l'intervista

Telecom Italia: per il WSJ ‘cresce l’insofferenza di Vivendi verso i vertici’

di |

In un’intervista al WSJ, l'ad di Vivendi De Puyfontaine ammette che c’è “crescente frustrazione” nei confronti del management e al Corriere della sera dice: 'senza di noi Telecom è nave senza guida'.

Frustrato ma responsabile e non per niente convinto che tutto sia perduto perché ‘Poche chance non vuole dire zero chance’: riassume così lo stato d’animo dell’azionista Vivendi nei confronti di Telecom Italia l’ad del gruppo media francese Arnaud de Puyfontaine, in attesa dell’assemblea di domani, che oltre alla conversione delle azioni risparmio (dalla cui votazione Vivendi ha deciso di astenersi) è chiamata anche ad approvare l’ingresso di 4 rappresentanti del gruppo francese nel cda, così da avere un board che rifletta effettivamente l’azionariato dell’azienda.

Senza questa condizione, infatti, “sarebbe come avere una nave senza guida” ha detto l’ad in un’intervista al Corriere della Sera, bollando poi come ‘illegittima’ una situazione in cui Vivendi, che ha speso 3 miliardi di euro per il 20% del capitale, non fosse rappresentata in Consiglio.

“Telecom Italia ha bisogno di un’unità di comando tra il board, il suo presidente e l’equipe dei manager per potere realizzare progetti chiave per il Paese. Primo fra tutti, la banda larga, un tema sul quale siamo allineati con il governo di Matteo Renzi. E Vivendi, socio sopra il 20%, chiede di avere un ruolo”, come del resto è suo diritto, ha detto De Puyfontaine, che domani sarà presente all’assemblea.

Quanto all’operazione di conversione delle azioni risparmio, che  pure determinerebbe una diluizione di tutti gli azionisti di circa il 30%, Vivendi si dice favorevolema non alle condizioni proposte dal management di Telecom Italia visto che c’è spazio per una proposta migliore “per il mercato e per il bilancio Telecom”.

In un’altra intervista, stavolta al Wall Street Journal, l’ad di Vivendi spiega che un premio di 9,5 centesimi di euro agli azionisti di risparmio per convertire le proprie azioni è troppo basso e serve pertanto un parere di congruità per conto dei titolari di azioni ordinarie.

Secondo i calcoli del francese, quindi, dalla conversione – con un premio di 15 centesimi anziché 9,5 come proposto – Telecom potrebbe arrivare a incassare 900 milioni di euro e non 570.

Perché accelerare, dunque, quando si può perfezionare la proposta?

Con il management italiano – dice de Puyfontaine – ‘i rapporti sono buoni’ e, no, non c’è nessuna connessione tra la decisione di astenersi dal voto e la contrarietà dei fondi azionisti Telecom all’ingresso di 4 suoi rappresentanti in cda.

Come mai, allora, verrebbe da chiedersi, dall’Italia non una parola sul progetto di conversione prima che fosse ufficialmente reso pubblico? Anche De Puyfontaine ha ammesso che no, “non siamo stati consultati prima dal consiglio”.

Ma proprio perché azionista responsabile, Vivendi ha comunque comunicato con largo anticipo, e non direttamente in assemblea come avrebbe potuto benissimo fare, l’intenzione di astenersi dal voto sulla conversione delle risparmio, mettendo a rischio l’operazione che per essere approvata ha bisogno del sostegno dei due terzi del capitale presente in assemblea (al momento si è registrato per partecipare il 55,62%).

Toni un po’ meno benigni verso i vertici del gruppo nell’intervista al Wall Street Journal, in cui De Puyfontaine ammette che c’è una “crescente frustrazione” nei confronti del management e  altri investitori dell’ex monopolista italiano.

“Quello che vogliamo è l’allineamento tra CEO, presidente, azionisti, team di gestione e consiglio. E non è sempre stato così”, dice de Puyfontaine al WSJ, con malcelata insofferenza verso i vertici del gruppo, considerati forse non proprio all’altezza dell’importante obiettivo di garantire una direzione adeguata all’azienda, fortemente indebitata e schiacciata dal peso di un’agguerrita concorrenza sul mercato interno.

Secondo il WSJ, infatti, l’obiettivo dell’ingresso in forze in Telecom Italia del gruppo presieduto dal manager bretone Vincent Bollorè – che è anche secondo maggiore azionista di Mediobanca – è infatti proprio quello di dare “una direzione migliore” alla società italiana alla quale, a un certo punto, De Puyfontaine pare tendere la mano, affermando che Vivendi sarebbe ‘pragmatica’ per quanto riguarda la questione della rappresentanza in cda e potrebbe anche decidere di accettare un minor numero di sedie nel board in caso di diluizione della partecipazione con la conversione delle risparmio.

“Se non ci fosse un accordo saremmo molto felici di vedere ciò che il consiglio vorrebbe fare per risolvere l’impasse. Restiamo molto disponibili”, ha affermato l’ad di Vivendi.

L’impressione è, però, che se lo stato delle cose resterà così cristallizzato, dopo anni senza una direzione strategica e una leadership convincente Telecom Italia rischia – come spiega anche il WSJ – ancora una volta di trovarsi impantanata nelle sabbie mobili di una lotta interna tra il cda e l’azionista di riferimento.