Il discorso

Democrazia Futura. Il prossimo volo del calabrone e la bicicletta di Jean Monnet

di Pieraugusto Pozzi, segretario generale Infocivica – Gruppo di Amalfi |

Una breve sintesi del discorso di Mario Draghi a Cambridge Massachussets sul futuro dell’Europa.

Pieraugusto Pozzi

Nell’articolo per Democrazia futura ” Il prossimo volo del calabrone e la bicicletta di Jean Monnet” Pieraugusto Pozzi presenta una breve sintesi del discorso di Mario Draghi a Cambridge Massachussets sul futuro dell’Europa. “In questo momento storico – ammonisce Draghi – , non possiamo restare fermi o, come la bicicletta di Jean Monnet, cadremo”. “Come noto – commenta Pozzi -, Jean Monnet è l’economista francese che ispirò e preparò la ‘dichiarazione Schuman’: il discorso tenuto a Parigi da Robert Schuman, Ministro degli esteri del governo francese, il 9 maggio 1950, che è considerato il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa come unione economica e, in prospettiva, politica degli Stati europei. In particolare, è considerato il punto di partenza del processo d’integrazione europea realizzato con piccoli passi concreti. In definitiva, l’approccio che è stato applicato nella progressiva integrazione dei Paesi europei prima sulle materie prime, poi del mercato e dei capitali, fino alla moneta unica. Ora, perché la bicicletta-Europa non cada, secondo Draghi,  serve un cambio di passo e di strategia”.

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Meteore, comete e stelle lontane

Dopo circa un anno dalla conclusione dell’esperienza di governo di Mario Draghi, la metafora astronomica della meteora, utilizzata da Guido Barlozzetti nel titolo del suo libro-bilancio[1] di quella esperienza, rende bene l’impressione prevalente in chi osserva le cose italiane. Per la verità, prima e durante tale esperienza, la metafora della cometa sembrava più adeguata a delineare l’alto profilo della sua personalità.

Oggi invece, la sua voce, come sembra essere avvenuto nel caso della Martin Feldstein Lecture[2] organizzata, negli Stati Uniti, dal National Bureau of Economic Research (NBER), somiglia alla luce di una stella lontana. Una stella che può ispirare riflessioni profonde, a chi voglia osservarla, sul destino delle cose umane e, nel caso particolare, sul destino politico ed economico dell’Europa, ma che non sembra provocare importanti conseguenze gravitazionali, né nelle azioni di chi oggi è al potere, né nel dibattito pubblico.

Lo dimostra la ridotta eco e ricezione che il discorso tenuto da Draghi, poco tecnico e molto politico, ha avuto sulla stampa, con le significative eccezioni, a mia conoscenza, degli editoriali di Salvatore Bragantini sul Domani e di Giovanni Tria su La Stampa[3], e nel dibattito politico.

Come corredo e aggiornamento del dibattito che vari autori hanno fatto, su diversi numeri di Democrazia futura, della figura e dell’operato di Draghi, si darà qui una sintesi di quel discorso, rinviando i lettori più interessati alla registrazione video della conferenza; alla traduzione italiana integrale del testo pubblicata sul quotidiano Il Foglio; al testo originale inglese, pubblicato online dal Corriere della Sera[4].

Il prossimo, necessario, volo del calabrone

Sulla base di considerazioni sul quadro economico e geopolitico nel quale si trova l’Europa, Draghi propone un impegnativo percorso di revisione dei trattati Unione europea:

Le strategie che hanno assicurato la nostra prosperità e sicurezza in passato – la dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l’energia – sono diventate oggi insufficienti, incerte o inaccettabili. Le sfide del cambiamento climatico e della migrazione non fanno che aumentare il senso di urgenza per migliorare la capacità di azione dell’Europa. Non saremo in grado di sviluppare tale capacità senza rivedere il quadro fiscale europeo […] alla fine la guerra in Ucraina ha ridefinito più profondamente la nostra Unione – non solo nei suoi membri, e non solo nei suoi obiettivi condivisi, ma anche nella consapevolezza che ha creato che il nostro futuro è interamente nelle nostre mani – e nella nostra unità

In relazione alle enormi sfide che l’Europa deve affrontare, non bastano infatti, a suo parere, passaggi incrementali e accordi tecnici.

L’esigenza di rivedere i Trattati deriva dall’allargamento Unione europea ai Balcani e dall’aggressione russa, che esige politiche estere e di difesa Unione europea, mentre anche la transizione ecologica richiede enormi risorse condivise.

