L'analisi

Facebook, perché la gente lo sta abbandonando e ci passa meno tempo

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Prima delle recenti novità dell’algoritmo, negli Usa e in Canada 700mila persone si sono cancellate da Facebook negli ultimi tre mesi del 2017 e nello stesso periodo in tutto il mondo le ore trascorse sul social sono crollate di 50 milioni al giorno.

Il 2017 è stato un anno di luci e ombre per Facebook. È stato positivo perché la community è cresciuta con oltre 2,1 miliardi di persone che lo utilizzano ogni mese e 1,4 miliardi di utenti che si connettono quotidianamente. La attività è cresciuta del 47% su base annua a 40 miliardi di dollari.

Ma è stato anche difficile. Analizzando quest’altro aspetto si cerca di capire perché il social network sta perdendo appeal.

  • Negli Usa e in Canada 700mila persone si sono cancellate da Facebook negli ultimi tre mesi del 2017, arretrando a 184 milioni. Il Nord America è il mercato pubblicitario più redditizio per Facebook, per cui il calo è un campanello d’allarme.
  • Nello stesso periodo in tutto il mondo le ore trascorse sul social sono crollate di 50 milioni al giorno: (-5%), pari alla media di 2 minuti in meno per utente.

Secondo Mark Zuckerberg, che apparentemente non si dice preoccupato, il tempo trascorso sul social è diminuito per via dei recenti aggiornamenti al News Feed: l’algoritmo ha iniziato a privilegiare post di amici, parenti e gruppi rispetto ai contenuti delle Pagine, con le quali gli editori pubblicano le notizie. Ma, come leggete dal nostro articolo, il fondatore e Ceo ha annunciato le novità a gennaio, mentre i dati relativi alla ‘fuga’ dei 700mila utenti del Nord America e al calo del tempo di navigazione riguardano l’ultimo trimestre del 2017.

Significa che qualcosa è andato storto prima dell’ultimo restyling dell’algoritmo, anche se Zuckerberg attribuisce la causa al fatto che già negli ultimi mesi del 2017, Facebook ha iniziato a ridurre sensibilmente i video virali, (quest’aggiornamento l’ha rivelato solo ieri…)

Se la gente inizia ad abbandonare Facebook o a passarci meno tempo può essere solo perché si imbatte di meno in video virali, che spesso sono divertenti?

È una spiegazione miope.

La gente abbandona Facebook per altri motivi:

  • Cresce la consapevolezza della sua dipendenza e chi la realizza scappa perché non ne ha bisogno.
  • Soprattutto i millennials lo lasciano per Instagram, che è il social network che cresce di più (secondo i dati pubblicati ieri da We Are Social, registra, a livello globale, una crescita straordinaria triplicando il numero dei suoi utenti dal 2016 al 2017);  è, al momento, il più amato perché è unicamente visuale. La fuga dei giovani è iniziata già dal 2013, ma il crollo è evidente dal 2015 (infografica di eMarketer).

  • Molti utenti “non ci sono più” perché Facebook è anche il più grande cimitero al mondo, con 50 milioni di ‘decessi’ l’anno. (Leggi il nostro articolo).
  • Veicola molte fake news e su questo, anche in Italia, ha iniziato una battaglia aderendo all’iniziativa di contrasto alla disinformazione online promossa dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) mediante l’istituzione del Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali (Delibera n. 423/17/CONS). La novità più importante è lo sviluppo del proprio programma di fact-checking che verificherà se le notizie condivise dagli iscritti sulla piattaforma siano vere o false. Funziona così: se un post contiene un link a una possibile notizia falsa, chiunque potrà segnalarlo a Facebook, che avvierà un processo di controllo affidato a un soggetto terzo, ossia a Pagella Politica, sito specializzato nel verificare la veridicità delle dichiarazioni dei politici e che ha stipulato con Facebook un accordo commerciale, lo sottolinea bene quest’articolo di Valigia Blu.

Però con quest’accordo sarà impossibile fare piazza pulita delle bufale su Facebook, come ha spiegato a la Repubblica Giovanni Zagni di Pagella Politica, che guiderà un team di 5 persone affiancato da alcuni collaboratori: “ci occuperemo solo di bufale evidenti e sempre relative a link esterni. Dal fact-checking sono esclusi gli status, le foto e i video caricati direttamente su Facebook”. Saranno sottoposti a verifica, dunque, esclusivamente gli articoli condivisi sulla piattaforma e non quindi i contenuti più condivisibili che spesso diventano virali: come i meme, le immagini con scritte con cui si veicola maggiormente le fake news. Una delle più condivise è la seguente. Una palese bufala, alla quale ci hanno cascato migliaia di utenti.

Per cui Facebook, nonostante gli sforzi, continuerà ad essere sfruttato da una tipologia di utenti come piattaforma per pubblicare fake news e influenzare le elezioni politiche nei Paesi.

Per quanto riguarda gli effetti collaterali negativi dovuti al suo utilizzo Zuckerberg non ha previsto cambiamenti, anche perché, come ha detto al World Economic Forum Marc Benioff, Ceo di Salesforce, “sono pensati proprio per creare dipendenza”. Ed essendo quindi come “le sigarette e l’alcol i social vanno vietati ai minori perché dannosi per la salute”, ha aggiunto. Oltre a Benioff tanti altri volti noti stanno mettendo in guardia l’opinione pubblica dal rischio dipendenza da Facebook. A sorpresa gli stessi azionisti hanno sollevato il problema. Un problema riscontrato sempre più spesso da diversi studi universitari, come quello condotto dall’università di Michigan, secondo il quale ‘gli adolescenti che passano meno tempo davanti agli schermi sono più felici’.

O come la ricerca condotta dall’università del Maryland su mille studenti di tutto il mondo: sono stati individuati 15 effetti vissuti in 24 ore senza utilizzare dispositivi tecnologici connessi a Internet. Dipendenza, ansia e depressione nei primi posti.

Quindi le dichiarazioni di personaggi pubblici e imprenditori hi-tech sulla dipendenza causata da Facebook e le ricerche sugli effetti dannosi dei social stanno facendo breccia in centinaia di migliaia di utenti che iniziano ad abbandonare il social network più famoso al mondo o a usarlo di meno.

E il 2018 sarà il vero anno dello ‘schiaffo’ a Facebook.