Gianfranco Noferi conclude il trittico di articoli dedicati alla figura di Enrico Mattei in occasione del sessantesimo anniversario dalla morte con un pezzo intitolato “10 febbraio 1953: la nascita dell’ENI come bene pubblico sociale” in cui ripercorre l’attività di diversificazione del gruppo e di rafforzamento de “L’intervento dello Stato in economia ispirato dal Codice di Camaldoli”. “La legge concedeva all’ente il monopolio nella ricerca e produzione di idrocarburi nell’area della Pianura Padana; al nuovo ente fu attribuito il controllo di Agip, Anic e Snam e di altre società minori, configurandosi così – chiarisce Noferi – come un gruppo petrolifero-energetico integrato che potesse garantire lo sfruttamento delle risorse energetiche italiane”.
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Il nostro ringraziamento va a tutti i nostri scienziati, ai nostri operai, ai nostri tecnici, a tutti coloro che giornalmente si impegnano nella dura fatica di trovare nelle viscere della vostra terra le ricchezze che vi sono nascoste. Avete visto con quanto impegno ci siamo messi in questa impresa: momenti di attesa, di speranza, di lavoro duro, di polemiche ideologiche contro di noi (…) Pure oggi c’è qua della nostra gente che viene a lavorare in Sicilia (…) perché prima di qui, in alta Italia e nel centro Italia, abbiamo fatto ricerche minerarie come queste, e quindi abbiamo creato scuole, abbiamo creato gli uomini che operano in Sicilia e pensiamo anche di mandare siciliani in altre zone d’Italia (…) Con la convinzione che il nostro paese, e la Sicilia, e la vostra provincia possano andare verso una maggiore dignità personale e una maggiore libertà. (…) Noi non portiamo via il metano; il metano rimane in Sicilia, rimane per le industrie, per tutte le iniziative, per tutto quello che la Sicilia potrà esprimere.
Dalla piazza una voce interrompe:
“Così si può levare questa miseria di Gagliano”.
Rivolgendosi all’anonimo Mattei dice
Amico mio, io non so come lei si chiami, ma anch’io ero un povero come lei; e anch’io ho dovuto emigrare perché il mio paese non mi dava lavoro; sono andato al Nord, e adesso dal Nord stiamo tornando al Sud con tutta l’esperienza acquistata. Noi ci impegniamo con le nostre forze, con le nostre conoscenze, con i nostri uomini, a dare tutto il nostro contributo necessario per lo sviluppo e l’industrializzazione della Sicilia e della vostra provincia. (…) sono gli impegni che abbiamo in tutto il mondo: ci sono 50.000 persone che oggi operano in questo gruppo; e su 50.000 persone ci sono 1.600 ingegneri, 3.000 periti industriali e geometri, 2.000 dottori in chimica ed economia, 300 geologi, decine di migliaia di specialisti che si muovono in tutto il mondo. E questo porta lavoro, porta responsabilità, porta un grande impegno (…) Ora su questo si deve innestare un successivo lavoro, si devono innestare industrie che dovranno portare in questa zona benessere e ricchezza[1].
Con la con legge 136 del 10 febbraio 1953 è istituito dal parlamento italiano l’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI). Presidente e fondatore è Enrico Mattei, deputato democristiano eletto nella circoscrizione Milano-Pavia. Nel luglio successivo sarà approvato lo statuto.
Questa data si pone idealmente a metà strada tra altre due date del 1945 e del 1962.
Il 29 aprile 1945, tre giorni dopo la liberazione, Enrico Mattei, partigiano e rappresentante democristiano nel Corpo Volontari della Liberta, viene nominato liquidatore dell’Agip con l’incarico di provvedere alla privatizzazione degli asset energetici dell’azienda petrolifera di stato.
Il 27 ottobre 1962 a Bascapè (provincia di Pavia) Enrico Mattei perde la vita in un disastro aereo dovuto ad un attentato, su un volo privato partito da Catania e diretto all’aeroporto milanese di Linate. Con lui muoiono il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista americano William McHale.
