La scadenza

Cda Rai, scade domani il termine per le (auto)candidature: candidiamoci tutti!

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Nessuna notiziabilità del termine del 20 aprile per presentare le candidature per i 4 membri del Cda di Viale Mazzini. Le candidature sono formalmente aperte a tutti. Farsa partitocratica? “BloggoRai” propone “candidiamoci tutti!”.

Quest’oggi, ad un giorno dalla scadenza del 20 aprile 2024 (domani), abbiamo cercato di verificare quale fosse l’attenzione dei media (“mainstream” o meno) in relazione al prossimo Consiglio di amministrazione della Rai, e soprattutto rispetto alla “elezione” dei 4 membri del Cda di pertinenza del Parlamento (2 Camera e 2 Senato): potrà sembrare incredibile, ma, nell’ultima settimana (consultando i database di servizi come Data Stampa e L’Eco della Stampa, che monitorano attentamente anche il web), non emerge 1 risultato uno!

Ovvero è evidentemente tendente a zero, anzi nulla, la “notiziabilità” di una procedura che pure è assolutamente pubblica, anche se nessuno l’ha paradossalmente… pubblicizzata: eppure l’“Avviso” è stato pubblicato il 21 marzo 2024, in specifiche pagine dei siti web del Senato, della Camera, e finanche della stessa Rai Radiotelevisione Italiana spa.

La notizia è stata naturalmente rilanciata dall’Ansa, ma quasi nessuno l’ha poi evidenziata e rilanciata: si rimanda (tra le eccezioni) all’intervento IsICult su “Key4biz” del 21 marzo 2024, “Pubblicato l’annuncio per le candidature al Cda Rai. Ok al nuovo Tusma e al contratto di servizio 2024-28 (clandestino)”.

Va evidenziato che le candidature sono formalmente aperte a tutti: basta inviare il proprio curriculum dettagliato e pochi altri documenti entro domani 20 aprile.

La selezione poi sarà fatta dal Parlamento, che eleggerà 4 persone, scelte nel novero di coloro che hanno inviato il proprio curriculum.

L’avviso è breve, scarno, e merita essere qui riprodotto:

“Per la presentazione delle candidature a componente del consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A., ai fini dell’elezione da parte della Camera dei Deputati, ai sensi dell’articolo 63, commi 15 e 16, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208:

  1. Coloro che intendono candidarsi a componente del consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A., ai fini dell’elezione da parte della Camera dei deputati, devono inviare la propria candidatura, a pena di irricevibilità, entro il 20 aprile 2024 esclusivamente tramite posta elettronica certificata al seguente indirizzo: cdarai2024@certcamera.it
  2. I candidati, nell’inviare la propria candidatura, devono allegare i seguenti documenti:
    1. un dettagliato curriculum vitae, dal quale risulti il possesso dei requisiti di cui al comma 10 dell’articolo 63 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, nonché quanto indicato al comma 11 del medesimo articolo;
    1. una dichiarazione, resa ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, circa l’insussistenza delle cause di ineleggibilità o decadenza di cui ai commi 12 e 13 del dell’articolo 63 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208;
    1. copia di un documento di identità in corso di validità.
  3. I candidati sono consapevoli che, presentando la candidatura, i propri curricula saranno pubblicati nei siti internet indicati al comma 16 dell’articolo 63 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, e che a tale riguardo non verrà richiesta alcuna autorizzazione.”

L’annuncio è ovviamente dello stesso tenore, fatto salvo un cambio di indirizzo “pec” per quanto riguarda Palazzo Madama: cdarai2024@pec.senato.it che si affianca a cdarai2024@certcamera.it.

Ovviamente nulla impedisce di inviare la propria candidatura sia alla Camera sia al Senato, anche se generalmente non tutti seguono questa procedura.

Si ricorda che, dei 7 membri del Cda, 4 sono “eletti” giustappunto dalla Camera, 2 sono nominati dal Governo ed 1 è eletto dai dipendenti Rai.

Il compenso è dignitoso, considerando che non si tratta peraltro esattamente di un incarico stressante, e certo non a tempo pieno: 66.000 euro lordi l’anno.

