economia della cultura

NFT e il mercato dell’arte. Presto una rivoluzione digitale?

di Paolo Maria Gangi, Avvocato del Foro di Roma e Paolo Zagaglia, Professore di Economia UniBo |

L’universo degli NFT è un fenomeno recente e sicuramente positivo, il quale permetterà lo sviluppo di un mercato internazionale dell’arte e degli oggetti da collezione, svincolandolo dai colli di bottiglia dei soggetti che lo intermediano e liberando, in definitiva, nuove, importanti, possibilità nell’ambito dei processi di digitalizzazione e dell’economia della cultura. 

Il filosofo Giordano Bruno sosteneva che l’universo fosse infinito e, quindi, costituito da un’infinità di mondi paralleli: nel presente articolo, senza voler scendere nelle profondità del pensiero di Bruno, cercheremo d’identificarne uno, il cosiddetto Metaverse, popolato da NFT, vale a dire i “non fungible tokens” (per un’introduzione generale sugli NFT, si veda l’articolo, scritto da Paolo Maria Gangi, su questa testata), e di considerarne – in estrema sintesi – struttura ed individualità ontologica. L’universo degli NFT è un fenomeno recente e (almeno a nostro parere) sicuramente positivo, il quale permetterà lo sviluppo di un mercato internazionale dell’arte e degli oggetti da collezione, svincolandolo dai colli di bottiglia dei soggetti che (ancora adesso) lo intermediano e liberando, in definitiva, nuove, importanti, possibilità nell’ambito dei processi di digitalizzazione e dell’economia della cultura. 

Il problema dell’attribuzione e dell’autenticità di un’opera d’arte nei mercati tangibili

I mercati “reali” delle opere d’arte sono incentrati attorno alla capacità del proprietario di dimostrare l’attribuzione di un’opera ad uno specifico autore. Un quadro del Guercino “attributo” al vero artista Guercino, nato l’8 Febbraio 1591 a Cento, “comanda” un prezzo di mercato alla vendita ed all’acquisto diverso rispetto a quello che verrebbe richiesto ed offerto per una copia dello stesso quadro, realizzata da un altro autore. Il valore economico che deriva dal disporre di un quadro “attribuito” al Guercino è diverso rispetto a quello che può derivare da una copia “attribuita” ad altri.

Potremmo dire che si tratta di una pura conseguenza della “legge della domanda e dell’offerta”: i dipinti originariamente prodotti dal Guercino sono estremamente limitati in quantità. Inoltre, questi portano con sé una “storia di transazioni” che contribuisce a definire il prezzo che un acquirente sarebbe disposto a corrispondere ad un venditore: oggi, rispetto al passato.

NFT: l’autenticità della copia digitale di un’opera d’arte unica nel mondo reale

Se tutto quello che abbiamo scritto in precedenza si verifica davvero, ci potremmo aspettare che la copia digitalizzata di un quadro del Guercino venduto tramite un NFT possa assumere un valore economico da transazioni di mercato sostanziale legato al valore dell’opera tangibile. In questo senso, l’autenticità dell’opera reale si trasmette all’autenticità della copia digitale venduta tramite NFT, il cui valore è tutelato tramite la tracciabilità delle transazioni nella blockchain. Dunque, la capacità di documentare l’autenticità dell’opera tangibile che è stata digitalizzata  – cioè il dipinto “reale” del Guercino – diventa essenziale per sostenere il valore di mercato della copia digitale.

Attenzione: in questa catena di relazioni abbiamo perso un passo intermedio. Laddove vi è proliferazione online di immagini digitali, con un copia-incolla che regna “sovrano” e con un basso livello di tutela “attiva” del diritto d’autore da parte delle autorità, diventa imprescindibile poter dimostrare di aver creato l’immagine digitalizzata direttamente dal quadro tangibile autentico. Se ciò non avviene, non si riesce a dimostrare il legame tra la copia digitalizzata ed il quadro reale. E questo può far crollare tutto il castello del valore economico dell’NFT.

