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Riforma Rai, Renzi a gamba tesa minaccia il decreto d’urgenza

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Rinnovo della governance Rai entro l’estate. Renzi disposto a ricorrere al decreto d’urgenza ma è già polemica. Si vuole bypassare il Parlamento?

Il premier Matteo Renzi entra a gamba tesa sulla riforma Rai e arriva a ipotizzare anche il ricorso a un decreto d’urgenza per modificare la governance della tv pubblica.

Ma le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, oltre ad aver determinato la dura reazione di Forza Italia ed in primis dell’ex Ministro Gasparri firmatario dell’ultima legge sul sistema radiotelevisivo, aprono un nuovo scenario, lasciando intravedere all’orizzonte la possibilità che sul futuro della Rai si possa bypassare il confronto parlamentare per ricorrere alla decretazione d’urgenza.

Certo Renzi assicura che il tutto avverrebbe nel rispetto della Costituzione e dalla maggioranza precisano che un decreto legge sarebbe ipotizzabile solo in caso di uno stallo operativo dell’azienda o di un grosso buco di bilancio (l’esercizio 2014 dovrebbe chiudere in leggero utile) e non per modificare la governance.

In ogni caso il premier è deciso ad andare avanti in fretta. Ieri intervistato da Lucia Annunziata ha detto senza mezzi termini che “si parte a marzo”.

 

Rinnovo della governance tra l’estate e l’autunno

 

Ha poi spiegato poi come la via maestra per modificare la governance resti il disegno di legge, purché lo si porti a casa in tempi brevi. Altrimenti, “se ci sono le condizioni di necessità e urgenza”, non si esclude il ricorso al decreto, “come prescrive la Costituzione”.

Ancora non si conosce l’esatta calendarizzazione per la presentazione in Consiglio dei ministri ma i tempio stringono: gli attuali vertici di Viale Mazzini scadono a fine aprile con l’approvazione del bilancio, ma la presidente Anna Maria Tarantola è entrata in carica a luglio.

Il premier vuole arrivare al rinnovo in estate o, al massimo, in autunno con una nuova legge. “La Rai – indica Renzi – è un patrimonio meraviglioso, ha fatto l’Italia unita, ha insegnato agli italiani a leggere, poi c’è stato un periodo in cui, non tanto per problematiche politiche ma anche per quelle, ha scelto di inseguire il modello dell’audience e della competizione interna, ha fatto un’altra cosa”. È ora che sia “meno un luogo dove i partiti si spartiscono i vice caporedattori, più un luogo con la politica con la “P” maiuscola”.

 

La riforma

Il testo da presentare in CDM è abbastanza complesso e prevede interventi su diversi fronti:

  • Revisione delle norme sulla governance, con la creazione di un vero amministratore delegato che pensi ai conti e un direttore generale dedito al prodotto;
  • Un Cda ridotto, forse a quattro o cinque membri, nominato in base a criteri che lascino la titolarità al Parlamento, ma prevedano meccanismi per garantire indipendenza dai partiti;
  • La riforma del canone, per ridurre l’evasione;
  • L’anticipo del rinnovo della convenzione, in scadenza nel 2016.

Il punto di partenza, osserva Renzi, è la convinzione che il governo dell’azienda, “oggi nelle mani di procedure burocratiche complicatissime, diventi più efficiente e più efficace”. L’obiettivo è la radicale modifica delle norme vigenti e qui Renzi lancia la sua stoccata a Gasparri: “Pensiamo che la Rai debba essere il grande motore dell’identità educativa e culturale del Paese e in quanto tale non possa essere normata da una legge che si chiama Gasparri”.

Nel frattempo, giovedì 26 febbraio il Cda si riunirà a Milano per decidere sul piano di riassetto del direttore generale Luigi Gubitosi.

Matteo Salvini (Lega): ‘Ormai c’è il partito unico di Renzi’

 

 

Secondo il segretario della Lega, Matteo Salvini, il premier Renzi vuole riformare per decreto la governance Rai per dire “via i partiti dalla Rai perché ci deve essere solo lui, vuole togliere tutti quanti e restare solo lui, ormai c’è il partito unico di Renzi“. “Il decreto – ha aggiunto a Radio Padania – deve essere fatto su una materia urgentissima, il Cda della Rai è una cosa urgentissima? Probabilmente per Renzi, per blindare l’informazione più di quanto si sia fatto e che rasenta quella dell’Istituto Luce”.