Un pericolo per la coesione europea viene anche dai sussidi statali statunitensi alle imprese, che spingono gli Stati europei a rispondere, singolarmente, sussidiando le proprie, pur avendo disponibilità molto minori e mettendo contestualmente in pericolo l’esistenza del mercato unico.

Per gli investimenti comuni che urgono, si rende necessario un parallelo processo di costruzione politica. Questo processo è reso necessario dal fatto che L’Europa è in sostanza il volto politico dell’Eurozona. Eurozona che era, per gli economisti, l’equivalente del calabrone per gli entomologi: una creatura che non potrebbe volare. Eppure, da quasi 25 anni, l’Eurozona attraversa una crisi dopo l’altra senza ricevere danni irreparabili, perché sostenuta dalla volontà dei paesi che ne fanno parte e delle istituzioni che la governano:

Nonostante tutti questi problemi, tuttavia, l’euro è sopravvissuto. La Banca Centrale Europea ha annunciato nel 2012 che nel suo mandato c’era la volontà di fare “tutto il necessario” per salvare l’euro, una decisione sancita dalla Corte di giustizia europea tre anni dopo. Gli investitori hanno smesso di scommettere contro la dissoluzione della moneta comune poiché sapevano che i decisori europei non avrebbero mai permesso che accadesse. E i governi di tutti i colori e di tutti i paesi hanno continuato a sostenere il progetto, preferendo aiutare anche gli stati membri più deboli a rimanere parte dell’unione.

Il prossimo percorso, dice Mario Draghi, deve ora avere come obiettivo una revisione dei trattati fondativi dell’Unione europea perché:

la natura degli choc che stiamo affrontando sta cambiando. Con la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina, ci troviamo sempre più di fronte a choc comuni e importati rispetto che a choc asimmetrici, creati internamente. Questo sposta il problema dal sostenere gli Stati in difficoltà all’affrontare sfide condivise, creando così un diverso allineamento delle preferenze politiche […] La risposta europea alla pandemia ha riconosciuto questa nuova realtà. Ha costretto l’Europa a centralizzare importanti aree della politica sanitaria, poiché la Commissione si è dimostrata un acquirente di vaccini più efficace di quanto potevano essere i singoli stati. Le restrizioni necessarie per rallentare la diffusione del virus hanno portato anche alla creazione di un fondo comune per sostenere i mercati del lavoro in tutta l’eurozona (Sure). Infine, l’Europa ha concordato la creazione di un fondo da 750 miliardi di euro (Next Generation Eu) per sostenere i paesi nell’affrontare le transizioni verdi e digitali, che richiedono investimenti molto maggiori di quanto i singoli paesi possano permettersi da soli […] l’Europa non ha mai affrontato – fino a oggi – così tanti obiettivi sovranazionali condivisi – intendo obiettivi che non possono essere gestiti da paesi che agiscono da soli. Stiamo attraversando una serie di grandi transizioni che richiederanno ingenti investimenti comuni. La Commissione europea stima il fabbisogno di investimenti per la transizione green a oltre 600 miliardi di euro l’anno fino al 2030, e tra un quarto e un quinto di questi dovrà essere finanziato dal settore pubblico. Stiamo anche affrontando una transizione geopolitica, guidata dal disaccoppiamento America-Cina, in cui non possiamo più fare affidamento su paesi ostili per forniture critiche. Ciò richiederà un sostanziale riorientamento degli investimenti verso un rafforzamento delle disponibilità, in patria o con i partner. E mai nella storia dell’Unione europea i suoi valori fondanti di pace, democrazia e libertà sono stati messi in discussione tanto quanto dalla guerra in Ucraina. Una conseguenza immediata è che dobbiamo compiere una transizione verso una Difesa comune europea molto più forte […] Allo stato attuale, il costrutto istituzionale dell’Europa non è adatto a realizzare queste transizioni, come rivela un confronto con gli Stati Uniti. Stiamo assistendo a una nuova attenzione sulla cosiddetta “statecraft”, in cui la spesa federale, i cambiamenti normativi egli incentivi fiscali si allineano per perseguire gli obiettivi strategici degli Stati Uniti. L’Inflation Reduction Act, per esempio, accelererà contemporaneamente la spesa per il green, attirerà investimenti stranieri e ristrutturerà le catene di approvvigionamento a favore dell’America. Ma l’Europa non dispone di una strategia equivalente per integrare la spesa a livello dell’Unione europea, le norme sugli aiuti di Stato e i piani fiscali nazionali, come dimostra l’esempio del cambiamento climatico […] Una volta scaduto il Next Generation Eu, non vi è alcuna proposta di uno strumento federale che lo sostituisca per effettuare la necessaria spesa legata al clima. Le norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato limitano la capacità delle autorità nazionali di perseguire attivamente una politica industriale green. E non abbiamo spazi nelle nostre regole fiscali per consentire sufficienti investimenti a lungo termine. Senza azione, c’è un serio rischio che non si raggiungano i nostri obiettivi climatici e che si perda la nostra base industriale a favore invece di regioni che si impongono meno vincoli.

