I media

Democrazia Futura. L’attenzione dei media all’Agenda Draghi e al ruolo dirigente e di governo impresso dall’ex premier al nostro Paese

di Celestino Spada, vicedirettore della rivista Economia della cultura. E’ stato funzionario e dirigente programmi Rai |

La crescita dell’intervento pubblico nell’economia e nella società resa più fragili dal Covid.

Celestino Spada

Celestino Spada riprendendo il suo intervento al webinar dedicato al libro di Guido Barlozzetti, “La meteora? Mario Draghi. L’anomalia di un’immagine” (rivedilo al seguente link: https://www.key4biz.it/la-meteora-mario-draghi-lanomalia-di-un-immagine-webinar-martedi-20-giugno/450161/), sottolinea nel titolo “L’attenzione dei media all’Agenda Draghi e al ruolo dirigente e di governo impresso dall’ex premier al nostro Paese” evidenziando come il governo diretto dall’ex presidente della BCE sia stato caratterizzato – come recita l’occhiello – da “La crescita dell’intervento pubblico nell’economia e nella società resa più fragili dal Covid”. “C’è una differenza che secondo me va ricordata fra come i media hanno accolto il governo “tecnico” di Mario Draghi e come avevano accolto il governo “tecnico” di Mario Monti – scrive Spada – C’è una differenza enorme. Il governo “tecnico” di Mario Monti era considerato una parentesi da chiudere al più presto, tanto più che allo stesso governo era stata indicata un’area di esclusiva competenza dei partiti che lo sostenevano. Questa forza di contrattazione i partiti, nei confronti di Draghi proposto premier dal Presidente Sergio Mattarella, non l’hanno avuta. Anzi, è successa una cosa interessante: che i media nei confronti di Mario Draghi sono stati molto interessati al merito, all’agenda che il governo Draghi si impegnava a realizzare. E questa scelta dei media – che non era dovuta né attesa – è stata così convinta che è sopravvissuta alla sorte del governo Draghi. L’agenda/Draghi è stata un punto di riferimento dei media nei confronti delle scelte del governo presieduto da Giorgia Meloni. E tuttora lo è” – conclude l’ex dirigente della Rai.

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Tornerei per un momento alle figure della meteora e della cometa che condividono la caratteristica di essere guardate dal basso verso l’alto. Mario Draghi è in alto e c’è uno sguardo nostro che Guido Barlozzetti propone come chiave di ingresso al tema e anche poi di interpretazione. Ci sono molte cose che nel libro di Barlozzetti risultano interessanti a motivo di questo approccio. C’è però un filtro che manca, su cui forse non c’è molta chiarezza nel libro: il filtro dei media.

C’è una differenza che secondo me va ricordata fra come i media hanno accolto il governo “tecnico” di Mario Draghi e come avevano accolto il governo “tecnico” di Mario Monti. C’è una differenza enorme. Il governo “tecnico” di Mario Monti era considerato una parentesi da chiudere al più presto, tanto più che allo stesso governo era stata indicata un’area di esclusiva competenza dei partiti che lo sostenevano. Questa forza di contrattazione i partiti, nei confronti di Draghi proposto premier dal Presidente Sergio Mattarella, non l’hanno avuta. Anzi, è successa una cosa interessante: che i media nei confronti di Mario Draghi sono stati molto interessati al merito, all’agenda che il governo Draghi si impegnava a realizzare. E questa scelta dei media – che non era dovuta né attesa – è stata così convinta che è sopravvissuta alla sorte del governo Draghi.

L’agenda/Draghi è stata un punto di riferimento dei media nei confronti delle scelte del governo presieduto da Giorgia Meloni. E tuttora lo è.

Allora: c’è qualcosa che è cambiato. E questo riguarda sia Draghi, sia l’Italia, sia noi. Quanto durerà questa cosa? Secondo me durerà per un motivo che ritengo dovuto alla contingenza del post-Covid. La crisi indotta dal Covid e da quanto è stato ed è necessario per uscirne ha riproposto il tema dello sviluppo, mentre l’orizzonte mentale della politica, ma anche dell’economia, all’epoca di Mario Monti era la distribuzione.

Chi finanzia i media?

Ci sono varie classi dirigenti in Italia, ma non c’è dubbio che la Confindustria è una di quelle che hanno un ruolo nell’offerta mediale e nei punti di riferimento dei giornalisti e delle imprese editoriali. Oggi la Confindustria ha un gruppo dirigente che è tutto lanciato sullo sviluppo. Cosa che non era dodici anni fa. E questo si sente nei media e c’era anche nell’agenda/Draghi che, infatti, viene mantenuta. Qui c’è uno spostamento che secondo me ha avuto il suo valore.

Poi, Draghi: che cosa farà Draghi? 

Ci sono le logiche della politica che si sono imposte, i partiti vogliono avere un ruolo pieno di governo, giustamente: in una democrazia si va a votare e si decide chi governa.  

