c’è conflitto d’interesse’. Ora la parola all’Antitrust

di Raffaella Natale |

Italia


Silvio Berlusconi

“Nessun conflitto di interesse” per il mercato del digitale terrestre. E’ quanto riferisce il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che difende “la netta separazione” tra politica e affari. Proprio questa mattina, nel corso di un’intervista rilasciata a Giancarlo Santalmassi, direttore di Radio 24, il premier ha fortemente respinto le accuse dell’opposizione che ipotizzano un interesse personale di Berlusconi per i fondi a sostegno dell’acquisto dei decoder per la Tv digitale terrestre (TDT), stanziati in Finanziaria.

 

Secondo il centrosinistra il premier avrebbe sostenuto gli incentivi alla TDT per favorire il fratello Paolo, che possiede un’azienda di distribuzione di set top box.

Ma il Presidente del Consiglio ha precisato che questa “è un’azienda acquisita di recente, amministrata autonomamente da manager, a cui era stata fatta un’offerta da una ditta che produce decoder di distribuirli commercialmente in Italia. La quota di mercato di questi decoder per questa azienda – tiene a precisare il premier – è del 2% e hanno portato entrate economiche pari al 3% del suo fatturato. Se mio fratello avesse continuato con questa società a vendere decoder – prosegue – l’utile derivato sarebbe stato di 6 mila euro… E io – lamenta il presidente del Consiglio – ho ricevuto dalla sinistra delle accuse di conflitto di interessi per un utile di 12 milioni di vecchie lire!”.

 

Berlusconi ha comunque dichiarato che appena appresa la notizia “ho alzato il telefono, ho chiamato mio fratello e gli ho detto ‘scusa ma questo è un pretesto per la sinistra di rivolgermi delle accuse’. Mio fratello non mi ha lasciato nemmeno finire di parlare e mi ha detto ‘benissimo, fra 5 minuti noi non distribuiremo più i decoder”.

 

Il presidente ha ricordato ai microfoni dell’emittente radiofonica come siano stati tra l’altro diminuiti i fondi per incentivarne la vendita.  “Il Ministro delle Comunicazioni, che è di An – ha sottolineato Berlusconi – aveva chiesto fondi per 110 milioni di euro, ma non ne avevamo la possibilità per la scarsezza delle risorse e io ho ridotto questa cifra a 30 milioni per poi, alla fine delle discussioni sulla Finanziaria, arrivare a uno stanziamento di 10 milioni”.

 

Il premier ha evidenziato come “la sinistra approfitti di cose incredibili per attaccare il presidente del Consiglio, che invece ha tutta la sua posizione assolutamente trasparente, limpida”, perché tutte le volte che ci sono leggi che riguardano i tre settori di Mediaset, Mediolanum e Mondadori “il presidente del Consiglio non partecipa alla discussione, né al voto del Consiglio dei ministri”.

 

Berlusconi ha ribadito di considerarsi “davvero un esempio di trasparenza e di separazione tra l’attività politica e gli affari, cosa che invece non succede per l’intreccio sotterraneo, opaco, tra le cooperative rosse, la finanza rossa, le Giunte rosse che fanno favori a queste cooperative, che non pagano le tasse e che hanno sempre sostenuto le spese del partito Comunista italiano e dei partiti – ha sottolineato – che poi si sono succeduti cambiando nome ma mantenendo sempre gli stessi dirigenti che avevano scelto il Comunismo in tenera età”.

 

Ricordiamo che a ridosso di Natale, l’Antitrust ha aperto un procedimento per conflitto di interesse sul Presidente del Consiglio, proprio sugli stanziamenti per l’acquisto dei decoder.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha spiegato che, “nella riunione del 22 dicembre 2005, ha deliberato l’apertura di un procedimento ai sensi dell’articolo 3 della legge sul conflitto di interessi”.

 “Con la fiducia sulla Legge finanziaria, Berlusconi si è assunto la responsabilità di atti governativi a favore anche del fratello”, così spiegavano in una nota i presidenti dei gruppi dell’Unione alla Camera dei deputati, annunciando di aver presentato all’Antitrust un esposto sull’argomento.

 

Il procedimento aperto dall’Antitrust si dovrebbe chiudere il 15 febbraio, come annunciato dal presidente dell’Autorità Antonio Catricalà, “perché abbia un impatto né troppo differito né troppo a ridosso delle elezioni”.

“Abbiamo dato alla procedura – ha spiegato Catricalà – il termine del 15 febbraio ed entro quella data dovremo essere sicuri di aver acquisito tutte le informazioni. Spero di poter mantenere questa data, perché si faccia chiarezza sulla vicenda prima delle elezioni, ma al tempo stesso a una certa distanza dal voto”.

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