il voto

Democrazia Futura. La partita europea tra Meloni e Salvini si gioca (pure) in Polonia

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Il risultato delle elezioni a Varsavia pesa sulle relazioni complesse fra l’Italia e l’Unione europea. Le riflessioni di Giampiero Gramaglia.

Giampiero Gramaglia

In due articoli scritti alla vigilia e immediatamente dopo la chiusura dei seggi Giampiero Gramaglia spiega l’importanza del voto del 15 ottobre in Polonia e i riflessi del risultato del voto a Varsavia nello scenario europeo a meno di nove mesi dal rinnovo del Parlamento europeo e anche in Italia.

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Si gioca domenica 15 ottobre 2023 in Polonia[1] una buona fetta della partita elettorale europea tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Se vince il partito di Jaroslaw Kaczynski, attualmente al governo, alleato di Fratelli d’Italia nell’Assemblea di Strasburgo, aumentano le possibilità che il gruppo dei conservatori possa avere un peso importante nella prossima legislatura del Parlamento europeo, dando magari supporto a Ursula von der Leyen per eventuale una riconferma a presidente della Commissione europea. Se, invece, perde, si rafforzano le prospettive che la linea sovranista a Strasburgo sia soprattutto portata avanti dal connubio già sperimentato a Pontida a settembre tra Matteo Salvini e Marine Le Pen.

Dopo le elezioni in Slovacchia di fine settembre, che hanno visto il successo del partito filo-russo dell’ex premier Robert Fico, e quelle regionali tedesche domenica 8 ottobre – s’è votato in Baviera e Assia, roccaforti della Cdu/Csu, dove l’estrema destra di AdF ha avuto consensi record -, sull’agenda politica dell’autunno dell’Unione europea ci sono due date in neretto: il 15 ottobre, le elezioni politiche in Polonia; il 22 novembre, le elezioni politiche in Olanda. Se poi il socialista Pedro Sanchez non riuscirà a fare un governo a Madrid entro il 27 novembre, gli spagnoli torneranno alle urne a metà gennaio 2024, dopo il voto estivo del luglio 2023.

Scadenze cruciali per rimodulare le previsioni sulla prossima legislatura del Parlamento europeo e delle Istituzioni europee, la cui fisionomia sarà decisa dal voto previsto tra il 6 e il 9 giugno 2024 e dal rinnovo della Commissione europea entro il novembre 2024.

In Italia, la partita europea è essenzialmente nazionale e interna alla coalizione di destra al governo, con premier e vice-premier impegnati a recitare da europeisti – più la Meloni che Salvini – nelle sedi internazionali multilaterali e da sovranisti in casa.

I partner europei sono perplessi e talora sconcertati; gli elettori italiani faticano a raccapezzarsi. I nodi vengono al pettine: con l’Unione europea, la legge finanziaria, il Pnrr, la riforma del Patto di Stabilità, il Mes, i migranti; in Italia, le priorità della manovra, il ‘caro tutto’ – energia ed alimentari, soprattutto -, ancora i migranti.

L’Italia, in asfissia di risorse, si complica la vita nel contesto europeo, alimentando di continuo spunti polemici, invece di cercare il dialogo e la collaborazione: Meloni e Salvini e i loro ministri attaccano briga alternativamente con Parigi e Berlino; e fanno comunella con Varsavia e Budapest, salvo poi essere ripagati dai loro interlocutori polacchi e ungheresi con la moneta di sonanti veti sulla politica europea dell’immigrazione. Un mix da brivido di nemici sbagliati ed amici pure.

Scrivono Nathalie Tocci e Leo Goretti, direttrice e ricercatore dell’Istituto Affari Internazionali:

“Dopo un anno di Governo Meloni, nuvole scure si addensano sull’orizzonte delle relazioni Unione europea/Italia. Meloni dichiara di avere finalmente convinto l’Unione ad affrontare la dimensione esterna della politica migratoria. Tuttavia, non c’è nulla di nuovo nell’approccio europeo. E, come se non bastasse, l’Italia non ha raggiunto nessun risultato sulla dimensione interna.

