Geopolitica

Democrazia Futura. Russia: Putin, la resa dei conti dentro e fuori, l’Ucraina, gli Usa, il Mondo

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Secondo l’analisi di Gramaglia, l’Occidente deve prendere atto che il mondo sta cambiando, senza assumere posizioni di chiusura che consolidino blocchi contrapposti, ma avviando un dialogo che tenga pure conto delle ragioni altrui, anche quelle di Xi e di Putin, che non sempre sono infondate.

Giampiero Gramaglia

Giampiero Gramaglia nel suo articolo dal titolo “Russia: Putin, la resa dei conti dentro e fuori, l’Ucraina, gli Usa, il Mondo[1]”, esamina il quadro mondiale partendo dalla Russia di Putin dopo la morte di Evgheny Prigožin.  Sul fronte russo – ucraino, Putin, nella vicenda Prigožin, mostra una certa vulnerabilità, ma pure capacità di reazione, mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj vive un momento difficile”. Sul fronte internazionale, ad agosto il Vertice dei Brics di Johannesburg ha rafforzato il progetto di matrice sino-russa di promuovere un nuovo ordine mondiale alternativo a quello filo-occidentale a trazione statunitense del G7, con i corollari di Unione europea e Nato e altre entità regionali meno consolidate nel Pacifico – Biden ha visto a Camp David i leader di Giappone e Corea del Sud.

Il Vertice del G20 in India di inizio settembre conferma che la comunità internazionale non è affatto allineata con l’Occidente sull’Ucraina: il premier indiano Narendra Modi, presidente di turno, non ha invitato Zelens’kyj perché – ha spiegato – il conflitto non sarà al centro dell’incontro. C’è, invece, la Russia, che fa parte del Gruppo. I Brics (Brasile, Russia, India, Cina e SudAfrica) si allargano ad Arabia saudita, Emirati arabi uniti, Iran, Etiopia, Egitto, Argentina: arrivano a rappresentare quasi la metà della popolazione mondiale. quasi i due quinti del Pil mondiale. Con tutta l’Unione europea, il G7 è meno di un sesto della popolazione e quasi la metà del Pil globali. I Brics allargati assomigliano al movimento dei non allineati nella versione Anni Cinquanta e Sessanta, a trazione Sukarno, Nehru, Tito e Nasser: una coalizione di Stati che non volevano schierarsi nella Guerra Fredda né con gli Stati Uniti d’America (USA) né con l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss) e che si opponevano a colonialismo, imperialismo e neo-colonialismo.          

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L‘anti – Putin‘, se mai ci sarà, non sarà uno degli oppositori nel nome della democrazia e dei diritti, forse più conosciuti e popolari in Occidente che in Russia[2], ma sarà un ‘simil- Prigožin’, pretoriano deluso e ambizioso, ultra-nazionalista senza scrupoli ad usare la forza, magari tutta la gamma dell’arsenale militare disponibile.

In quest’ottica, il fallimento del putsch del 24 giugno 2023 e la morte, il 23 agosto 2023, di Evgheny Prigožin – quali ne siano le cause e chiunque ne siano gli eventuali responsabili – non sono cattive notizie per l’Occidente[3] e per quel che rimane della sicurezza internazionale, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Non proviamo qui sciogliere la matassa delle circostanze della scomparsa del capo della Wagner (e non abbiamo le fonti per farlo): tutto resta incerto. Probabilmente, i dubbi su quanto accaduto non saranno mai del tutto chiariti e, fra decenni, ci sarà ancora qualcuno che sosterrà d’avere scoperto “la verità”, come avviene per pezzi di storia misteriosi ad ogni latitudine.

Di fatto, l’uscita di scena dell’uomo che aveva pubblicamente sfidato il Cremlino – almeno, questa era la lettura più immediata della ribellione di fine giugno – rafforza il controllo del presidente russo Vladimir Putin sulle leve del potere in Russia: lo libera di un ex amico e alleato divenuto ormai un potenziale rivale, anche se più ostile ai vertici della difesa che al presidente; e gli allarga intorno l’alone già fortissimo di ‘chi tocca Putin muore’. Il presidente statunitense Joe Biden [4]contribuisce – scientemente? – a ciò, quando, senza spingere oltre le illazioni, dice che in Russia non accade nulla senza che Putin lo sappia e lo voglia.

