Net neutrality, le telco Usa serrano i ranghi contro Obama

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Verizon, AT&T, T-Mobile, Comcast, compatti contro la proposta, sostenuta da Obama,  porre la banda larga sotto la potestà  regolatoria della FCC sarebbe un danno alla crescita e all'innovazione del web.

Non si placa oltreoceano la polemica scoppiata dopo il sostegno espresso dal presidente Barack Obama alla proposta di far ricadere la banda larga sotto il Title II, considerandola, cioè, servizio di ‘telecomunicazione’ a tutti gli effetti e dando alla FCC un’autorità di regolamentazione più ampia sull’accesso a internet.

Per i sostenitori della net neutrality, che spingono verso la riclassificazione nel “titolo II” del Communications ACT, porre la banda larga sotto la potestà  regolatoria della FCC darebbe all’agenzia l’autorità di impedire ai provider di bloccare l’accesso ai siti o discriminare determinati servizi.

La proposta, già nel 2010, quando a capo della FCC c’era Julius Genachowski, aveva suscitato la forte reazione non solo delle telco ma anche del Congresso, che si oppose con forza alle proposte della FCC in tal senso.

E gli operatori tlc, ancora una volta serrano i ranghi. Per il Vice Presidente di AT&T, Jim Cicconi, il piano della Casa Bianca volto a regolamentare internet, sarebbe un tremendo errore che andrebbe a minare lo sviluppo e la sopravvivenza stessa di internet, nonché gli interessi nazionali.

La proposta, così come concepita, applicherebbe regole risalenti agli anni 30, e basate sul monopolio telefonico, a una tecnologia del ventunesimo secolo. Tutto ciò avrebbe quindi un impatto negativo, non solo sugli investimenti e l’innovazione, ma anche sull’economia del Paese. La regolamentazione attuale, snella e trasparente, ha invece finora incoraggiato livelli di investimento mai visti nell’industria e guidato un’incredibile innovazione”, ha detto Cicconi.

Sulla stessa linea Edward S. McFadden, direttore esecutivo delle relazioni coi media di Verizon, secondo cui la “riclassificazione sotto il titolo II sarebbe un’inversione di rotta radicale che provocherebbe un grave danno all’Internet aperto, alla concorrenza e all’innovazione”.

Sarebbe quindi un grave errore, per McFadden, allontanarsi dall’approccio ‘light’ degli scorsi decenni, che ha decretato il successo di internet, senza contare che la FCC ha già l’autorità, sotto la Section 706, “per adottare regole atte a contrastare eventuali pratiche che danneggino i consumatori o la concorrenza, inclusa l’autorità di proibire la cosiddetta ‘paid prioritization’”.

Il Ceo di T-Mobile, John Legere, si è espresso in favore dei principi enumerati da Obama (no blocking,” “no discrimination” e “pro transparency”) ma per quanto riguarda la regolamentazione, è del parere che “meno è meglio” perché solo eliminando strati inutili di regolamentazione si può favorire l’innovazione.

Secondo David L. Cohen di Comcast, “Imporre il Title II in questa fase ribalterebbe quanto ottenuto nel decennio scorso, incluse le sentenze della Corte Suprema secondo cui è corretto che l’attuale classificazione dei servizi via cavo come ‘servizi di informazione’ (e non di telecomunicazione, ndr) è corretta”.

Non piace, insomma, all’industria, l’ingresso a gamba tesa del presidente su un argomento tanto delicate e di competenza di un organismo indipendente quale la FCC.

Anche le telco europee, riunite in ETNO, hanno espresso la loro contrarietà a interventi volti ad aumentare la pressione regolamentare sul web.