In occasione del settantesimo anniversario della morte nel numero precedente di Democrazia futura abbiamo pubblicato l’articolo “Enrico Mattei. Un grande italiano. Un grande visionario. 1. Le iniziative organizzate per i sessant’anni dalla morte del fondatore dell’Eni”[2], nel quale abbiamo cercato di delineare l’azione innovativa di Mattei per l’indipendenza energetica italiana e il suo enorme contributo per alimentare lo sviluppo socio economico italiano, un carburante indispensabile per la ricostruzione postbellica e per la realizzazione di quello che diventerà noto come il “boom economico”.
Di seguito troverete nell’archivio di Democrazia futura il secondo articolo: “L’omicidio Mattei. Un grande italiano, un grande visionario 2. Il contesto geopolitico dell’epoca”[3], nel quale si è cercato di delineare come l’indagine giudiziaria svolta tra il 1994 e il 2003 dal Viceprocuratore di Pavia, Vincenzo Calia, abbia stabilito in modo inequivocabile che la morte di Mattei sia stata determinata da un sabotaggio dell’aereo sul quale volava. Sempre nell’articolo, attraverso altre testimonianze, si propongono alcuni spunti di riflessione sul periodo storico e politico nel quale ha operato Mattei tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, e su come il suo operare si ponesse in modo dirompente negli equilibri geopolitici dell’epoca.
Per comprendere la grande novità per l’Italia di quanto accadde 10 febbraio 1953, ricorriamo ancora all’aiuto del professor Aldo Ferrara, che nel suo libro Enrico Mattei. Il visionario[4], scrive:
La necessità della ricostruzione industriale soggiaceva all’esigenza di fonti energetiche di approvvigionamento. Il Commissario dell’Agip si rendeva conto che la sola sommatoria delle aziende preposte all’energia non bastava ma occorreva una organicità organizzativa che rendesse sinergiche le varie aziende. L’Ente Nazionale Idrocarburi veniva dunque dotato, tramite la Legge 163/53, di personalità giuridica di diritto pubblico, «operante come una holding centrale a grande direzione finanziaria e di impostazione della politica generale del gruppo», e comunque aderente a particolari vincoli e sottoposto al controllo ministeriale preventivo e parlamentare successivo. Si identificò quindi un sistema di società per azioni con capitale in tutto o in parte in mano all’Ente stesso, operante su schemi di diritto privato e quindi dotato dell’elasticità indispensabile per una valida politica del settore.
Il nuovo Ente dell’energia infatti non si limitava a gestire le partecipate controllate, ma ne determina anche i programmi, con un coordinamento organico tra le stesse, nel più grande quadro generale in cui si iscriveva la legge costitutiva. Nel riassetto omogeneo delle imprese queste furono suddivise in quattro gruppi tecnologici: ricerca e produzione (Agip Mineraria), trasporto del metano (Snam), raffinazione e distribuzione prodotti petroliferi (Agip) e industria chimica (Anic).
E sempre il professor Ferrara ci ricorda che nel febbraio 1953 viene costituita la Sviluppo Iniziative Stradali Italiane (SISI), con la missione di studiare lo sviluppo e il miglioramento della rete autostradale in Italia. E’ una società a partecipazione paritetica tra Eni, Italcementi, Pirelli e Fiat.
E il 30 maggio 1953 si costituisce l’Agip Mineraria, che acquisisce in esclusiva i diritti di estrazione in Val Padana, con i permessi di ricerca e le partecipazioni azionarie in Società azionaria imprese perforazioni- Vulcano (SAIP), Ravennate Metano, Mineraria Sicilia Orientale e Mineraria Somala.
In ottobre l’ENI avvia le prime ricerche in Somalia e nel successivo dicembre la rete di trasporto Snam e la sua consociata Azienda Metanodotti Padani (AMP) raggiunge uno sviluppo superiore ai 3 mila chilometri.
La legge concedeva all’ente il monopolio nella ricerca e produzione di idrocarburi nell’area della Pianura Padana; al nuovo ente fu attribuito il controllo di Agip, Anic e Snam e di altre società minori, configurandosi così come un gruppo petrolifero-energetico integrato che potesse garantire lo sfruttamento delle risorse energetiche italiane.
Occorre ricordare che l’intervento dello Stato italiano nel settore degli idrocarburi risaliva al ventennio: l’Agip fu creata nel 1926, l’Anic nel 1936 e la Snam nel 1941. L’orientamento del governo nel dopoguerra era però quello di chiudere e liquidare l’AGIP, a causa degli scarsi ritrovamenti seguiti alle ricerche. Invece proprio a partire dal 1945 vi furono i primi promettenti ritrovamenti di metano in alcuni pozzi scavati dall’AGIP in Pianura Padana. Il metano era considerato un prodotto energetico poco efficiente, e fu proprio Mattei ad intuirne la grande potenzialità per le industrie e per l’uso domestico.
