perché 'no'?

Pos, perché il Consiglio di Stato stoppa le sanzioni a chi rifiuta l’mPayment

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Il Consiglio di Stato esprime un parere contrario alle sanzioni fino a 30 € per chi rifiuta i pagamenti al Pos, non perché sia riluttante all’mPayment, ma perché ‘il richiamo all’articolo 693 del codice penale’ per le multe non regge ‘sul versante giuridico. La sanzione va cercata nelle norme che disciplinano le attività commerciali e professionali’.

Dal Consiglio di Stato arriva lo stop alle sanzioni per i commercianti e professionisti che si rifiutano di ricevere i pagamenti con il Pos (Point of Sale, ovvero il dispositivo che permette al cliente di pagare tramite bancomat o altra carta). Ma il ‘No’ dei giudici amministrativi non deve essere inteso come un atteggiamento riluttante verso la moneta digitale. Anzi. La Sezione, presieduta da Claudio Zucchelli, fornisce anche la soluzione al legislatore nell’individuare la norma giusta nell’ordinamento giuridico a cui far riferimento per applicare le multe a chi non accetta i pagamenti digitali attraverso il Pos.

Il Consiglio di Stato, dunque, nel suo parere, chiesto dal Ministero dello sviluppo economico ha bocciato lo schema di decreto del Mise, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in cui sono previste sanzioni amministrative pecuniarie fino a 30 euro per i commercianti e professionisti che non accetta pagamenti con carte di credito, di debito e prepagate.

In sostanza non c’è stato il parere favorevole dei giudici perché per l’introduzione delle multe a chi rifiuta l’mPayment i due ministeri nello schema di decreto hanno ripescato e riadattato l’articolo 693 del codice di procedura penale: “chiunque rifiuta di ricevere monete con corso legale nel territorio dello Stato è punito con la sanzione amministrativa fino a € 30”. E il legislatore avrebbe voluto estendere questa sanzione anche alla moneta di plastica. Ma non ha ottenuto il lasciapassare dei giudici del Consiglio di Stato perché il richiamo all’articolo 693 è “non condivisibile sul versante strettamente giuridico”, ossia non rispettato il principio sancito dall’art. 23 della Costituzione secondo il quale nessuna sanzione “può essere imposta se non in base alla legge”.

Per essere ancora più chiari, il Mise e il Mef, nell’elaborare lo schema di decreto di attuazione della direttiva europea sui pagamenti (PSD2), relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, hanno sbagliato la norma di riferimento nell’applicare le sanzioni a chi rifiuta i pagamenti col Pos. L’obiettivo è dare, finalmente, un senso alla Legge di Stabilità 2016 che ha reso il Pos obbligatorio, ma la legge è monca: non prevede sanzioni per chi non si adegua.

La soluzione, infine, è stata avanzata, in questo caso indirizzata al nuovo Governo M5S-Lega che sta per nascere, dallo stesso Consiglio di Stato che suggerisce di cercare le sanzioni all’interno dell’ordinamento giuridico che disciplinano le attività commerciali e professionali.

Prima il legislatore individua la norma giusta prima si potrà dare una netta accelerata ai pagamenti digitali in Italia, che sono il fanalino di coda in Europa, come emerge dall’ultima relazione annuale della Banca d’Italia: nel nostro Paese sono circa 2,5 milioni i Pos installati, tanti, ma poco utilizzati. Infatti le operazioni per terminale sono appena 1.373 ogni anno: a Londra sfiorano le 7mila, a Parigi sono più di 6mila, a Berlino oltre 3mila e in Olanda quasi 14mila.

In Italia il 25% degli italiani preferisce ancora pagare in contanti. Ma contro i contanti è partito anche il monitoraggio automatico della Banca d’Italia: è in fase di sviluppo finale il sistema informatico che provvederà a tale controllo e che consentirà, ogni qualvolta ci sarà un deposito o un prelievo superiore ai 3.000 euro, di far partire in tempo reale la segnalazione agli uffici antiriciclaggio di Bankitalia (come previsto del decreto legislativo 90/2017 in merito alle norme antiriciclaggio di denaro). Le segnalazioni, infine, potranno partire già da dicembre 2018, in modalità che saranno stabilite nelle prossime settimane in riunioni tra tecnici operatori del settore.

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