saluti

Democrazia Futura. Grazie di tutto, caro Presidente

di Gianluca Veronesi, ex dirigente Rai, già direttore della Comunicazione e delle relazioni esterne Rai, e Alessandro Giacone, professore associato di Storia delle istituzioni politiche all’Università di Bologna |

Lettera aperta all’ex inquilino di Palazzo Chigi. Un sentito ringraziamento ad "un uomo controcorrente" a firma di Gianluca Veronesi, ex dirigente Rai, già direttore della Comunicazione e delle relazioni esterne Rai, e Alessandro Giacone, professore associato di Storia delle istituzioni politiche all’Università di Bologna,

Dopo aver espresso critiche all’operato del suo governo nell’articolo di bilancio scritto dal professor Marco Severini Democrazia futura pubblica due contributi che esprimono entrambi un ringraziamento nei confronti di Mario Draghi. Gianluca Veronesi, ex direttore della Comunicazione e delle Relazioni Esterne scrive una “Lettera aperta all’ex inquilino di Palazzo Chigi “Grazie di tutto, caro Presidente” sottolineando: “Lei è sicuramente una delle figure italiane più note all’estero e ha messo in gioco questa notorietà sentendosi obbligato dal drammatico momento attraversato dal suo Paese”.  Alessandro Giacone, Professore associato di storia delle istituzioni politiche all’Università di Bologna, in un breve articolo “Grazie Draghi! Ha lasciato parlare i fatti” sottolinea come colui che era considerato “Per molti, era semplicemente un banchiere, peraltro colpevole di aver lavorato da Goldman Sachs, [ovvero] Il tipico esponente dell’establishment della finanza internazionale. Invece, a suo modo, Mario Draghi è stato un rivoluzionario, certamente un uomo controcorrente rispetto ai conformismi del nostro tempo”.

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Democrazia Futura. Grazie di tutto, caro Presidente
Lettera aperta all’ex inquilino di Palazzo Chigi

di Gianluca Veronesi

Caro presidente Draghi,
da poche ore lei ha cessato il suo incarico di governo.
Lo ha fatto con un successo dell’ultimo minuto sul palcoscenico europeo.
La vorrei ringraziare.

Gianluca Veronesi

Sarà difficile dimenticare la sua gestione, sia per il suo stile di comando ma soprattutto per il momento e la situazione in cui si è trovato ad agire.

Condizioni eccezionali che hanno messo a dura prova le sue capacità ma che l’hanno anche aiutata enormemente. Anzi senza la prima – l’emergenza sanitaria con le sue catastrofiche conseguenze economiche – non avrebbe mai potuto esistere il suo governo di salvezza nazionale.

La straordinaria missione assegnatale dalla “disperazione” di Sergio Mattarella era una sfida non a Lei ma all’Italia.

Insieme all’incarico le è stato consegnato anche un gruzzolo irripetibile da spendere e poi – ancor meglio – vincoli precisissimi per come spenderli. Questo, in una certa misura, impediva l’assalto alla diligenza da parte dei partiti.

Il resto l’ha fatto la soggezione dei medesimi nei suoi confronti.

I soldi europei non li ha conquistati Lei bensì il suo predecessore Giuseppe Conte ma l’esito fu aiutato – scusate il concetto – dal rispetto, la solidarietà e la simpatia che decine e decine di migliaia di nostri morti ci hanno procurato a livello universale.

In campo sanitario lei ha dovuto gestire più che l’emergenza la fuoruscita da essa, l’impazienza del ritorno alla normalità. Un aspetto ancor più delicato che si scontrava con l’incomprensione della gente esasperata da una prudenza che – invece – ha impedito colpi di coda del virus che avrebbero pregiudicato tutto quanto fatto fino ad allora.

La guerra di Vladimir Putin, invece, è stato un regalino inedito fatto a lei e all’umanità intera.

Una emergenza dopo due anni di emergenza con cui il nostro equilibrio psicologico fatica a convivere.
Lei è sicuramente una delle figure italiane più note all’estero e ha messo in gioco questa notorietà sentendosi obbligato dal drammatico momento attraversato dal suo Paese.

Ma è cresciuta in lei anche una seconda determinazione: schierare l’Italia all’avanguardia nella reazione dell’Europa all’invasione russa e impedire alle istituzioni di Bruxelles dubbi, ritardi, alibi e furberie. Una “militanza” esplicita, quasi etica, che andava molto al di là di quanto fosse la tradizione diplomatica italiana.