La durata dell’incarico è di 3 anni, e si può essere rieletti una volta soltanto.

I “requisiti” (sulla carta) per essere eletti nel Cda Rai

Il candidato / la candidata deve dichiarare che:

  • non ha conflitti di interesse o di titolarità di cariche in società concorrenti;
  • è un magistrato, anche a riposo, della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato, oppure è un professore ordinario di università in materie giuridiche, o un avvocato con venti anni d’esercizio alle spalle;
  • in mancanza del requisito precedente, comunque, si possono candidare tutte le “persone di riconosciuta onorabilità, prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti”, che si sono distinte in “attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale” con “significative esperienze manageriali”.

Il secondo documento, invece, è una dichiarazione firmata in cui si attesta che non si hanno i requisiti di ineleggibilità o di decadenza.

Bisogna quindi dichiarare di: non ricoprire la carica di Ministro, Vice Ministro o Sottosegretario di Stato, e non averla ricoperta negli ultimi 12 mesi; non avere la carica di Sindaco (per i Comuni sopra i 20mila abitanti), né di Presidente di Provincia o di Consigliere Regionale; non aver subito un’interdizione dai pubblici uffici, che sia perpetua o temporanea, anche per misure giudiziarie preventive; non aver ricevuto una condanna definitiva per delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica o per un delitto in materia tributaria, né per gli illeciti societari previsti dal codice civile (come la corruzione tra privati, l’aggiotaggio, le false comunicazioni sociali), né per qualunque delitto non colposo se la pena è superiore a due anni…

Fin qui, la forma.

Veniamo alla sostanza: come ormai prassi, questa delle “autocandidature” è un ridicolo schermo formale che nasconde pratiche basse, ovvero un processo decisionale giocato tutto nelle segrete stanze delle segreterie dei partiti.

Sono i leader dei partiti che decidono, tutto il resto è una ridicola quanto penosa sceneggiata

S’è dimostrato, nel corso degli anni, che talvolta i nomi dei “designati” (perché questa è: una designazione “intuitu personae” da parte dei segretari di partito) vengono addirittura comunicati – quasi con modalità… “pizzino” – agli stessi parlamentari, dai Capi Gruppo, lo stesso giorno… poco prima della votazione!

Qualche deputato e senatore s’è talvolta lamentato di questa procedura semi-clandestina ed un po’ surreale, ma nessuno ha mai richiesto – a memoria d’uomo – che questa sceneggiata venisse corretta.

Nessun Presidente della Camera o del Senato ha finora mai avuto il coraggio di mettere in atto procedure diverse: in effetti, se la legge è generica, nulla impedirebbe di attivare una procedura pubblica di valutazione comparativa dei curricula, organizzando finanche delle audizioni dei candidati…

In passato, qualche voce della società civile emergeva, qualche dissidente invocava trasparenza e meritocrazia, ma, col passare degli anni, sembra prevalere una sorta di rassegnazione.

“BloggoRai”: “candidiamoci tutti”, e magari ricorriamo ai giudici, per mettere “una bella manciata di sabbia nello sporco ingranaggio”

Va segnalato che esiste soltanto una “voce” che, da settimane (ovvero dal 13 marzo, ovvero una settimana prima della pubblicazione dell’avviso per le autocandidature), ha proposto un’azione di civile contestazione, col motto “candidiamoci tutti”: si tratta della fonte informativa più accurata sul “sistema Rai”, ovvero “BloggoRai”, un blog veramente stimolante, anzi intrigante, sia per la qualità tecnica delle informazioni che propone (spesso in anteprima, se non in esclusiva), sia per l’approccio critico (serio ed equilibrato). Peccato che il redattore del blog continui a celarsi nell’anonimato, anche se molti operatori del settore sanno bene chi sia (un ex dirigente Rai)…