Però, a questo punto viene fuori una domanda: questa aspettativa di un ruolo salvifico o comunque che ci dia una certezza e magari anche una dignità potrebbe nascere dal fatto che la politica ha assunto un ruolo maggiore, oggi in Italia, nella vita privata delle persone?

In Italia, dico: la politica ha lo stesso peso relativo – cioè c’è un rapporto fra pubblico e privato… o c’è una commistione fra pubblico e privato di cui certamente Draghi non è il curatore? Sicché il gioco si fa su questo terreno e questa distinzione fra pubblico e privato, o il distacco fra pubblico e privato stante l’attuale ruolo della politica non è così chiaro?

Mi porrei questo problema… Ci sono elementi di incertezza, naturalmente: la guerra, lo sviluppo, il piano PNRR con le risorse di cui fare un uso ragionevole e costruttivo. Probabilmente è anche vero che quel rapporto (più) ravvicinato fra pubblico e privato in Italia deriva dal fatto che l’intervento pubblico è diventato più importante nell’economia e nella società italiane. Non a caso stiamo parlando del PNRR: quindi l’autonomia del sociale dalla politica su cui si basa la modernità in questa fase è diventata (più) fragile: ha bisogno di soldi.

Ma questo non solo in Italia.

Sono stato colpito in questi mesi dal fatto che quello che veniva spesso rimproverato alla Germania, di sostenere con scelte di politiche economiche pubbliche anche l’industria privata, è stato adottato tranquillamente dagli Stati Uniti d’America: non da un’enclave liberista che coltiva il mito del… no: dagli Stati Uniti d’America che stanno finanziando lo sviluppo non militare, ma civile, come in una logica di guerra si sta finanziando….

Tutto questo è passato come normalità… ma è una svolta storica o, per lo meno, è un ritorno… o un’accentuazione del ruolo della finanza pubblica… nell’economia nazionale fra l’altro, negli Stati Uniti bipartisan perché queste scelte sono passate trionfalmente nel Congresso… Joe Biden ha costruito le scelte della sua presidenza su questo terreno con un consenso solidissimo, bipartisan: per questo non è caduto finora o non ha avuto incidenti, a parte le scivolate quando scende dai podi…

E questo del ruolo che ha lo Stato, la politica… lo Stato nella società è un tema che fra l’altro ha avuto la sua parte nel nostro apprezzamento per il ruolo assunto da Mario Draghi nel governo italiano. Barlozzetti dice: una cosa che ci confortava, di cui essere orgogliosi e che ora è finita.

Crisi della politica e malessere sociale

Massimo De Angelis accennava a quello che avviene in Francia.

L’ostilità pazzesca che si deve riscontrare nei confronti di Emmanuel Macron è il segno rovesciato di come la politica viene percepita nel sociale oggi. Questi sono elementi che potrebbero essere tenuti presenti – e il professor Gianfranco Pasquino ce lo insegna – quando si considerano i rapporti fra la politica e il sociale.

I partiti? Ci sono le condizioni oggi per l’esistenza dei partiti come li abbiamo conosciuti noi? Oppure l’intreccio con la comunicazione di massa – riducendo la distanza fra il sociale e il politico – ha cambiato le logiche e le modalità della politica?

Noi abbiamo avuto partiti che hanno chiuso rapidamente le sezioni territoriali e i comitati regionali quando con Silvio Berlusconi la politica si è fatta attraverso le televisioni – cosa accettata tranquillamente dalla sinistra. Ma negli altri paesi europei – in un modo meno… subalterno – è avvenuta la stessa cosa: in Spagna i nuovi partiti nascono in una logica di aggregazione di cui i media sono la struttura portante… E però i media accorciano la distanza fra il sociale e la politica e quindi vanno sempre in questa direzione problematica di cui conviene tener conto.

Egemonia versus dominio. Non solo Silvio: il caso del ruolo dirigente espresso da Mario Draghi

Chiudo su questo aspetto: l’egemonia si qualifica (per quel poco che so di cultura politica) rispetto al dominio. La differenza è tra la forza e il ruolo di leadership condiviso da chi è diretto: da questi riconosciuto al dirigente.

Egemonia di per sé non ha un valore qualitativo: l’egemonia è culturale sempre, implica condivisione altrimenti sarebbe potere. La condivisione non passa necessariamente per i libri di filosofia politica. Abbiamo fatto l’esperienza di Berlusconi.

Noi abbiamo avuto un’esperienza della politica da studiare dalla mattina alla sera. Qual è la base del consenso a Silvio Berlusconi, che abbiamo visto rinnovato in occasione delle sue esequie? Egemonia è una cosa complicata che dovrebbe essere considerata quando ci rallegriamo che Draghi abbia avuto e che egli possa ancora avere un ruolo dirigente, di governo, del nostro Paese. Mi sembra evidente che ad essa non si dà nessuna attenzione da parte delle forze politiche, e poca da parte degli intellettuali e degli studiosi.