Mi sono spesso chiesto quale fosse la ragione di una crisi di governo a pochi mesi dalla scadenza naturale della legislatura. I discorsi fatti in questi giorni da Silvio Berlusconi, dal neo presidente della Camera Lorenzo Fontana, dal “pacifista” Giuseppe Conte mi sollecitano qualche sospetto.

La figura di Volodymyr Zelenskyj, l’inefficacia delle sanzioni, l’inutilità dell’invio di armi ad un esercito ormai “vincente” mi sembrano messaggi convergenti tesi a rimettere in discussione (nonostante le rassicurazioni di Giorgia Meloni) il nostro posizionamento.

Caro presidente Draghi, la mia considerazione nei suoi confronti non mi impedisce di accennare a qualche riserva. Ad esempio l’atteggiamento tenuto durante l’elezione del presidente della Repubblica. Molta gente l’ha capito come un tentativo di disimpegno.

Doveva secondo me dichiararsi estraneo dal primo momento, se poi la sua presenza fosse stata indispensabile per impedire uno stallo, si sarebbe provveduto.

Un’ultima considerazione.

Diciamoci la verità! Un “effetto Draghi” sulle elezioni non c’è stato. I suoi sostenitori non hanno avuto il traino sperato. Il PD ha addirittura perso e Calenda ha raggiunto un risultato solo parziale.
D’altronde un elettorato iper nevrotico, aggressivo, movimentista come quello di oggi non vuole un arbitro equilibrato ed indipendente (quale lei era al governo e quale sarebbe stato alla presidenza della Repubblica) vuole combattenti, gladiatori nell’arena che lo divertano insultandosi a tempo pieno. Lo prenda per un complimento: gli elettori che si esprimono votando e quelli che si esprimono stando a casa la stimano troppo per mischiarla ai dilettanti in circolazione.

Grazie di tutto!

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Grazie Draghi ! Ha lasciato parlare i fatti
Un uomo controcorrente rispetto ai conformismi del nostro tempo

di Alessandro Giacone

Alessandro Giacone

Per molti, era semplicemente un banchiere (difficile far capire la differenza tra un “civil servant” e un “trader”), peraltro colpevole di aver lavorato da Goldman Sachs. Il tipico esponente dell’establishment della finanza internazionale. Invece, a suo modo, Mario Draghi è stato un rivoluzionario, certamente un uomo controcorrente rispetto ai conformismi del nostro tempo.  Quando vigeva l’ortodossia monetaria alla Bce, Draghi lanciò il “whatever it takes” e il “quantative easing” contro il volere della Bundesbank.

Quando in Italia sembrava impossibile un accordo tra destra e sinistra, Draghi è riuscito, almeno fino ad agosto, a governare una coalizione ingovernabile. Quando i no-vax e i no green-pass denunciavano la dittatura sanitaria, Draghi à riuscito a fare in modo che l’Italia ottenesse una delle migliori coperture vaccinali a livello mondiale, permettendo di tornare prima del previsto alla normalità. Quando gli ambienti industriali chiedevano a gran voce un nuovo thatcherismo, Draghi ha saputo lanciare, con il PNRR, il più grande piano keynesiano del dopoguerra (il merito, ovviamente, va condiviso con Giuseppe Conte).

In un mondo politico dominato dai tweet e dalle parole a vanvera, Draghi è rimasto silenzioso e ha lasciato parlare i fatti. Quando molti chiedevano all’Ucraina di cedere alla prepotenza di Vladimir Putin perché sai, il prezzo del gas rischia di salire, Draghi ha fatto fronte comune con Emmanuel Macron e Olaf Scholtz ed è andato a Kiev.

Mentre l’Italia era sempre il fanalino di coda d’Europa, nei due anni di Draghi la crescita italiana (6,6 per cento nel 2020, 4 per cento nel 2021) è stata superiore alla media europea (5,2 per cento nel 2020, 2,8 per cento nel 2021).

L’ultimo regalo di Draghi è venuto con il recente Consiglio europeo, dove è stato raggiunto un accordo – sia pure temporaneo – sul price-cap sull’energia (boicottato da Olanda e Germania).

Draghi ha dimostrato che l’Italia può avere un ruolo importante in Europa, e dare e ricevere molto, a condizione di essere governata da una personalità competente e rispettata.

Ovviamente, oggi molti sono già saltati sul carro della vincitrice, e, passata la campanella, a Draghi non pensa più quasi nessuno.

Anche per questo motivo, un sentito grazie per questi 18 mesi di governo, in cui (come sempre) sono stati compiuti anche degli errori, ma il bilancio di questo periodo è largamente positivo.