Il 16 marzo 2024, “BloggoRai” rilanciava il commento di un lettore (anonimo): “Bloggorai ha proposto “candidiamoci tutti” e poi, visto che certamente nessuno al mondo si prenderà la briga nemmeno di leggere i cv come successo la volta precedente, si può poi ricorrere al Giudice ordinario (una specie di “class action”) che, a sua volta, potrà rimettere il problema alla Corte Costituzionale. Certo, se ne riparla tra anni. Però gli si mette una bella manciata di sabbia nello sporco ingranaggio”. Il 18 marzo 2024, “BloggoRai”: “Lo abbiamo scritto: c’è una ipotesi fantasiosa ma non impraticabile in grado di gettare sabbia negli ingranaggi. Candidiamoci tutti! Poi, i candidati che vedranno beatamente ignorata pura le semplice lettura del proprio cv, potranno presentare ricorso sulla modalità di selezione dei cv,  e ricorrere al Giudice ordinario per chiedere almeno l’applicazione dell’art. 700 CpC”. E veniva richiamato l’articolo del Codice di Procedura Civile: “chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo  occorrente  per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato  da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice  i  provvedimenti  d’urgenza,  che   appaiono,   secondo   le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente  gli  effetti della decisione sul merito…”.

Uno dei tanti “toto-nomine” per il Cda Rai…

Intanto, i media “mainstream” nemmeno si ricordano che esiste (esisterebbe) una procedura pubblica, e che Camera e Senato dovrebbero valutare o anche soltanto leggere i “curricula” dei candidati…

Ed invece si appassionano, tutti, al toto-nomine che viene dai corridoi del Palazzo.

Ne riportiamo uno “a caso”: il prossimo Amministratore Delegato dovrebbe essere Giampaolo Rossi, attualmente Dg della Rai, intellettuale d’area Fratelli d’Italia (gode in particolare della fiducia della Premier Giorgia Meloni), succederà a Roberto Sergio (attuale Ad). Il prossimo Direttore Generale potrebbe essere Marcello Ciannamea, attuale Direttore Intrattenimento Prime Time, gradito alla Lega.

Resta aperta la partita della presidenza: Gianni Letta, e quindi Forza Italia, spinge per Simona Agnes (che già siede nell’attuale Cda) che però non convince la Lega, che le preferirebbe uno tra Alessandro Casarin (Direttore del Tgr, la testata giornalistica regionale della Rai), Federica Zanella (deputata della Lega Salvini dal 2018 al 2022), l’ex Direttrice di Rai 1 Teresa De Santis (con un passato a “il Manifesto”) o Antonio Marano, ex Sottosegretario di Silvio Berlusconi e poi dal 2002 in Rai (Marano è anche Direttore commerciale di Milano-Cortina). E circola anche il nome “trasversale” (sinistra/destra) di Gianni Minoli.

Gli altri nomi della maggioranza per il CdA sono quelli di Lorenza Lei, lunga carriera nella tv pubblica e prima Dg donna della Rai (nominata l’anno scorso Responsabile Cinema e Audiovisivo su delega del Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca), e di Annalisa Terranova (attuale Vice Direttrice de “Il Secolo d’Italia”, il quotidiano di FdI).

Per quanto riguarda l’opposizione, il Movimento 5 Stelle pare voglia confermare Alessandro Di Majo. Il Partito Democratico naviga in acque confuse, anche in questa vicenda: tanti i nomi circolati ma nessuno certo… dalla scrittrice e candidata al Premio Strega con “Chi dice e chi tace” (edito da Sellerio) Chiara Valerio all’ex direttore di Rai News Antonio Di Bella, senza dimenticare la ex Presidente del Maxxi (nonché Ministro della Cultura) Giovanna Melandri… I “bookmaker” danno invece per sicura (o quasi) la nomina di Davide Di Pietro, consigliere “in quota” dipendenti (che ha sostituito il compianto e pugnace Riccardo Laganà, prematuramente scomparso l’anno scorso)…

Quel che abbiamo fin qui proposto è semplicemente un simpatico florilegio dei nomi che “circolano” …

Qualcuno di questi candidati (se lo saranno, come pure è assai probabile, ma attendiamo lunedì 22 aprile per avere l’elenco) ha espresso idee particolari sulla propria “idea di Rai”?! Non ci risulta. E ciò basti. Ovviamente questa osservazione non vale per candidati come Giampaolo Rossi, che una sua idea di Rai l’ha comunque mostrata, essendo alla guida di Viale Mazzini come Dg (seppur “sottodimensionato” rispetto al potere che esercita l’Ad).

