La legge delega del Governo sulla revisione dei diritti televisivi del calcio, comunemente detta legge Abodi, penalizza i grandi club della Serie A, puntando invece sulla valorizzazione dei calciatori italiani e su una ripartizione più “democratica” dei ricavi dei diritti Tv. Un’impostazione che premia i piccoli club, la serie B e gli sport minori a scapito delle cosiddette Big Five. Per il momento si tratta di una bozza preliminare, tutta da discutere, ma le novità non sono poche. La bozza ufficiale è attesa a settembre, ha detto il ministro dello Sport Andrea Abodi.
Ma chi ci perde di più? Le Big Five del campionato
Di fatto, con la riforma Abodi nella prima versione circolata (criticata dalla Lega di Serie A a giugno, quando uscì la prima versione della bozza) chi ci perde davvero sono i grandi club, le cosiddette Big Five (Juventus, Inter, Milan, Roma e Napoli) del campionato di serie A che vedono sparire la quota dell’8% legata alla audience televisiva delle loro partite. Effetto della mutualità superiore al 50% che toglie la audience (gli spettatori) e mette invece i giovani schierati in campo, la Serie B e la Serie C e gli sport minori come criteri predominanti di ripartizione dei ricavi dei diritti Tv. E’ chiaro che in un contesto del genere, dove il criterio di ripartizione dei ricavi non è più la audience né gli spettatori paganti allo stadio, a perderci di più siano i grandi club, i cosiddetti Big Five, perché sono loro che fanno più audience degli altri.
La Juve da sola perderebbe qualche decina in mancati introiti, secondo stime non ufficiali. D’altronde basta vedere gli ascolti della prima giornata per capire le dimensioni dei diversi bacini di utenza a seconda dei club. Sassuolo-Napoli 573mila spettatori. Genoa-Lecce 70mila. Milan-Cremonese 480mila spettatori. Atalanta-Pisa 98mila spettatori.
La riforma premia la presenza di giovani
Fra le principali novità, come detto, c’è la premialità per le squadre che mettono in campo dei giovani. L’obiettivo di fondo è valorizzare i vivai e rilanciare la Nazionale. E’ vero che nel breve periodo i giovani creano meno appeal, ma nel lungo termine producono maggiori incassi dalla ripartizione dei diritti sportivi.
L’altra novità è la mutualità
La riforma prevede che se si incassa un miliardo complessivo per i diritti televisivi, almeno il 50%, pari a 500 milioni, sarà suddiviso in parti uguali fra le 20 squadre che partecipano al campionato. Ed è già così anche con la Legge Melandri in vigore.
Dopodiché, c’è una mutualità generale secondo cui una parte dei proventi dei diritti deve andare ai campionati minori. Sarà poi il Governo e il Parlamento a precisare i valori di questa sotto mutualità non c’è ancora scritto nero su bianco quale sarà la percentuale dedicata a questa sotto mutualità. Questa sarà una partita tutta politica, perché saranno i partiti a decidere la quota parte da destinare ai campionati minori.
Calcio, De Siervo: “Diritti tv? Discuteremo con squadre e Abodi proposte governo”
L’iter è appena cominciato e la bozza del DDL andrà discussa e condivisa da un lato con le squadre e dall’altra con il Parlamento. Ci vorrà quindi del tempo.
“Le ipotesi le analizzeremo come più volte ha detto il ministro Abodi, insieme. Verremo convocati per dare nostro contributo. All’interno della riforma ci sono tante cose positive e altre su cui vorremmo raccogliere l’opinione delle squadre prima di esprimerci al cospetto del governo. Come sempre affrontiamo costruttivamente cosa arriva sul tavolo istituzionale”. Così l’amministratore delegato della Lega Serie A, Luigi De Siervo, rispondendo alla domanda sull’ipotesi del governo che in futuro si possa assegnare i diritti del campionato a una sola emittente. “Per quanto riguarda la parte più industriale abbiamo davanti altri 4 anni di contratto con Dazn e Sky e altri due anni con Mediaset. Rispetteremo quei contratti e continueremo a trasmettere secondo lo schema del bando di assegnazione dei diritti. Per il futuro l’obiettivo era ed è quello di essere vicino ai nostri tifosi, raccontare i nostri contenuti e farlo ance in armonia con altri partner, senza intermediazione”.
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