Ne emerge un’osservazione: “unicità” dell’NFT non necessariamente va di pari passo con “autenticità” dell’opera digitale. E ciò non potrebbe non avere un impatto sul prezzo che un acquirente vorrebbe corrispondere all’autore dell’NFT stesso!

L’Autenticità dell’Opera Digitale “Nativa”

Gli NFT non necessariamente rimandano a un file (cioè il file “linkato” dallo smart contract; sul tema del link contenuto negli NFT, si veda il nostro precedente articolo su questa testata) che costituisce la copia digitale di un’opera d’arte reale. Si è ormai sviluppato un mercato giovane ma relativamente strutturato (in termini sia di valore economico delle transazioni e sia di spessore artistico degli autori in esso attivi) di opere “native digitali”, cioè nate in versione digitale e – tra l’altro, in genere – di opere ideate e realizzate per essere, poi, vendute come NFT. Queste possono trovare il loro spazio nel Metaverse e, probabilmente e sperabilmente (almeno dalla prospettiva del loro autore), essere, in seguito, vendute attraverso piattaforme come Opensea or Knownorigin. In un simile contesto, cosa s’intende per “opera autentica”? Possiamo far riferimento ad un’opera digitale effettivamente realizzata da quello che è presentato come il suo autore. Per esempio, pensiamo ad un’opera per la quale corrisponda al vero la circostanza che il famoso fotografo Giovanni Rossi (nome di fantasia) abbia realmente realizzato quello scatto e che non lo abbia, invece, effettuato un aiutante o un fotografo che usa il nome di Giovanni Rossi e che potrebbe, a sua volta, tentare di vendere a un prezzo più alto (grazie al “trucco” della falsa attribuzione) una fotografia che altrimenti non avrebbe alcun valore. In questo caso, come opera la legge della domanda e dell’offerta? Semplicemente c’è un’offerta scarsa di opere digitali realizzate da autori importanti. Una variante di questo principio è costituita dal fatto che alcuni autori di cryptoarte (cioè di NFT) – come, in genere, del resto, avviene anche con l’arte “tradizionale” – si costruiscono un profilo pubblico (interviste, partecipazioni e collettivi importanti di artisti del Metaverse, accettazione in piattaforme elitarie, etc.) trasmettendo, quindi, valore alla propria opera. Questo valore trova la propria fonte nella storia o reputazione dell’artista sul mercato virtuale, nel numero di crypto-opere già prodotte, così come nell’abilità di trovare acquirenti: dunque, di creare uno spazio di mercato.

NFT e l’autenticità dell’opera d’arte

Le considerazioni svolte sopra evidenziano che l’arte tradizionale “tangibile, la copia digitale della stessa o l’arte nativa digitale condividono lo stesso concetto di autenticità: la riconduzione di un’opera ad un determinato autore. Il valore dell’opera è, poi, legato al valore dell’artista che il mercato riconosce tramite le transazioni di opere che possono verificarsi. Per quanto riguarda l’arte tangibile, il valore di mercato dell’artista dipende anche dal numero di opere disponibili (minori saranno le opere sul mercato e maggiore sarà il prezzo ed il valore di mercato di ciascuna di esse). Nel caso di copie digitali di arte tangibile e di arte nativa digitale, invece, la scarsità è esclusa alla radice dall’infinita riproducibilità estrinseca dei file digitali. Dunque, il valore dipenderà unicamente dal profilo dell’autore e dalla sua capacità di “creare mercato”.