Un paradosso, teorizza Francesco Storace: chi comanda in Rai non vince le elezioni

La questione di queste nomine presenta aspetti paradossali, anche dal punto di vista degli “elettori” stessi, ovvero i partiti: la partitocrazia la gestisce in modo semi-occulto, ma non necessariamente questo controllo politico delle nomine è garanzia di chance di influenzare, in prospettiva, i telespettatori ovvero l’elettorato.

Ieri, sul quotidiano “Libero” (diretto da Daniele Capezzone e Mario Sechi), Francesco Storace (già Presidente della Regione Lazio, Ministro nel Berlusconi III, senatore di Alleanza Nazionale, etc.), in un articolo (richiamato in prima) intitolato “Comandare in Viale Mazzini non fa vincere le elezioni”, evidenziava come “i partiti si scannano ma comandare in Rai non garantisce di vincere le elezioni”.

Scrive Storace: “almeno da quando c’è il maggioritario, il bipolarismo italiano premia chi non comanda a viale Mazzini. Lo ha mostrato con la forza dei dati in una slide Giovanni Floris l’altra sera a La7, durante il suo programma ‘DiMartedì’”. E snocciola alcune date/dati: 1994, “professori”, Rai di sinistra, vince la destra; 1996, Rai di destra (Moratti), vince la sinistra; 2001, Rai di sinistra, vince la destra; 2006, Rai di destra, vince la sinistra; 2008, Rai di sinistra, vince la destra; 2013 Rai Cda “di destra”, vince la sinistra; 2018 Rai Cda “di sinistra”, vincono 5Stelle e Lega. Poi arriva la stagione dei tecnici e nel 2022 chi vince? L’unica forza politica che non sedeva nemmeno nel consiglio di amministrazione, Fratelli d’Italia. Scongiuri”.

Verrebbe da commentare: se fosse proprio così (si tratta di una tesi che dovrebbe essere meglio vagliata con la necessaria tecnicalità, sia da mediologi che da sociologhi e politologhi), perché la partitocrazia non stimola quindi un processo selettivo degno di un Paese realmente civile e democratico?!

I Presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, potrebbero avere il coraggio di attivare una implementazione tecnica e meritocratica della procedura…

Siamo ancora in tempo: nulla impedisce agli uffici di presidenza di Lorenzo Fontana a Montecitorio e di Ignazio La Russa a Palazzo Madama di non essere totalmente succubi del sistema che pure li ha espressi.

Non appena gli uffici avranno ricevuto le candidature, potrebbero comunque avviare una procedura tecnica di valutazione comparativa e convocare audizioni dei candidati emergenti da una scrematura tecnocratico-meritocratica, sulla base dei “titoli” ovvero delle “esperienze” evidenziate dai curricula.

Va ricordato che un timido tentativo in questa direzione fu tracciato anni fa dall’ex Presidente della Commissione Vigilanza Rai, Roberto Fico (Movimento 5 Stelle) nella veste di Presidente della Camera, che sostenne che era venuto il momento di “valutare le competenze e non le appartenenze”. Ma questa apprezzabile dichiarazione di intenti non si tramutò in una concreta procedura.