Per questo è necessario creare una vera politica fiscale comune sostenuta da un processo politico. Non ci sono alternative. Allentare le regole sugli aiuti di Stato, creerebbe frammentazione perché i governi con più spazio fiscale potrebbero spendere molto più degli altri. Le iniziative statuali sarebbero inadeguate di fronte alla complessità dei problemi da affrontare. L’unica opzione è quindi accentrare a livello federale il potere di investimento sulle priorità condivise: ambiente, difesa, sanità. E, di conseguenza, aumentare le emissioni di debito europeo necessarie al finanziamento di queste spese, avviando al contempo un percorso di riduzione dei debiti degli Stati tramite l’irrigidimento delle regole fiscali e tramite la crescita. Si tratterebbe di una riforma ben più radicale del nuovo Patto di Stabilità dell’Unione europea che, pur concedendo più flessibilità sui conti, non contempla un ripensamento della sede del potere fiscale, per spostarla dalla periferia al centro dell’Unione europea. Come attuarla? L’opzione caldeggiata da Draghi non è quindi tecnica ma tutta politica, molto più impegnativa ma, a suo parere più possibile oggi che in passato, quando è stata respinta dagli elettori:

Una possibilità è procedere – come si è fatto sinora – con un’integrazione tecnocratica, apportando cambiamenti in apparenza tecnici e sperando che quelli politici seguiranno […] Questo approccio ha funzionato con l’euro, rendendo l’Unione europea più forte, ma il costo è stato elevato e i progressi lenti. L’altra possibilità è quella di procedere con un vero processo politico, in cui l’obiettivo finale sia esplicito fin dall’inizio e approvato dagli elettori sotto forma di una modifica del Trattato europeo. Questo percorso è fallito a metà degli anni 2000 e da allora i politici l’hanno evitato, ma credo che ora ci siano più speranze di movimento. Man mano che l’Unione europea si allarga ulteriormente per includere i Balcani e l’Ucraina, sarà essenziale riaprire i trattati per garantire che non si ripetano gli errori del passato, allargando la nostra periferia senza rafforzare il centro. E questo dovrebbe produrre un allineamento naturale tra i nostri obiettivi condivisi, il processo decisionale collettivo e le regole fiscali.

La revisione dovrebbe tenere conto del crescente numero di obiettivi comuni e della necessità di finanziarli insieme, cosa che a sua volta esige diverse modalità di rappresentanza e di assunzione delle decisioni a livello centrale, evitando che singoli governi o fronti minoritari di Paesi abbiano diritto di veto sulle scelte strategiche dell’Unione europea. Realisticamente, Draghi non dimentica l’infelice esito del progetto di una Costituzione per l’Europa, bocciato nel 2005 da due referendum popolari in Francia e Olanda e da allora accantonato ma ritiene che gli europei possano avere un atteggiamento diverso, dopo Brexit, pandemia e guerra d’Ucraina:  

Credo che gli europei siano più pronti rispetto a vent’anni fa a intraprendere questa strada, perché oggi hanno davvero solo tre opzioni: paralisi, uscita o integrazione. I sondaggi dicono chiaramente che i cittadini avvertono un crescente senso di minaccia esterna, anche dopo l’invasione russa, che rende la paralisi sempre più inaccettabile. La possibilità di uscire dall’Unione europea è passata dalla teoria alla realtà con la Brexit e, mentre i vantaggi dell’uscita dall’Unione europea appaiono altamente incerti, i costi sono fin troppo visibili. E così con la paralisi e l’uscita che sembrano poco attraenti, i costi relativi di un’ulteriore integrazione sono ora inferiori.

La bicicletta di Jean Monnet

In conclusione, avverte Mario Draghi:

In questo momento storico, non possiamo restare fermi o, come la bicicletta di Jean Monnet, cadremo[5].