Individualità ontologica del Metaverse

La logica del Metaverse, vale a dire degli NFT, è quella di poter rendere scarso ciò che, per definizione, non lo sarebbe, cioè i file digitali che, contrariamente a un’opera fisica, tangibile, non sottostanno al principio (fisico) di scarsità: attraverso il peculiare meccanismo del NFT, si trascrive in blockchain uno smart contract che rimanda a un’unica copia di un file digitale rendendolo unico (in quanto legandolo in via indissolubile a un token non fungibile e, quindi, caratterizzato intrinsecamente da “unicità”) e sottraendolo, pertanto, al meccanismo del copia e incolla e della conseguente, potenziale, riproducibilità all’infinito. Due ulteriori osservazioni ci sembrano importanti. In primo luogo, lo smart contract che contiene sia il token non fungibile sia il link univoco al file digitale “tokenizzato” può incorporare ulteriori metadati (informazioni sulle circostanze della creazione dell’opera, termini legali, etc.) che valgono ad arricchire ulteriormente (ma non a costituire) “l’unicità” del file digitale. Inoltre, il sistema di creazione degli NFT permette di “linkare” file cosiddetti “unlockable” cioè che possono essere visti e/o scaricati solamente dal titolare dell’NFT e non da chiunque visiti la piattaforma su cui l’NFT è ospitato: in tali casi, si rafforza ulteriormente il senso di “unicità” e, quindi, il valore del file digitale che deriva dalle transazioni di mercato.

NFT: garantisce anche l’autenticità del file “linkato”?

L’affermazione che l’NFT garantisca l’autenticità di un’opera d’arte riemerge continuamente tra chi si occupa del fenomeno degli NFT (in via teorica o pratica). A nostro modesto avviso, questa posizione non è sostenibile. Se, come è stato sopra specificato, si identifica il concetto di autenticità con quello di riconducibilità a un determinato autore (per esempio: una scultura autentica di Modigliani ovvero una delle sculture realizzate nell’ambito del famoso scherzo-bufala passato alla storia) sono facilmente enucleabili diversi scenari nei quali il sistema NFT nulla prova: 1) un autore realizza un falso dipinto, tangibile, di Modigliani e, poi, ne fa una fotografia digitale a partire dalla quale realizza un NFT; 2) un soggetto fotografa illecitamente un dipinto di un autore vivente (quindi, in violazione del diritto di autore che appartiene all’autore dell’opera d’arte tangibile); 3) un soggetto fa un download illecito di una fotografia digitale (l’autore della fotografia e titolare del diritto d’autore non ne ha autorizzato il download né ha tantomeno dato il suo consenso alla creazione dell’NFT); 4) un soggetto sconosciuto realizza un’opera d’arte digitale nativa, ne trae un NFT e la pubblicizza falsamente come un’opera di Bansky (caso realmente accaduto in questi giorni). In tutti questi casi (ma se ne potrebbero immaginare altri), il meccanismo dell’NFT nulla garantisce – né potrebbe farlo in alcun modo –  rispetto al fatto che il file digitale in esso “linkato” provenga realmente da un determinato autore (che esso sia, quindi, “autentico”), indipendentemente dalla circostanza che esso sia la copia digitale di un’opera tangibile ovvero sia un’opera nativa digitale. Ciò che l’NFT può, invece, garantire –  grazie al sistema di certificazione qualificata della blockchain –  è che un determinato token non fungibile (in quanto tale “unico”) è stato realizzato (“minted”, “coniato” in gergo) nel Metaverse da un determinato indirizzo, riconosciuto dalla blockchain stessa e in un dato momento temporale. Tuttavia, nessun’altra inferenza se ne può trarre relativamente al mondo esterno rispetto al Metaverse; in questo senso, se il token non fungibile è unico, il file “linkato” è certo, così come è “certo” l’indirizzo di chi lo ha coniato, tutto il resto appartiene al mondo esterno al Metaverse: pertanto, per esempio, l’indirizzo di chi ha creato l’NFT potrebbe non appartenere a chi viene presentato come autore dell’opera; il file “linkato” potrebbe essere stato ottenuto o realizzato illecitamente o potrebbe non corrispondere a quanto si afferma che esso rappresenti (magari si dichiara che il file linkato è una fotografia realizzata da un autore famoso mentre, invece, è stata realizzata da un fotografo dilettante).

Per tornare al punto da cui eravamo partiti, il Metaverse – l’universo, nel senso di Giordano Bruno – va approcciato come un’entità ontologicamente individuata e regolamentata da un proprio sistema di regole: ogni altra inferenza appare essere un’arbitraria contaminazione tra infiniti (strutturalmente e ontologicamente) diversi.