#TecnoLaw: User Generated Content e nuovo ruolo dell’utente al tempo dei social media

di di Marco Scialdone (Avvocato, DIMT – Diritto, Mercato, Tecnologia) |

User Generated Content al tempo dei social media. Ecco come cambiano e come cambia il ruolo dell’utente.

#Tecnolaw è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e DIMT – Diritto, Mercato, Tecnologia.
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UGC

L’informazione circola sempre più su internet e con l’esplosione dei social network abbiamo anche assistito a un mutamento dei contenuti digitali specie quelli prodotti dagli utenti, i cosiddetti User Generated Content. In questo articolo, un approfondimento su come stanno evolvendo le cose e sul rapporto tra UGC, diritto d’autore e libertà di espressione.

 

 

La digitalizzazione dell’informazione, da un lato, e la sempre maggiore penetrazione delle reti di comunicazione elettronica, dall’altro, hanno alterato in modo significativo il modo in cui le persone creano, distribuiscono, usano e accedono alle informazioni [1].

 

A tal proposito in dottrina si è parlato di un rinascimento digitale, perché i linguaggi abilitati dalle nuove tecnologie “pervadono l’orizzonte della co-evoluzione fra sistema dei media (nella sua compatezza e discontinuità tra old e new media) e società; innescano un cambiamento socio-antropologico in direzione postumana che riguarda la “forma persona”, elaborano il senso che presiede alle dinamiche relazionali e neo-tribali” [2].

 

Questa mutazione dei comportamenti ha posto in crisi la tradizionale dicotomia produttore/consumatore, originando la figura del “prosumer” [3], produttore e consumatore al tempo stesso.

 

A livello sociale, si è assistito all’emersione di culture partecipative che hanno trovato nel crescente diffondersi di piattaforme di disintermediazione per la distribuzione di contenuti (YouTube, Flickr, Soundcloud, Facebook, Twitter ecc) il loro ideale terreno di coltura. È in un simile ambiente digitale che l’esplosione dei contenuti generati (o “rigenerati”) dagli utenti (c. d. User Generated Content – UGC) ha consentito di sperimentare forme nuove di partecipazione attorno alla condivisione di informazioni e pratiche di intrattenimento, innovando le occasioni di produzione culturale.

 

Capire queste culture partecipative consentirà di capire i rapporti futuri tra istituzioni e cittadini, fra consumatori e mercato: ecco perché risulta decisiva la figura dell’user, evoluzione del consumatore dell’era analogica, il quale non si pone più quale soggetto passivo rispetto ai beni che acquista o di cui fruisce ma che pretende di interagire con gli stessi, di manipolarli, alterarli, sperimentarne le potenzialità e, se del caso, immaginarne di nuove, non concepite dallo stesso produttore.

 

La nozione di User Generated Content: problemi definitori

 

L’espressione “contenuti generati dagli utenti” (in inglese, “user generated content” o, in forma abbreviata, “UGC”) inizia a diffondersi nel 2005 in concomitanza con il successo di piattaforme web caratterizzate dalla presenza di contenuti realizzati al di fuori del circuito professionale e rispetto ai quali gli utenti assumono un ruolo attivo.

 

Nel report OCSE del 2007Partecipative Web: User-Generated-Content” [4] sono stati, per la prima volta, individuati i tre tratti caratterizzanti degli UGC: 1) l’essere contenuti messi a disposizione del pubblico tramite la Rete Internet; 2) che siano in grado di riflettere un certo grado di sforzo creativo, e 3) che siano creati al di fuori di circuiti professionali [5].

 

Si tratta di una definizione certamente utile e che ha il pregio di circoscrivere il fenomeno distinguendolo, al contempo, da quello dei semplici “contenuti caricati dagli utenti” rispetto ai quali non è presente alcuno sforzo creativo, sia pur minimo, e ci si limita a condividere online contenuti realizzati da terzi (quasi sempre di tipo commerciale).

 

I contenuti generati dagli utenti, dunque, in linea di principio, sono creati fuori dall’ambito di attività economiche o professionali per motivazioni che possono essere di diversa natura: da quella prettamente filantropica [6], a quella di autoaffermazione [7] o, ancora, a quella di appartenenza a una community o al desiderio di crearla (Continua su Dimt.it)