L’appoggio politico di Alcide De Gasperi e di Ezio Vanoni fu determinante nel favorire l’approvazione della legge istitutiva dell’ENI che fu comunque preceduta da un lungo dibattito parlamentare. Fu creato quindi un ente pubblico autonomo relativamente alla amministrazione statale, con il compito di
«promuovere e intraprendere iniziative di interesse nazionale nei settori degli idrocarburi e del gas naturale».
La “rendita metanifera” garantita dal monopolio del gas permise all’ENI di finanziare i propri investimenti, anche molto ingenti.
I ritrovamenti petroliferi in Italia (Gela, Cortemaggiore) non si rivelarono abbondanti, ma con grande attivismo negli anni Cinquanta l’ENI sviluppò la rete dei gasdotti per l’utilizzo industriale e domestico, la rete di distributori di benzina su strade ed autostrade completata con aree di servizio e motel Agip, il lancio delle campagne pubblicitarie di grande successo con il “cane a sei zampe”, la costruzione del petrolchimico di Ravenna per la produzione di fertilizzanti.
La crescita e diversificazione delle attività dell’ENI
Ma l’Eni non si limitò al settore dell’energia: assorbì la Pignone di Firenze (su richiesta del sindaco Giorgio La Pira) creando la Nuova Pignone e specializzandola in produttrice di tecnologia avanzata per il settore petrolifero; rilevò la Lanerossi.
Nel 1956 Mattei fonda il quotidiano Il Giorno, innovativo e all’avanguardia per i tempi, che promuove la politica economica del gruppo e risponde agli attacchi della stampa collegata alla Confindustria e ai ceti industriali del Nord (Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera).
Ma l’Italia aveva sempre più necessità di prodotti petroliferi e l’ENI sviluppò una politica di accordi con i paesi produttori in Medio e Vicino Oriente, in Nord Africa, stipulando contratti più favorevoli per i produttori, concludendo accordi di partnership nella ricerca di nuovi giacimenti e nella realizzazione di raffinerie e reti distributive.
Furono importanti per l’ENI le grandi competenze ingegneristiche delle controllate Snamprogetti e Saipem, necessarie e indispensabili affinché negli accordi per la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti fosse inserita come contropartita la progettazione e la realizzazione di oleodotti e raffinerie.
L’ENI era ormai cresciuta e consolidata sui vari mercati ed era entrata in contrasto con gli interessi delle cosiddette “sette sorelle” in medio oriente ed in Nord Africa.
Nel 1958 venne siglato uno storico accordo con l’URSS per l’importazione di greggio in cambio di gomma sintetica: questo accordo permise di aprire una trattativa con le compagnie petrolifere americane per acquistare greggio statunitense a prezzi più bassi di quelli sovietici.
Ma Mattei sapeva vedere lontano, oltre il petrolio e il gas: nel 1957 attiva la progettazione di una centrale termonucleare, crea la Società Italiana Meridionale per l’Energia Atomica (SIMEA), detenuta al 75 per cento dall’ENI e al rimanente 25 per cento dall’IRI) per la realizzazione della prima centrale nucleare a Latina, con tecnologia inglese. Sarà pronta nel dicembre 1962.
Ma il gruppo ENI non è solo industria: viene realizzata a San Donato Metanopoli, una città giardino pensata per i dipendenti con abitazioni, scuola, mense, parchi sportivi. Seguirà il villaggio vacanze per tutti i dipendenti a Borca di Cadore, in provincia di Belluno.
Nel 1957 viene fondata la Scuola Superiore sugli Idrocarburi (oggi Scuola Enrico Mattei) che accoglie studenti da tutto il mondo. E’ una novità per l’Italia, dove sino a quel momento non esistevano corsi post-laurea.
Testimonianza della importanza attribuita da Mattei alla conoscenza e allo studio è anche la centralità che assume l’ufficio studi dell’Eni: attraverso esso transitano fior di studiosi, da Giorgio Fuà a Luigi Spaventa, da Giorgio Ruffolo a Sabino Cassese, da Gino Giugni a Mario Pirani.
