I dubbi

Riforma Rai, politica fuori dalla Tv pubblica? Sembra di no

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Le anticipazioni rilasciate ieri dal Premier Renzi al termine del CDM non lasciano presagire che ci sarà il tanto decantato distacco tra politica e Rai. La polemica cresce in attesa del disegno di legge.

La riforma della governance Rai riuscirà davvero a determinare il tanto decantato distacco tra politica e Tv pubblica?

E si potrà realizzare nei tempi auspicati dal Governo, ovvero prima della scadenza, questa primavera, degli attuali vertici?

Ieri il Consiglio dei Ministri ha effettuato un primo esame delle proposte presentate dal Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, rinviando al prossimo CDM l’approvazione del disegno di legge che passerà poi al Parlamento.

Sulla riforma sembrano già esserci delle forti divisioni politiche e già questo lascia presagire che la discussione sarà molto animata, con Forza Italia e M5S pronti a dar battaglia.

Il nodo più grosso appare però al momento il mal riuscito tentativo di mettere la politica fuori dalla Rai.

Stando, infatti, alle dichiarazioni rilasciate ieri da Matteo Renzi, al termine della conferenza stampa per la presentazione del Piano sulla scuola, non sembra proprio che si riuscirà in questo intento.

Il Premier ha ribadito alcuni concetti chiave, alcuni già circolati nei giorni scorsi, che non sembrano andare in questa direzione.

Renzi vorrebbe che la Rai diventasse “la più grande impresa culturale d’Europa”, in grado di “competere nello scenario internazionale con più forza”.

E ha anche sottolineato che per realizzare questo progetto, molto ambizioso, “occorre innanzitutto che non vi sia contiguità con i partiti e le forze politiche”.

Ma come evitare che questo accada se le nomine – capo dell’azienda e membri del Cda Rai – passeranno tutte dalla politica?

Su questo non sembrano esserci dei dubbi. Renzi ieri è stato chiaro, sostenendo che “il Governo ha il dovere più che il diritto di individuare il capo azienda che deve passare dal voto di conferma del Cda”.  Del resto, come lui stesso ha ricordato, il Tesoro possiede il 99,7% della Rai.

Questo in altre parole significa che questo amministratore forte, di cui si parla da giorni, sarà espressione del Governo.

Un amministratore che dovrà essere confermato dal Consiglio d’amministrazione della Rai, la cui maggioranza dei membri sarà sempre scelta dalla politica.

Il Premier ha infatti dichiarato che saranno scelti dal Parlamento in seduta comune e, a parte i dubbi di costituzionalità (i casi delle elezioni in seduta comune sono elencati nella Carta in modo molto preciso, ndr), saranno sempre espressione dei partiti di maggioranza.

A poco serve che uno dei componenti del Cda sarà espressione dei dipendenti dell’azienda. Iniziativa lodevole, certo, ma che si perde tra le considerazioni che poi tutto questo celebrato progetto di tenere i partiti fuori dalla Rai non sembra si realizzerà.

Almeno stando così le cose.

 

Che fine ha fatto il modello BBC?

Sicuramente bisognerà aspettare di vedere il disegno di legge che sarà presentato al prossimo CDM, al quale alacremente da mesi sta lavorando Giacomelli.

Forse ci riserverà delle sorprese visto che il Sottosegretario non ha mai nascosto il proprio apprezzamento per il modello della BBC.

Ma, nella Tv pubblica d’Oltremanica, i vertici vengono nominati con un sistema completamente diverso, atto proprio ad assicurare che non ci sia alcuna ingerenza della politica nella scelte della BBC. E, limitandoci alle dichiarazioni di ieri del Premier, sembra che questo modello sia stato del tutto accantonato.

Alla BBC sono tre i principi su cui si basa la governance per rendere il sistema radiotelevisivo britannico il più indipendente possibile dalla politica.

Le nomine vengono effettuate tra i candidati; c’è un’unica newsroom (questo è quello che vorrebbe realizzare il Dg Gubitosi con il nuovo Piano sull’informazione, ndr); e, last but not least, il Parlamento svolge solo funzioni di controllo e non elettive.

I vertici della BBC che siedono nel Trust e nell’Executive Board non vengono, quindi, nominati dalla politica, ma selezionati tramite colloquio come avviene per qualsiasi altro funzionario della Pubblica amministrazione.

Gli annunci di Renzi al momento lasciano un po’ delusi ma è giusto, prima di arrivare a conclusioni affrettate, aspettare di vedere i contenuti del disegno di legge che sarà presentato al prossimo Consiglio dei Ministri.