Putin e Zelens’kyj e le loro pastoie interne

Sul fronte russo – ucraino, Putin, nella vicenda Prigožin, mostra una certa vulnerabilità, ma pure capacità di reazione, mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj vive un momento difficile. Nel pieno di una controffensiva dall’esito tuttora incerto, ma che negli ultimi giorni sembra trovare un qualche vigore, Zelens’kyj rimpiazza il ministro della Difesa Oleksii Reznikov con un suo sodale, Rustem Umerov, finora capo del Fondo del Demanio. Su Reznikov grava un sospetto di corruzione su forniture militari a prezzo gonfiato.

Anche nella prospettiva delle elezioni presidenziali del 2024 – si voterà sia in Ucraina che in Russia -, la mossa pare coerente con gli impegni anti-corruzione della campagna di Zelens’kyj e con le sollecitazioni in tal senso degli alleati dell’Ucraina, Nato e soprattutto Unione europea. Ma chi si batte per la democrazia e i diritti in Ucraina teme – scrive Politico – che il giro di vite anti-corruzione e l’idea di equiparare, in tempo di guerra, i delitti di corruzione e di tradimento finiscano col dare più potere ai servizi di sicurezza.

Putin, il vertice dei Brics a Johannesburg, il G20 in India e il nuovo ordine mondiale

Sul fronte internazionale, ad agosto il Vertice dei Brics di Johannesburg ha rafforzato il progetto di matrice sino-russa di promuovere un nuovo ordine mondiale alternativo a quello filo-occidentale a trazione statunitense del G7, con i corollari di Unione europea e Nato e altre entità regionali meno consolidate nel Pacifico – Biden ha visto a Camp David i leader di Giappone e Corea del Sud -.

Il Vertice del G20 in India di inizio settembre conferma che la comunità internazionale non è affatto allineata con l’Occidente sull’Ucraina: il premier indiano Narendra Modi, presidente di turno, non ha invitato Zelens’kyj perché – ha spiegato – il conflitto non sarà al centro dell’incontro. C’è, invece, la Russia, che fa parte del Gruppo.

I Brics (Brasile, Russia, India, Cina e SudAfrica) si allargano ad Arabia saudita, Emirati arabi uniti, Iran, Etiopia, Egitto, Argentina: arrivano a rappresentare quasi la metà della popolazione mondiale. quasi i due quinti del Pil mondiale. Con tutta l’Unione europea, il G7 è meno di un sesto della popolazione e quasi la metà del Pil globali.

Alla vigilia dell’incontro di Johannesburgo, il Financial Times argomentava che Cina e Russia premono perché i Brics crescano e diventino simili per forza, ma alternativi, al G7. L’idea, però, non convince tutti gli emergenti: alcuni Paesi ritengono che i Brics dovrebbero rimanere un club non allineato per gli interessi economici dei Paesi in via di sviluppo; altri, invece, pensano che possa divenire una forza politica in aperta sfida all’Occidente.

Nell’allargamento dei Brics, e nelle elucubrazioni su una moneta unica, c’è, al momento, più fuffa che sostanza: tutti quei Paesi – i cinque originali, i sei nuovi venuti e le decine in lista d’attesa – sono troppo diversi e distanti fra di loro per costituire una comunità. Alcuni sono una democrazia – India, SudAfrica, Brasile, Argentina -; altri sono di fatto autocrazie – Russia, Egitto – o teocrazie – Iran – o monarchie quasi assolute (Arabia saudita). Alcuni hanno rispetto per valori come i diritti dell’uomo, altri ne hanno poco o nulla. Alcuni sono fra di loro amici, altri fra di loro rivali. Alcuni tengono il piede in molte scarpe e probabilmente sono visti con diffidenza dagli altri interlocutori.