Il Codice di Camaldoli e l’intervento dello Stato in economia
Ma non possiamo cogliere il grande impatto sociale, economico e di politica industriale di un Ente come l’ENI se non facciamo un passo indietro, andando ai giorni compresi tra il 18 e il 24 luglio 1943, quando alcuni economisti ed esponenti della appena costituita Democrazia Cristiana si riunirono nel monastero di Camaldoli, in piena guerra, presagendo la fine del fascismo e ponendosi il problema della ricostruzione economica, sociale e istituzionale dell’Italia nel dopoguerra, e scrissero il Codice di Camaldoli.
Fu un’opera di estrema utilità di fronte alle questioni sociali ed economiche dell’epoca, destinata soprattutto alla ricostruzione di una società libera ed egualitaria e di uno stato democratico. Il Codice era animato da uno spirito religioso, che rifletteva la società dell’epoca, nella quale la Chiesa aveva grande influenza. Il suo scopo era coinvolgere l’intera società civile, e il suo ruolo fu tale che ispirò la stesura della Costituzione Italiana entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Ne furono influenzati i Principî fondamentali e la Parte relativa ai Diritti e doveri dei cittadini, ponendo la giustizia sociale come principio direttivo della vita economica e sottolineando la dimensione etica del dovere tributario.
Quei giovani economisti introdussero i concetti di carità cristiana nell’economia dello Stato, la famiglia come nucleo essenziale e portante della comunità che si chiama Stato, introducendo il concetto di libertà, di eguaglianza e di solidarietà nella dottrina economica dello Stato.
Una dottrina economica affine alla dottrina economica keynesiana, che prevede la forte presenza dello Stato nell’economia, in particolare nei settori più delicati e socialmente rilevanti come educazione, energia, distribuzione idrica, sanità, welfare, trasporti, telecomunicazioni.
Relativamente alla dottrina economica di Keynes, ecco una citazione del professor Ferrara, tratta dal già citato primo articolo pubblicato nel numero datato ottobre-dicembre 2022:
Il concetto keynesiano aveva avuto una battuta d’arresto con Bretton Woods, dove era prevalsa l’ipotesi liberista di Mc Kinley, l’abolizione del Gold Standard. Keynes aveva una idea molto lucida sul ruolo degli investimenti, più lo Stato investe più si attiva un fattore di moltiplicazione del reddito e sull’occupazione e sullo sviluppo, sul singolo individuo di quello stato.
Il fattore di moltiplicazione di Keynes diventa un elemento straordinariamente positivo, non solo per lo Stato ma per la sua comunità statale. Più sono gli investimenti tanto maggiore è il rendimento, è il contrario di una politica esclusivamente economica che si può riassumere nel diamo danaro a tutti. E’ la scelta economica di investire per creare lavoro, occupazione e per la distribuzione paritetica dell’investimento.
E sul Codice di Camaldoli, scrive Paolo Emilio Taviani
il “Codice” avrebbe in seguito fortemente ispirato i politici democristiani impegnati nei due decenni successivi ad operare le riforme che, partendo dal superamento dell’autarchia e del protezionismo, realizzando la prima legge perequazione tributaria- riforma Vanoni, prevedevano la liberalizzazione degli scambi con l’estero; ed avrebbe influito sulla politica abitativa (“piano Fanfani-casa“), sulla questione meridionale (istituzione della Cassa per il Mezzogiorno), sulla previsione di opere per le aree depresse del Centro-Nord, sulla riforma agraria, sulla costituzione e sulla gestione di enti (come l’Eni, l’Efim, l’IRI) a partecipazione statale, sulle riforme della previdenza sociale, sulle infrastrutture (piano autostradale) e sulla nazionalizzazione delle fonti di energia (come per l’elettricità, con la nascita dell’Enel)[5].
E questo Mattei lo aveva recepito in modo totale, ponendosi con la fondazione dell’ENI l’obiettivo dell’energia come bene pubblico sociale, che deve essere in mano allo Stato e creare lavoro, benessere, sviluppo e coesione sociale.
