La storia

Blockchain, in Cina usata per aggirare la censura sullo scandalo vaccini

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In Cina la storia sullo scandalo vaccini censurata dalle autorità di Pechino ricompare in rete sotto forma di metadati nella blockchain di Ethereum.

Dopo lo scandalo dei vaccini che ha investito la Cina, prontamente insabbiato dalle autorità di Pechino, alcuni cittadini cinesi esperti di coding hanno utilizzato la blockchain per aggirare la censura del Governo, che aveva spento il dissenso montante sui social network cinesi vietando di parlare dell’argomento e cancellando tutti gli articoli critici comparsi sui social. Lo riferisce il sito abacusnews.com.

La popolazione si è inferocita dopo che un’azienda farmaceutica cinese – Changchun Changsheng – ha dovuto ritirare dal mercato decine di migliaia di vaccini fallati (anti rabbia, tifo e difterite) prodotti senza rispettare le regole e, in migliaia di casi, già usati su bambini e neonati anche di tre anni in tutto il paese. La protesta dei cittadini è così montata deflagrando in rete.

Per aggirare la censura, che ha cancellato da Internet tutte le voci di protesta (fra cui la più popolare è stata “The vaccine king” cancellato da WeChat) alcuni cinesi hanno sfruttato le stringhe di codice delle transazioni in criptovaluta Ethereum per continuare a diffondere la storia, sotto mentite spoglie, mascherata dal codice numerico della blockchain.

La blockchain si presta a questo scopo, essendo un libro mastro immodificabile online, che consente di condividere file di transazioni via web in maniera sicura e soprattutto senza possibilità di modifica, e quindi anche a prova di censura.

Di fatto, gli esperti del codice, per aggirare la censura di Pechino, hanno convertito la storia originale bannata dal web in dati grazie ad un algoritmo, pubblicando così la storia inquisita sotto forma di metadati in una transazione nella blockchain di Ethereum.

Una soluzione interessante in un paese dove le criptovalute sono vietate, ma dove la febbre da blockchain sta crescendo anche in chiave anti censura.