Rapporto Bernstein: la deregolamentazione della fibra in Europa farebbe volare Telecom Italia

di Alessandra Talarico |

Secondo i calcoli di Bernstein Research, una deregolamentazione della fibra aumenterebbe di una percentuale a due cifre l’equity value delle principali aziende tlc europee: quello di Telecom Italia crescerebbe del 75%, quello di BT del 45%.

Europa


Fibra ottica

Le modifiche al quadro normativo europeo per le telecomunicazioni che saranno presentate a giugno dal Commissario per l’Agenda digitale Neelie Kroes potrebbero rappresentare un importante stimolo per gli investimenti nelle infrastrutture broadband di cui l’Europa ha estremamente bisogno per colmare il crescente gap con le economie più avanzate. Ma sullo sfondo si sta anche consumando, “…una battaglia burocratica del tutto inutile tra diverse parti della Commissione europea rischia di compromettere questi cambiamenti, mettendo in pericolo non solo gli investimenti, ma anche la credibilità delle più prestigiose istituzioni europee”.

Il dato però più rilevante è che la deregolamentazione della fibra porterebbe grande giovamento agli investimenti, conferendo valore al mercato e rianimando la dinamica competitiva.

 

E’ quanto emerge dalla ricerca ‘European Telecom: Europe’s Internecine Regulatory War Risks Weakening European Industry and Economy‘ di Bernstein Research, pubblicata il 16 maggio.

 

Secondo i calcoli di Bernstein Research, una deregolamentazione della fibra aumenterebbe di una percentuale a due cifre l’equity value delle principali aziende tlc europee: quello di Telecom Italia crescerebbe del 75%, quello di BT del 45% e quello di KPN e France Telecom del 40%, per citare le maggiori beneficiarie.

Al contrario, se a giugno, come si paventa, non ci saranno annunci di grossi mutamenti all’attuale situazione regolamentare, le speranze di ripresa del settore sarebbero sempre più remote e sarebbero premiati dagli investitori solo quegli operatori, come BT, Telefonica e Deutsche Telekom che sono riusciti a negoziare un esito normativo positivo ‘nei loro confini nazionali’ e stanno già investendo, o hanno pianificato di farlo, nella fibra ottica.

 

Come conseguenza, ci sarebbe anche una concentrazione generalizzata degli investimenti in fibra nelle aree che garantiranno i maggiori ritorni, quindi al 30% massimo del continente.

 

Qual è il contesto di riferimento?

Nell’ultimo decennio, la legislazione europea ha raggiunto molti dei suoi obiettivi: nonostante significative divergenze a livello nazionale, l’Europa ha prezzi più bassi e una maggiore penetrazione della banda larga rispetto ai principali concorrenti del mondo sviluppato. Ma nel frattempo la qualità delle infrastrutture è scesa e proporzionalmente gli investimenti sono diminuiti.

Il risultato ottenuto non sembra far bene all’Europa: si è trattato di un contesto normativo che, secondo gli analisti, ha premiato i renters delle infrastrutture con il più alto ROIC (Return on invested capital), penalizzando invece i proprietari e i costruttori delle reti in rame e fibra coi livelli di più bassi.

 

In questo contesto di regole sfavorevoli, gli operatori tlc sono comunque chiamati a investire per contribuire alla crescita dell’economia e dell’occupazione. E i nuovi investimenti privati nel settore delle infrastrutture tlc sono attualmente ostacolati da tre fattori, spiega l’analista Robin Bienenstock di Bernstein Research.

 

Il primo è un “…contesto normativo seriamente obsoleto”, che considera “le parti costituenti del settore delle telecomunicazioni e il contesto all’interno del quale queste agiscono come fisso e immutabile nonostante le ampie prove empiriche che non lo sia”.

Questo perché l’attuale framework ignora alcune variabili, come ad esempio l’emergere delle società via cavo quale importante fattore di concorrenza basata sulle infrastrutture: queste aziende ora coprono circa la metà del continente coi loro servizi a banda larga super veloci e stanno guadagnando circa l’1% di mercato l’anno a scapito degli operatori storici e di quelli alternativi.

Il framework ignora altresì il fallimento di un principio di base del quadro normativo originale: i renters delle infrastrutture non hanno, infatti, investito quanto avrebbero dovuto, nonostante i rendimenti elevati loro garantiti dal regime normativo, e questo ha indebolito gli investimenti sulle infrastrutture e la concorrenza nel mercato di riferimento.

 

In secondo luogo, aggiunge il Rapporto di Bernstein Research, “…l’azione delle più importanti società tlc europee in favore del single market viene percepita da alcuni come una strada per ridurre la concorrenza in alcuni mercati, senza disporre al momento, a loro dire, di sufficienti evidenze a riguardo”.  

Queste riserve stanno “…accentuando una dannosa contrapposizione tra la direzione generale della Concorrenza (DG Concorrenza) e la DG Connect, distogliendo l’attenzione dagli obiettivi di quest’ultima, che riguardano, di fatto, il miglioramento delle operations degli operatori, aumentando la capacità d’investimento e la concorrenza”.

 

La DG Connect, secondo Bienenstock, sta cercando di aumentare gli incentivi a investire attraverso la deregolamentazione, mentre la DG Concorrenza starebbe cercando di mantenere una situazione penalizzante per gli operatori storici, che rischia di bloccare il sistema e alla fine impoverirlo.

Un conflitto che rischia di indebolire, non solo la Direzione Generale Concorrenza, ma l’intera economia europea e il più ampio disegno della costruzione dell’Europa.

 

Gli argomenti a sostegno delle policy della DG Connect sono molti e forti, secondo il Rapporto di Bernstein Research: “…dove si è verificata una deregulation della fibra, ci sono stati significativi aumenti negli investimenti nella banda larga, maggiori velocità di connessione per i consumatori e prezzi più bassi anche nei servizi adiacenti come la PayTv e il wireless”.

Ora vedremo cosa accadrà nelle prossime settimane.