Per quanto riguarda poi la politica economica, l’atteggiamento del governo italiano, esemplificato dalla ritardata ratifica del Mes, indebolisce la credibilità dell’Italia e ne limita gli spazi di manovra. C’è un rischio reale che il nuovo Patto di Stabilità sarà ben lontano da quello che l’Italia si aspetta e di cui ha bisogno”.

Con la Polonia, la premier italiana è molto comprensiva: al Vertice di Granada, ha detto di “capirne le motivazioni”, dopo che il premier Mateusz Morawiecki non ha approvato le conclusioni sull’immigrazione perché – ha detto – “sono responsabile della sicurezza dei cittadini polacchi … Rimarremo sicuri sotto il governo del partito Diritto e Giustizia”. Un messaggio in chiave elettorale: l’attuale maggioranza è insidiata da una coalizione europeista, chiamata Piattaforma civica, guidata dall’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

Come è elettorale la logica dell’atteggiamento della Polonia verso l’Ucraina: dopo esserne stata, dall’inizio dell’invasione, la più oltranzista degli alleati europei, adesso, per una manciata di grano e soprattutto per il voto dei contadini, smette d’inviare armi a Kiev e ne frena la vendita di cereali nell’Unione europea. Posizioni che, con il voto in Slovacchia e il blocco – sia pure temporaneo – degli aiuti statunitensi, indeboliscono il messaggio di fermezza dell’Occidente nel sostegno all’Ucraina: Politico scrive che l’Ucraina si mostra “coraggiosa”, mentre l’Occidente “traballa”.

Non ha l’insidia di elezioni, ma usa immagini forte il premier ungherese Viktor Orban, schierato con Morawiecki sull’immigrazione: Polonia e Ungheria – dice – sono state “stuprate legalmente” dall’Unione europea:

“Se ti vogliono costringere ad accettare qualcosa che non ti piace, come puoi raggiungere un compromesso? È impossibile … non solo ora, ma anche negli anni a venire”.

Unione europea, Ucraina, migranti e altri i temi della campagna elettorale a Varsavia

Unione europea, Ucraina, migranti, ma anche aborto, libertà di stampa, rispetto dello stato di diritto sono temi della campagna elettorale polacca, dove, domenica 1 ottobre, la ‘marcia di un milione di cuori’ dell’opposizione ha mobilitato “centinaia di migliaia” di persone. Per Donald Tusk,

“sta arrivando l’ora della svolta nella storia del nostro Paese”, perché “il gigante si è svegliato, vinceremo le elezioni”.

“La Polonia sarà dialogante con l’Europa e il Mondo, tollerante, sensibile ai problemi climatici e rispettosa dello stato di diritto”,

promette Tusk:

“Siamo pronti a vincere e a formare un governo democratico, europeo e moderno”,

gli fanno eco i suoi alleati.

Ma i sondaggi della vigilia danno ancora avanti il partito nazionalista populista di Kaczynski e Morawiecki, che ha circa il 35 per cento delle intenzioni di voto, contro il 27 per cento della coalizione di Tusk. Diritto e Giustizia accusa l’opposizione di volere “far entrare in Polonia immigrati clandestini” e di prepararsi a creare “una seconda Lampedusa”, contrapponendo la sua visione “patriottica” a quella “tedesca” dei rivali. E, poi, una promessa concreta e accattivante: “Se vinciamo, lo stipendio medio salirà” all’equivalente di circa 2000 euro, cifra molto alta in un Paese che non ha l’euro.

A otto mesi dal voto europeo, previsioni e calcoli sui futuri assetti di forza e di potere tra Bruxelles e Strasburgo resteranno scritti sulla sabbia di questa ‘estate indiana’, quali che siano i risultati polacchi e olandesi. Ma se Diritto e Giustizia dovesse perdere, Meloni avrebbe sbagliato cavallo e scuderia.

C’è l’impressione che l’atteggiamento del governo italiano verso gli interlocutori europei sia spesso condizionato, più che dalla tutela degli interessi contingenti, dalle manovre in atto a Bruxelles, dove si tastano le prospettive di nuove coalizioni, la cui forza nei numeri andrà poi verificata a voto fatto: l’attuale maggioranza europeista fra popolari, socialisti, verdi e liberali potrebbe essere rimpiazzata da una maggioranza di centro-destra tra popolari e conservatori, meno europeista e, anzi, fortemente striata di sovranismo.