 

Maurizio Gasparri (Forza Italia): ‘Renzi è un vero imbecille’

L’ex ministro delle comunicazioni reagisce subito su Twitter: “Matteo Renzi è un vero imbecille”.

Poi, diretto al premier: “Sei davvero una persona spregevole, torna nella loggia del babbo”. E ancora: “In quale loggia massonica di tuo padre ti hanno dettato le presunte norme per scuola e banche?”. E mentre il padre del premier pensa di querelare il vicepresidente del Senato, a difenderlo intervengono i capigruppo di Forza Italia Paolo Romani e Renato Brunetta.

La legge Gasparri — dicono — ha cambiato in meglio la televisione italiana introducendo il digitale terrestre: “Grazie a quelle norme la Rai ha potuto iniziare un’ampia sperimentazione sui contenuti”, spiega Romani. Mentre Mara Carfagna attacca: “Per ogni minuto dato nei tg Rai a Forza Italia o al Movimento 5 Stelle, la maggioranza di governo ne riceve fino a 7 volte tanto. Se Renzi vuole una Rai più pluralista e democratica potrebbe criticare questo”.

Roberto Fico (M5S): ‘Il ddl deve essere fatto dal Parlamento, non dal governo’

Non si trova d’accordo con la proposta di Renzi di optare per un decreto legge per la riforma Rai, il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Roberto Fico del M5S.

Fico sottolinea che “Il ddl deve essere fatto dal Parlamento, non dal governo. Questo sarà, per noi 5 stelle, il primo banco di prova del presidente Mattarella. Poi, se davvero l’obiettivo è svincolare la Rai dal potere dei partiti, potremmo anche lavorare insieme. La mia legge è pronta. Se quella del Pd va nella stessa direzione, potremmo accorparle e ottenere una corsia preferenziale che permetta una rapida approvazione”. 

Sulla stessa linea anche Pino Pisicchio, il presidente del gruppo Misto alla Camera e componente della Vigilanza Pino Pisicchio: “Non abbiamo bisogno di conflitti sulla riforma della Rai, ma di confronto serio sui contenuti della riforma in Parlamento, chiamando al tavolo il governo – ha detto – Avviamo subito una nuova costituente per la TV di Stato, senza innalzare barriere ideologiche e rammentando a tutti che l’attuale assetto di governo della Rai, prossimo alla scadenza, risale ad una stagione, quella dei cosiddetti tecnici, lontana dall’attuale sensibilità politica”.

Michele Anzaldi (Pd): ‘Camera e Senato aprano una corsia preferenziale per la riforma’

Secondo Michele Anzaldi, Pd, segretario della Vigilanza, “i tempi per intervenire in via parlamentare ci sono, per quanto stretti”, perciò invita i presidenti di Camera e Senato “ad aprire una corsia preferenziale”.

Matteo Richetti (Pd): ‘Inutili tre tg, basta una sola rete all news’

“Quando esiste una tv pubblica che vuole fare bene il suo lavoro nel campo dell’informazione, credo sia più che sufficiente che dedichi una sola rete alle news diversificando la mission delle altre e magari vendendone una. Credo che non abbia più senso avere tre telegiornali, tre approfondimenti, nonché una molteplicità di contenitori anche poco funzionali sul piano culturale e sociale. Ma perché tutte le emittenti (non solo la Rai) in prima serata mandano in onda talk show di politica dal lunedì al venerdì? Perché noi politici non costiamo nulla, sono i programmi più economici in assoluto, ma così stiamo rimbambendo la testa degli italiani!”. Così il deputato del Pd Matteo Richetti, ospite questa mattina del programma “KlausCondicio”, condotto da Klaus Davi e in onda su YouTube. “Diciamo la verità. Abbiamo venti sedi regionali – prosegue Richetti – che molto spesso teniamo aperte per pagare qualche straordinario e garantire qualche postazione a qualcuno. A che servono venti sedi regionali? Se accorpiamo le regioni, poi, con un’unica redazione possiamo coprire il Nord, con un’altra il Centro e con un’altra ancora il Sud. Ne bastano tre”.

“Ma poi a cosa servono programmi che fanno il 3, il 4 o il 5 di share in prima serata? Invece di fare tante cose che costano poco, ma che hanno anche bassa qualità, facciamo invece un grande investimento valorizzando quanto c’è di buono (e ve ne è tantissimo) nel servizio pubblico”, conclude.