La vecchia e nuova (auto)candidatura di Stefano Rolando…

Ha rilanciato la propria candidatura in questi giorni anche un esperto del livello di Stefano Rolando (docente universitario e saggista, già Direttore Generale alla Presidenza del Consiglio con dieci governi, dal 1985-1995, dirigente Rai e Olivetti, Direttore Generale Istituto Luce e Regione Lombardia…), che già anni fa scrisse una lettera aperta al Parlamento, pubblicata da “Linkiesta” il 19 luglio 2018 (l’indomani rispetto all’avvenuta elezione dei 4 membri), intitolata “Onorevoli, prestigiosi, competenti”. Scriveva allora Rolando, alla luce della propria esperienza: “ho legittimamente pensato quello che si pensa, con certezza della procedura, quando si aspira ad upgrading in università, in una carriera ospedaliera, in una responsabilità pubblica: sarò dunque valutato. Ci sarà magari un nucleo tecnico o misto, un organo comunque regolato da imparzialità che, partendo da quel profilo normato, affonderà lo sguardo su storie complesse sollecitate da quella legge a mettersi al servizio di una composizione vincolata al coraggio dei proponenti e al diritto di scelta dei decidenti. Ho pensato che sarei arrivato quinto, decimo o ventesimo attorno a un titolo e magari diversamente attorno a un altro titolo. Oppure che, dopo attenta analisi, il comitato tecnico insediato avrebbe segnalato ai parlamentari una short list con in evidenza i caratteri oggettivamente significativi dei percorsi più rispondenti alle parole “prestigio e competenza”. (…) Uso la parola “coraggio” perché quando si è portata quasi a termine una carriera onorevole con molte comprovazioni, ci vuole “coraggio” per vedersi valutare con altri nello stato di indipendenza e mettere in bilancio la possibilità di essere posposto a profili oggettivamente più robusti e mirati. Ma anche per mettere i decisori in condizione di avere argomentazioni attorno alla proposta procedurale dello stesso Presidente della Camera: “valutare la competenza“. Procedura che ha tuttavia una sua bellezza civile”… Fin qui le premesse, e poi la amara denuncia: “si scopre adesso che i cv accolti dal Parlamento sono stati stivati senza alcun trattamento. Hanno cioè avuto solo un criterio di “valutazione”: quello dell’occhieggiamento, della guardatina, della sbirciata. Cioè quello di poter essere caso mai letti nel sito di Camera e Senato e apprezzati o disprezzati oggettivamente dai curiosi, dai giornalisti o anche dai parlamentari decisori, ma questi ultimi senza alcuna procedura di valutazione, né specifica ne sommaria”. E, ancora: “il perché è pura retorica chiederselo. Perché il metodo decisionale ha riguardato alcune figure scelte in sede politica tra quelle partecipanti senza impegnare alcun criterio di comparatività circa le “competenza” (e se vogliamo anche circa le più controverse espressioni “onorabilità e prestigio”)”.

A distanza di sei anni da allora, la vicenda si ripropone, con le stesse caratteristiche: la partitocrazia finge di promuovere un avviso “pubblico” per una pseudo-selezione che si pone come schermatura per un processo decisionale definito in segreto.

Una semplice implementazione tecnica della procedura elettiva, con una previa valutazione comparativa, non è una “mission impossible”

Noi stessi, tre anni fa, su queste stesse colonne del quotidiano online “Key4biz”, in occasione della pubblicazione del novello “avviso”, avevamo proposto che la procedura selettiva prevedesse un minimo di tecnicalità:

  • una programmatica dichiarazione di intenti…
  • una forma standardizzata per la presentazione dei curricula
  • delle audizioni da parte della Commissione parlamentare di Vigilanza…
  • uno schema interrogativo, una griglia di poche ma essenziali domande, a mo’ di questionario, affinché gli aspiranti candidati possano esprimere la loro “idea” di Rai che sarà…

