il commento

Fibra ottica: il Governo a favore della società della rete?

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Più che un matrimonio tra Metroweb e Telecom Italia o Vodafone, per Il vice segretario generale alla presidenza del Consiglio dei ministri Raffaele Tiscar, sarebbe preferibile “uno strumento partecipato da più operatori”.

Il Governo interviene nella vendita della quota di F2i in Metroweb, che pur riguardando aziende private – nello specifico in corsa per l’acquisizione ci sarebbero Telecom Italia e Vodafone – andrebbe inevitabilmente a riflettersi sullo sviluppo della fibra ottica nel Paese.

A intervenire è stato il vice segretario generale alla presidenza del Consiglio dei ministri Raffaele Tiscar, che sull’eventuale matrimonio tra Metroweb e Telecom Italia o Vodafone ha precisato che sarebbe preferibile “uno strumento partecipato da più operatori” perché, in fondo, che logica economica ci sarebbe nel creare più infrastrutture quando non se ne riesce a creare una sola e, soprattutto, “in un Paese che non può permettersi tale spreco di risorse, in un momento di crisi come quello che attraversiamo”?

Torna in auge il ‘Modello Metroweb’?

Meglio sarebbe pertanto, realizzare una rete sola, ma condivisa, negli oneri e negli onori, da chiunque sia disposto a investire: “…Non è vero che non c’è alternativa alla concorrenza infrastrutturale, le risorse possono essere ottimizzate realizzando un’unica infrastruttura”, ha detto infatti Tiscar, precisando che “…l’interesse del Paese è dotarsi di un’infrastruttura e non esaudire le strategie arzigogolate di ogni singolo operatore che cerca di sopravvivere alle scelte passate”.

Dalle parole di Tiscar sembra emergere un orientamento chiaro: sarebbe preferibile creare un soggetto (o sfruttarne uno esistente) che si occupi di realizzare la rete in fibra e coinvolgere tutti gli operatori per recuperare l’imbarazzante gap dell’Italia: a settembre, la copertura di reti ultrabroadband (sopra i 30 Mbps) nel nostro Paese ha raggiunto appena il 28% della popolazione (contro l’oltre 60% europeo) con 130 centri urbani, localizzati per la maggior parte nel nord Italia. Secondo i piani degli Operatori, copertura è prevista arrivare al 50% entro il 2016. Il Governo, attraverso i due nuovi piani nazionali “Piano nazionale banda ultra larga” “Crescita digitale” prevede invece entro il 2020 la copertura per l’85% della popolazione con connettività di almeno 100 Mbps e per il restante 15% almeno 30 Mbps (la Digital Agenda europea prevede una copertura totale della popolazione con internet a 30 Mbps e un tasso di sottoscrizione del 50% a internet a 100 Mbps entro il 2020).

Sembrerebbe riaffacciarsi, quindi, il famoso ‘modello Metroweb’, promosso nel 2011 da Vito Gamberale, allora ad del Fondo F2i (che oggi starebbe vendendo la sua quota nella società milanese) e tra l’altro molto ben accolto dall’allora ministro Paolo Romani. Un modello che vedeva Metroweb nel ruolo di player infrastrutturale per la rete di nuova generazione a partire dalle grandi città e dai distretti industriali – senza bisogno di una newco per la rete – e il Governo nel ruolo di ‘stimolatore della domanda’.

Un’unica infrastruttura di rete, quindi, gestita da uno strumento societario partecipato da più operatori, ossia Metroweb, Telecom Italia, Vodafone, Wind e gli altri OLO. Un’ipotesi che di fatto, però, rischierebbe – questa sì – di ricreare un regime di monopolio, con un unico player della rete, per quanto partecipato da diversi attori.

Una soluzione che, quindi, creerebbe qualche problema sul fronte della concorrenza e che sembra in contrasto con i piani del Governo, che ha messo nero su bianco una serie di incentivi fiscali crescenti nello Sblocca Italia, per la realizzazione e l’upgrade delle reti. Ma in presenza del nuovo player unico come andrebbe a finire? In assenza di progetti concorrenziali (che non ci sarebbero, se tutti gli operatori facessero parte della newco della rete) come sarebbero gestiti gli incentivi? E le gare nelle aree bianche? Senza contendenti?

Lo stato della fibra in Italia

Inoltre – quale che sia il modello verso cui il governo si orienterà per accelerare lo sviluppo della fibra e al di là dei possibili problemi antitrust – come mettere d’accordo tutti su un unico piano? Non c’è il rischio di un nuovo condominio litigioso (definizione dell’allora ad di Telecom Italia,  Franco Bernabè) quale si rivelò il famoso il ‘Tavolo Romani’,  aperto nel 2010 tra Governo ed operatori per la realizzazione di una rete in fibra ottica nazionale ma archiviato senza un reale piano?

E poi, che fine ha fatto il piano ‘2010: Fibra per l’Italia’, promosso da Vodafone, Fastweb e Wind con l’obiettivo di portare la fibra ottica a 10 milioni di persone in 15 grandi città entro il prossimo anno?

Al momento, le società viaggiano in ordine sparso, con Fastweb – l’unico operatore in grado di offrire una velocità di 100 Megabit – che nei primi nove mesi di quest’anno ha raggiunto 2,2 milioni di clienti, Vodafone che conta di portare la fibra ottica a 7 milioni di famiglie e imprese entro il 2016 e Wind. Infostrada fornisce servizi su fibra ottica soltanto nella città di Milano.

Fibra-Ottica-Tabella-SosTariffe

Fibra Ottica-Tabella SosTariffe

10-12 anni per ‘spegnere’ la rete in rame

Tiscar ha quindi risposto alle accuse mosse dall’associazione dei piccoli azionisti Telecom – Asati – secondo cui il piano del Governo sulla Banda Ultralarga danneggerebbe gli operatori che hanno già investito sull’architettura FTTC, quindi sostanzialmente Telecom Italia e Fastweb.

“Sento dire che questo del Governo è un piano contro Telecom, Fastweb, i piccoli azionisti di Telecom”, ma in realtà “non è un piano contro nessuno né per salvaguardare alcuni operatori nazionali”.

Quel che è certo, ha aggiunto, è che “è impensabile che l’incumbent, tenga in piedi due infrastrutture, una per i ricchi e una per i poveri. Non ha senso obbligare l’incumbent a tenere in piedi la doppia infrastruttura: la vecchia e la nuova, altrimenti ha ragione Asati”. Quanto alla tempistica per un eventuale superamento della rete in rame, Tiscar prevede un lasso di 10-12 anni per la migrazione dal rame – sul quale oggi Telecom regge gran parte della sua redditività – alla fibra.