Telecom Italia: la carica dei piccoli azionisti sostiene il titolo

di Alessandra Talarico |

Marco Fossati, che attraverso Findim, controlla il 5% del capitale, è stato sentito dalla Consob. Un incontro è stato chiesto anche da Asati. Le minorities, con l’85% tra azioni ordinarie e di risparmio, rappresentano di gran lunga la maggioranza.

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Marco Fossati

Viaggia in positivo il titolo Telecom Italia, sulla scia dell’Ok del Senato alla mozione che chiede al Governo di rafforzare i poteri di controllo della Consob e di aggiungere alla soglia fissa del 30%, già prevista per l’Opa obbligatoria, una seconda soglia legata all’accertata situazione di controllo di fatto. Una norma che, di fatto, mira a evitare che il controllo di società quotate passi di mano senza le adeguate tutele ai piccoli azionisti, come è successo nel caso dell’operazione Telco-Telefonica.

E i piccoli azionisti, che in realtà rappresentano l’85% tra azioni ordinarie e di risparmio e rappresentano di gran lunga la maggioranza della società, sono non a caso sul piede di guerra: ieri, Marco Fossati, che attraverso Findim, controlla il 5% del capitale, è stato sentito dalla Consob nell’ambito di un incontro da lui stesso richiesto per spiegare all’Autorità di controllo sulla Borsa le motivazioni che lo hanno spinto a chiedere la convocazione di un’assemblea generale ordinaria di Telecom Italia per revocare la maggioranza del consiglio ed eventualmente procedere alla nomina di uno nuovo.

 

Revoca necessaria perché, secondo Findim, il nuovo assetto di Telco ha facoltà di esercitare “un condizionamento sulle determinazioni degli amministratori nella gestione delle partecipazioni in Brasile e Argentina”.

Partecipazioni che rappresentano il fiore all’occhiello della società italiana, ma che Telefonica potrebbe cedere – questo il timore dei soci di minoranza – in fretta e furia e non a un prezzo adeguato al loro valore per alleggerire il debito ma anche per indebolire aziende concorrenti in mercati a forte crescita come quelli sudamericani.

 

Ipotesi avvalorata anche da Goldman Sachs, che continua a caldeggiare la vendita  di Tim Brasil  quale strumento principe per dare al gruppo italiano la capacità di investire sufficientemente per migliorare sostanzialmente la posizione nel business domestico.

Un ‘consiglio’, questo di Goldman Sachs, che appare quanto mai sospetto agli occhi dei piccoli azionisti di Asati secondo cui è una coincidenza quanto meno ‘strana’ che lo “stesso giorno in cui Findim chiede l’Assemblea, Goldman Sachs che in qualità di Advisor (insieme anche a Societè General) sta aiutando Telefonica a trovare un acquirente per cedere il 69% dell’operatore Telefonica Repubblica Ceca,  faccia un comunicato da cui risulterebbe che Telecom Italia, con una vendita della quota del 67% della sua partecipata Tim Brasil a 9 miliardi di euro (e cioè 8 volte l’Ebitda) abbia risolto tutti i problemi”

 

Asati appoggia la decisione di Findim di convocare un’assemblea per discutere e decidere sull’operato dei Consiglieri di Telecom Italia,  della lista Telco  e l’eventuale nomina di nuovi amministratori. L’associazione – che ha lanciato il progetto “portiamo 50.000 deleghe in assemblea” – sta inviando in questi una comunicazione ai primi 5.000 azionisti privati e ha già raggiunto lo 0.75% delle azioni ordinarie, assumendo così il ruolo di catalizzatore delle deleghe dei piccoli azionisti in assemblea. Anche Asati ha chiesto un incontro alla Consob.

 

In difesa dei piccoli azionisti è sceso stamani anche Carlo De Benedetti, che ha definito ‘scandalosa’ l’operazione che ha portato Telefónica al controllo di Telco, la holding che possiede il 22,4% di Telecom Italia a sua volta partecipata, oltre che dall’azienda spagnola, anche da Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Generali.

“Nessuna OPA, nessuna trasparenza in favore dei piccoli azionisti – ha sottolineato De Benedtti – solo un’intesa più o meno sotterranea con le banche che non vedevano l’ora di ridurre la propria esposizione”.

 

Non ci sta a dare per buona questa visione, ovviamente, Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, secondo cui sull’operato delle banche serve “coerenza di giudizio…perché se le banche dimostrano qualche attenzione agli interessi del Paese sono accusate di essere ancillari alla politica e se perdono i soldi di avere perso i soldi”.

“L’attuale soluzione – ha aggiunto – permette di non dover fare altri ammortamenti per non perdere rispetto alle svalutazioni già fatte ma ci vede accusati di non seguire gli interessi del Paese”.

Quanto a quello che verrà, ha concluso, “…lo vedremo perché non dipende da noi”.