Come noto, Jean Monnet è l’economista francese che ispirò e preparò la ‘dichiarazione Schuman’[6]: il discorso tenuto a Parigi da Robert Schuman, Ministro degli esteri del governo francese, il 9 maggio 1950, che è considerato il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa come unione economica e, in prospettiva, politica degli Stati europei. In particolare, è considerato il punto di partenza del processo d’integrazione europea realizzato con piccoli passi concreti. In definitiva, l’approccio che è stato applicato nella progressiva integrazione dei Paesi europei prima sulle materie prime, poi del mercato e dei capitali, fino alla moneta unica. Ora, perché la bicicletta-Europa non cada, secondo Draghi, serve un cambio di passo e di strategia.

Ma il discorso di Draghi cade in un mondo frammentato, con una sfera pubblica ammaccata dalle piattaforme digitali[7], nella quale un neo-analfabetismo funzionale digitale impedisce a molti di capire il senso della comunicazione che viene loro veicolata, ma non di voler esprimere il proprio parere, quasi sempre seccamente, sarcasticamente e con urgenza. Delineando una condizione di mutua incomprensione, nella quale il metodo democratico è terribilmente minacciato non dalla mancanza della libertà di espressione, ma dall’incapacità di ascolto, perché ciascuno è convinto delle proprie opinioni e cerca, solamente e ovunque, riferimenti per rafforzarle.

Un mondo che sembra aver rinunciato, per tornare alle metafore astronomiche, alle stelle fisse, cioè a quei riferimenti apparentemente immobili nei giorni, nelle stagioni e nel tempo, che furono, insieme al Sole e alla Luna, preziosi per i viaggiatori e per i geografi del passato. E che furono alla base dell’idea dei sistemi di riferimento inerziali della meccanica razionale. Una rinuncia forse necessaria, finita l’epoca della fisica classica che però, trasferita dallo studio scientifico dei fenomeni relativistici e quantistici alla prassi comunicazionale, introduce solari problemi di coesione sociale. Nemmeno per Mario Draghi la metafora della stella fissa è più attuale?


[1] Guido Barlozzetti, La meteora? Mario Draghi. L’anomalia di un’immagine, Roma, Bertoni, 2023,220 p.. Il libro, recensito su Democrazia futura fu anche discusso in un webinar online organizzato da Democrazia futura, disponibile al link https://www.key4biz.it/la-meteora-mario-draghi-lanomalia-di-un-immagine-webinar-martedi-20-giugno/450161/.

[2] Mario Draghi, The Next Flight of the Bumblebee: The Path to Common Fiscal Policy in the Eurozone, (trad. it. Il prossimo volo del calabrone: il percorso per una politica fiscale comune nell’Eurozona) Martin Feldstein Lecture 2023; 11 luglio 2023; Cambridge, MA, USA: https://youtu.be/epV7tfhNzDc

[3] Salvatore Bragantini, Tra Draghi e Meloni nessuna possibile continuità, Domani, 14 luglio 2023; Giovanni Tria, La visione di Draghi e il futuro dell’Europa, La Stampa, 15 luglio 2023

[4] Per un’Europa nel futuro. La lezione di Mario Draghi, Il Foglio quotidiano, p. V, 13 luglio 2023; Il testo integrale del discorso di Draghi sul futuro dell’Unione europea (in inglese), Corriere della Sera online, https://www.corriere.it/economia/finanza/23_luglio_12/testo-integrale-discorso-draghi-futuro-dell-unione-europea-45a7113a-209e-11ee-a8dc-d9488408334d.shtml, Francesco Bertolino, Draghi propone una revisione dei trattati Ue, Corriere della Sera online, https://www.corriere.it/economia/finanza/23_luglio_11/draghi-intervento-washington-revisione-trattati-ue-4233c048-2021-11ee-b83d-bc1a6b95f84d.shtml

[5] Luca Geronico, La bicicletta di Jean Monnet all’ultima tappa, Avvenire, 14 luglio 2023; https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/mario-draghi-e-la-bicicletta-di-jean-monnet-allultima-tappa

[6] “Dichiarazione Schuman” https://european-union.europa.eu/principles-countries-history/history-eu/1945-59/schuman-declaration-may-1950_en

[7] Ultimo in ordine di tempo, lo segnala il Rapporto Towards digital platforms and public purpose, elaborato da Harvard Kennedy School; https://www.hks.harvard.edu/faculty-research/policy-topics/science-technology-data/researchers-suggest-risk-centered-framework