La proposta non fu accolta da nessuna parte politica, e cadde nel vuoto (vedi l’intervento IsICult su “Key4biz” del 1° aprile 2021), “Rai, pubblicato l’avviso per le autocandidature al Cda Rai. Ma nessuna innovazione”). E noi stessi, in quell’articolo, richiamavamo le “belle intenzioni” di Roberto Fico del 2018: “il 3 maggio 2018 Roberto Fico aveva scritto sulla sua pagina Facebook: “il mio auspicio è che questi quattro componenti del nuovo consiglio di amministrazione siano votati dal Parlamento in base al merito e alle competenze, solo così si potrà ribadire il significato più profondo del servizio pubblico radiotelevisivo, bene comune che appartiene a tutti i cittadini”. Il 17 giugno 2018, sosteneva: “il tema del servizio pubblico radiotelevisivo l’ho seguito per cinque anni da presidente della Commissione di Vigilanza Rai, avendo come unica stella polare l’autonomia e l’indipendenza della Rai dalla politica, perché questo è il senso del servizio pubblico. È qualcosa a cui ho lavorato con costanza e ostinazione, in cui credo profondamente… Il modo in cui la politica si comporterà rispetto a questo percorso sarà il primo vero banco di prova della legislatura”. Fico rivolgeva “un appello vigoroso a tutto l’arco parlamentare: occorre un salto culturale, è necessario rifiutare la logica dell’appartenenza per premiare esclusivamente merito, competenze, capacità di visione del servizio pubblico”. Parole al vento: “il concetto di “salto culturale” deve essere stato interpretato dai più in maniera opposta rispetto a quella auspicata: un salto all’indietro, una nuova immersione nelle acque torbide della partitocrazia. Sosteneva Fico, se questo salto non si fosse concretizzato: “in caso contrario, saremmo davanti a un vero e proprio fallimento”. E così è stato, fallimento vero e proprio, e così riaccadrà tra qualche settimana, se non si metterà in atto un ravvedimento operoso”.

Nessun… “ravvedimento operoso” s’è concretizzato, né nel 2018 né nel 2021 e nel 2024 i partiti rimettono in scena la stessa farsa. Per chi fosse interessato (storici dei paleo-media?!), segnaliamo anche i due successivi interventi, sempre su queste colonne: vedi “Key4biz” del 5 maggio 2021, “Cda Rai, nomi candidati trapelano. Scarsa trasparenza? Ecco gli elenchi”, e, successivamente, del 15 luglio 2021 (dopo l’avvenuta elezione del 14 luglio), “Nuovo Cda Rai: prevale la sinistra, nessun consigliere in quota Fratelli d’Italia”.

Tre anni fa, anche lo stesso Movimento 5 Stelle fu tradito, al suo interno, da una procedura autocratica messa in atto dall’allora “reggente” Vito Crimi

Nell’articolo del 15 luglio 2021, rilanciamo le proteste emerse anche all’interno del partito (M5s) che – sulla carta – avrebbe dovuto garantire la massima trasparenza: “E non può non essere riportata la protesta di alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle, che così si sfogano con le agenzie stampa (in modo anonimo peraltro!). L’Adn riferisce di una accesa riunione di gruppo convocata con urgenza a Palazzo Madama: “avevamo scelto un’altra persona, assurdo che ci impongano un nome che abbiamo audito e non ha competenze in materia di tv”, il duro attacco rivolto da alcuni pentastellati (anonimi!) ai vertici del Movimento. La scelta sarebbe avvenuta “dall’alto”, ed in funzione della stima che il neo-leader del Movimento l’avvocato Giuseppe Conte avrebbe nei confronti di Alessandro Di Majo (avvocato). “Dopo le audizioni, 6 dei nostri in Vigilanza avevano scelto Antonio Palma. 1 solo voto era andato ad Alessandro Di Majo, mentre 1 altro voto è andato a Paolo Favalecom’è stato possibile ignorare un’indicazione così netta?”, il refrain che rimbalza tra alcuni senatori. Il dito viene puntato contro il Capo Politico reggente Vito Crimi e contro i Capigruppo di Senato e Camera, Ettore Licheri e Davide Crippa. “Di fronte a questo assurdo ribaltamento, abbiamo chiesto di convocare, con urgenza, un’assemblea di gruppo”, hanno spiegato. Dalla riunione, sarebbe trapelata l’ira di molti pentastellati: molti sarebbero intervenuti criticando il metodo e bollando Di Majo come “inadeguato”. Anche in questo caso – come spesso – trasparenza zero. Nessuno aveva saputo che ci fosse stata una votazione interna al Movimento 5 Stelle…”. Ovvero, si aveva notizia che il M5s aveva promosso delle sue (private) audizioni, il cui esito è stato però fallimentare.

E riportavamo anche la lamentazione dell’allora deputato di punta di Italia Viva Michele Anzaldi, che con candore si lamentava di non essere stato coinvolto – come partito – nelle trattative segrete, giustappunto… inter-partitiche, prima della votazione in aula.