La speranza di contare di più domani, in un’Unione meno coesa e più fragile, non deve però indurre a errori oggi. I negoziati che per l’Italia contano, quest’autunno, finanziaria, Patto di Stabilità, migranti, si fanno con chi c’è e non con chi – forse – ci sarà.

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2. In Polonia gli alleati di Giorgia Meloni perdono il governo: vince l’opposizione europeista[2]

Dopo la Spagna, anche la Polonia sceglie l’Europa e relega all’opposizione i sovranisti che la governavano da otto anni dopo un voto con una partecipazione in forte crescita al 74,38 per cento.

A risultati quasi definitivi Il partito conservatore al potere, ‘Diritto e Giustizia’ (Pis), nazionalista e populista, di Jaroslaw Kaczynski è primo con il 35,38 per cento dei voti e 194 seggi in calo dell’8,2 per cento e con ventinove seggi in meno nella Dieta, contro il 43,6 per cento del 2019, ma non dispone della maggioranza dei seggi in Parlamento, neppure se si alleasse con il partito di estrema destra Confederazione (in lieve crescita al 7,16 per cento e 18 seggi, ovvero sette seggi in più alla Dieta), razzista, omofobo e intenzionato a tagliare gli aiuti militari all’Ucraina.

Invece, l’alleanza centrista e europeista ‘Coalizione Civica’, dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, è seconda, col 30,70 per cento e 157 seggi, in crescita del 3,3 per cento e con venti tre seggi in più alla Dieta, meglio di quanto prevedevano i sondaggi, ma insieme all’alleanza di centro-destra a parziale connotazione agricola ‘Terza Via’, al 14,40 per cento e 65 seggi in crescita del 5,9 per cento e con venti tre seggi in più alla Dieta, e all’alleanza di centro-sinistra ‘La Sinistra’, all’8,61 per cento e 26 seggi in calo del 4 per cento e con venti tre seggi in meno alla Dieta, può formare una coalizione di maggioranza nella Dieta Sejm, la Camera bassa.

Considerando i seggi, sempre secondo dati ormai quasi definitivi. i tre movimenti coalizzati sotto la leadership di Tusk disporrebbero di 248 seggi (ovvero diciassette seggi in più rispetto alla maggioranza assoluta fissata a 231 seggi), contro i 212 di Pis e Confederazione insieme. E poi bisognerà vedere a chi il presidente della Repubblica Andrzej Duda affiderà inizialmente l’incarico di formare al governo.

Tusk ha dichiarato che il ‘regno’ del Pis “è finito”: “La Polonia ha vinto, la democrazia ha vinto”, ha detto. Il Partito popolare europeo, il Ppe, di cui Tusk fa parte, commenta:

“La maggioranza dei polacchi ha votato per il cambiamento… Vogliono una Polonia forte, stabile e orientata al futuro dentro l’Ue… I polacchi hanno scelto lo stato di diritto, tribunali e media liberi, un esercito apolitico e la democrazia. Hanno scelto l’Europa”.

Anche i liberali di Renew la vedono così:

“In Polonia sta emergendo una maggioranza europeista con popolari, centristi e sinistra”.

E i socialisti europei parlano di vittoria della democrazia e dell’Europa.

In Italia, i dati polacchi paiono un buon risultato per l’integrazione, in vista del voto europeo del giugno 2024, e come la speranza di un’Europa più solidale. E c’è chi sottolinea la seconda sconfitta europea consecutiva per Giorgia Meloni: dopo la batosta di Vox in Spagna a luglio 2023, ecco la perdita del governo del Pis in Polonia, partiti alleati di Fratelli d’Italia nel gruppo dei conservatori al Parlamento europeo.


[1] Scritto per The Post Internazionale del 13 ottobre 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/10/13/polonia-italia-ue-partita/.

[2] Scritto per The Watcher Post il 16 ottobre 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/10/16/polonia-alleati-meloni-perdon/.