Insomma, più che al G7 i Brics allargati assomigliano al movimento dei non allineati nella versione Anni Cinquanta e Sessanta, a trazione Sukarno, Nehru, Tito e Nasser: una coalizione di Stati che non volevano schierarsi nella Guerra Fredda né con gli Stati Uniti d’America (USA) né con l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss) e che si opponevano a colonialismo, imperialismo e neo-colonialismo.

E’ però certo che il disegno sino-russo di un nuovo ordine mondiale ha ricevuto un impulso positivo dal Vertice di Johannesburg: rispetto all’Organizzazione per la sicurezza di Shanghai[5], ad esempio, che è una sorta di ‘giardino di casa’ di Pechino e Mosca, i Nuovi Brics costituiscono un’entità più articolata ed economicamente più importante.

Putin, Trump e Usa 2024

Persino dal fronte interno statunitense, le notizie per Putin sono buone: il presidente russo può ricavare indicazioni per lui positive dal dibattito di agosto fra gli aspiranti alla nomination repubblicana[6] – assente il magnate pluri-inquisito, e tuttavia favorito, Donald Trump[7]. C’è una suffragetta di Trump, la deputata della Georgia Marjorie Taylor Greene, che dice che “l’Ucraina sta perdendo la guerra” e si vanta di essere “l’unico membro del Congresso” a sostenerlo “ad alta voce”. E i media statunitensi liberal ritengono che le posizioni repubblicane possano incoraggiare Putin a restare arroccato in una guerra di trincea in Ucraina puntando su un cambio di Amministrazione a Washington a novembre 2024.

Più o meno tutti i candidati repubblicani, infatti, affermano che l’Ucraina non è una priorità e lasciano intravvedere un raffreddamento del sostegno di Washington a Kiev. Lo stesso Biden s’interroga sull’opportunità di antagonizzare il crescente scetticismo degli elettori statunitensi sull’esito del conflitto, anche se è del tutto improbabile che, in caso di rielezione, faccia venire meno il sostegno a Kiev.

Conclusione

Di tutti questi dati, specie delle istanze dei Brics, l’Occidente deve, a mio avviso, prendere atto e tenere conto, senza assumere posizioni di chiusura che consolidino blocchi contrapposti, ma avviando un dialogo che tenga pure conto delle ragioni altrui, anche quelle di Xi e di Putin, che non sempre sono infondate. Democrazia e diritti umani, parità di genere e libertà di espressione sono valori imprescindibili, ma dobbiamo renderli pervasivi senza imporli, consapevoli che neppure nei nostri Paesi sono pienamente realizzati.


[1] Scritto per The Post International, 8 settembre 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/09/08/putin-la-resa-dei-conti/.

[2] Si veda in questo stesso numero il mio pezzo “Più Brics, meno Prigožin”, scritto il 5 agosto 2023. Alle pp. xxx-xxx- Cf. Cf. https://www.key4biz.it/piu-brics-meno-prigozin/457266/.

[3] Giampiero Gramaglia, “Secondo Cina e Russia, nel loro nuovo ordine mondiale, il cattivo è l’Occidente”, Democrazia futura III (9), gennaio-marzo 2023, pp. 15-19. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/03/09/nuovo-ordine-mondiale-cina-russia-occidente/.

[4] Giampiero Gramaglia “Usa 2024: Biden più presidente che candidato; corsa non sarà remake”, AffarInternazionali.it, 7 aprile 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/04/27/biden-piu-presidente-che-candidato-corsa-non-remake/.

[5] Giampiero Gramaglia, “Ucraina: punto; Putin e Biden fanno conta alleati, fronte statico”, La Voce e il Tempo, 6 luglio 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/07/06/ucraina-putin-biden-conta/.

[6] Si veda in questo stesso numero il mio pezzo “Usa 2024: dibattito senza botto, criticato o arrestato Trump vince. Nel giro di 24 ore è iniziata fra il 24 e il 25 agosto 2023 la campagna per l’investitura alla Casa Bianca”. Cf. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-usa-2024-dibattito-senza-botto-criticato-o-arrestato-trump-vince/457316/.

[7] Giampiero Gamaglia, USA 2024: vigilia dibattito, Trump cala il poker e fa il gran rifiuto, The Watcher Post, 21 agosto 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/08/21/usa-2024-trump-cala-poker/.