Nel rilanciare la propria candidatura, Stefano Rolando ha scritto ieri l’altro, nella chat su whatsap dell’Associazione Infocivica – Gruppo di Amalfi: “Cari amici di Infocivica accogliendo l’istanza di essere parte attiva nel confronto sulla trasparenza di un metodo di selezione che fino ad ora non ha avuto alcuna trasparenza, ho ripresentato oggi a Camera e Senato la candidatura per il cda della Rai, scrivendo la seguente motivazione nella lettera di accompagnamento: “Ho accolto l’istanza a candidarmi espressa da una associazione di operatori che per lo più hanno dato in Rai il loro contributo professionale  – o anche che continuano a dare il loro contributo professionale –  nel convincimento della necessità etica, civile e culturale del servizio pubblico radiotelevisivo, associazione indicata nell’allegato cv, di cui sono stato tra i  fondatori e che attualmente presiedo. In sintonia con altre associazioni e giuristi insigni, candidature di questo genere intendono ampliare in senso civico la rappresentatività del prossimo CdA e intendono esercitare la massima attenzione al controllo esercitato sulla Rai dalle istituzioni nei limiti dello spirito e della lettera della Costituzione e nelle forme di rispetto di un’autonomia creativa e gestionale finalizzata agli interessi generali”.

Il nostro miglior augurio al candidato come Stefano Rolando, da parte di un “concorrente” senza dubbio di minor prestigio, qual è colui che cura questa rubrica IsICult per Key4biz (anche Angelo Zaccone Teodosi, più per scherzo e per provocazione che per convincimento, si candida, suvvia), ma temiamo che quella di Stefano Rolando (così come la nostra, “si parva licet”) non possa che risolversi in una commendevole testimonianza di impegno civile.

Testimonianza civile (oltre che intellettuale e politica) che temiamo resterà totalmente inascoltata da una politica partitocratica che ha dimostrato in reiterate occasioni di predicar bene e di razzolar male, ignorando completamente le istanze della società civile e delle comunità professionali, tecniche, scientifiche, accademiche.

E verrà ignorato il nuovo Regolamento Europeo sulla Libertà dei Media, che prevede “procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie” e “criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori”?

Tre giorni fa, è emersa l’annuncio di un’altra autocandidatura, questa tutta politica, ovvero quella di Elio Vito (già parlamentare di Forza Italia dal 1992 al 2022), pubblicata sulle colonne di “Huffpost”, intitolata: “Mi candido al Cda della Rai contro la spartizione che se ne frega delle norme europee”. Il candidato si riferisce all’avvenuta recente approvazione del nuovo Regolamento Europeo sulla Libertà dei Media, che – senza dubbio – rafforza il criterio della indipendenza per i consiglieri di amministrazione dei fornitori di media del servizio pubblico, come la Rai. Il Regolamento europeo (noto anche come “European Media Freedom Act” ovvero “Emfa”) prescrive che le norme nazionali per la nomina del direttore e dei membri del consiglio di amministrazione devono essere “finalizzate a garantire l’indipendenza dei fornitori di media del servizio pubblico” in base a “procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori…”. 

Temiamo che questo altisonante atto europeo possa determinare un simpatico buco nell’acqua, rispetto all’imminente elezione da parte del Parlamento italiano…

Da un Governo che si annunciava innovativo – e che sbandierava il vessillo della meritocrazia – ci si poteva attendere – anche su questa “piccola” vicenda delle elezioni del Cda della Rai – un salto di qualità, una inversione di marcia, ed invece – una volta ancora – si assiste ad un rinnovato gattopardismo.

Torneremo su questi temi, non appena l’elenco delle prevedibili centinaia di candidati verrà reso noto da Camera e Senato.

E si potrebbe finanche promuovere una sorta di “action class” da parte di tutti i candidati, richiedendo una implementazione “tecnica” della procedura prima dell’elezione a Montecitorio ed a Palazzo Madama.

Ha ragione “BloggoRai” e facciamo nostra la sua campagna “candidiamoci tutti!”.

Più saranno i candidati, più potrebbe scaturire una qualche azione provocatoria di “moral suasion” se non addirittura una vera e propria azione legale…

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.