Come ha rilevato il professor Simone Misiani nel suo intervento al convegno Enrico Mattei, il coraggio e la storia, tenutosi all’Università di Teramo il 17/18 maggio 2006:
Vi è un paradosso che riguarda la figura di Enrico Mattei. Mentre esiste una ricchissima produzione sull’uomo d’azione, molto minore interesse è stato dedicato a indagare i caratteri del suo indirizzo culturale industrialista, la fiducia ottimistica nel rapporto tra progresso e democrazia e l’idea di democrazia industriale che guida il suo concreto operare nella direzione della politica aziendale. Il discorso chiama in gioco il sostegno di Mattei al mondo degli intellettuali, il contributo da lui dato al dialogo e alla conciliazione tra la cultura umanistica e quella tecnico-scientifica, tra il mondo della libertà e quello delle regole imposte dalla civiltà delle macchine. Le iniziative volte alla rappresentazione di una idea di sviluppo non solo in senso scientifico ma anche artistico, trasformando ogni tecnica in una “tecnica artistica”. In altri termini l’idea di poter affidare la guida di Prometeo a Orfeo.
Il percorso di formazione culturale di Mattei è tutto interno agli archetipi del cattolicesimo sociale rielaborato ad opera dei Laureati cattolici nella seconda metà degli anni Trenta, tra i quali Giorgio La Pira, Marcello Boldrini e Ezio Vanoni. La sua concezione del rapporto tra la religione e la politica è pervasa dal sogno di conciliare il cattolicesimo con la modernità. Vi è in lui l’idea di poter impiegare le istituzioni economiche pubbliche come strumento di elevazione della persona e di realizzazione del riconoscimento dei diritti democratici al fine di fondare una società basata sui valori dell’umanesimo cristiano. E’ la terza via che si trova riassunta nel Codice di Camaldoli, manifesto costitutivo della sinistra democristiana…
Per il gruppo ENI è fondamentale la centralità del Mediterraneo: la centralità della Sicilia e la vicinanza con i paesi arabi del Nord Africa, cogliendo nella fine del colonialismo una grande opportunità di espansione e di realizzazione di accordi commerciali paritetici.
La ‘formula Mattei’ del 75/25, la ricerca di fonti energetiche al prezzo più basso possibile, introducono il concetto che l’energia è un bene pubblico sociale sul quale investire per far crescere l’economia e consentire a tutte le famiglie di usufruire di benzina e gas a prezzi bassi.
E’ la stessa sfida che nel 1962 porta il governo Fanfani a fondare l’ENEL Ente nazionale energia elettrica, affinché tutte le famiglie avessero diritto ad avere l’energia al prezzo più basso, introducendo le fasce sociali, per le quali si paga in base al reddito.
Fu la politica del centro-sinistra che portò avanti Aldo Moro, e generò risultati straordinari, in particolare nella sanità e nella educazione.
Questo percorso si inscrive nella politica di Mattei con l’ENI, proprio con la legge 136 del 10 febbraio 1953 che applica il concetto dello Stato come gestore di un ente nazionale di energia che diventa bene pubblico sociale.
[1] Tratto dall’ultimo discorso di Enrico Mattei, pronunciato a Gagliano Castelferrato (EN) il 27 ottobre 1962, a poche ore dalla sua morte, quasi un testamento.
[2] Gianfranco Noferi, “Enrico Mattei. Un grande italiano. Un grande visionario. 1. Le iniziative organizzate per i sessant’anni dalla morte del fondatore dell’Eni”, Democrazia futura, II (8), ottobre-dicembre 2022, pp. 1297-1308.Cf. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-enrico-mattei-un-grande-italiano-un-grande-visionario/434496/.
[3] Gianfranco Noferi, “L’omicidio Mattei. Un grande italiano, un grande visionario 2. Il contesto geopolitico dell’epoca”, Democrazia futura, III (10), aprile-giugno 2023, pp. 863-884. Cf. https://www.key4biz.it/lomicidio-mattei-un-grande-italiano-un-grande-visionario/456959/.
[4] Enrico Mattei. Il visionario, Prefazione di Leonardo Agueci, Lugano, Agorà & Co., 2022.
[5]Paolo Emilio Taviani, “La svolta di Camaldoli”, Civitas, XXXV (4), luglio-agosto 1984, pp. 3-7. Articolo poi ripreso e aggiornato. Cf. Paolo Emilio Taviani, “Perché il Codice di Camaldoli fu una svolta”, Civitas, XXXIX, luglio-agosto 1988, pp. 123-125.