Pluralismo e libertà d’espressione: dalla censura in Pakistan al dibattito in Occidente, quale futuro per l’Europa?

di Agostilia Milita |

Nuove regole sul copyright, necessità di affrontare al meglio il dibattito sulla internet governance…sono questi alcuni dei temi essenziali per poter delineare il futuro mercato dei media, come ha dichiarato a Key4biz Andrea Renda del CEPS.

Unione Europea


Andrea Renda

Come cominciare al meglio una discussione su libertà di espressione e pluralismo dei media, se non con un key speaker dal lontano Pakistan, dove di libertà di espressione e pluralismo nei media ce ne sono ben pochi?

E’ così che Andrea Renda, Senior Research Fellow, CEPS (Centre for European Policy Studies), ha proposto di avviare i lavori della tavola rotonda organizzata nei giorni scorsi dal CEPS a Bruxelles su questi argomenti.

La parola è, quindi, passata a Sana Saleem, Director, Bolo Bhi, che ha parlato della censura nel suo paese, appunto, il Pakistan. Il governo pakistano considera Internet “immorale, inaccettabile“, perché “offensivo nei riguardi dei sentimenti religiosi“. Aggettivi forti insomma, soprattutto per noi occidentali che ormai non potremmo vivere senza il web. Il modello occidentale di libertà di espressione è ritenuto “inapplicabile” nei paesi emergenti, nonostante la censura abbia, come ha sottolineato Saleem, anche “un impatto che compromette fortemente l’innovazione, l’economia e i diritti umani fino a rappresentare una vera e propria barriera commerciale”.

 

Una realtà completamente diversa dalla nostra. E lo scarto sembra accentuarsi ancora di più quando Eli Noam, Columbia University CITI, ha mostrato le innovazioni tecnologiche che ci riguarderanno nei prossimi mesi: schermi Tv sempre più grandi, tablet leggeri e trasparenti, cellulari sempre più sottili con schermi pieghevoli che ci permetteranno di accedere agli stessi contenuti da piattaforme diverse. Noam è intervenuto sulla concentrazione nei mercati dei media online. “La concentrazione nei media c’è sempre stata“, ha indicato Noam, e “Internet non è la soluzione al problema, ma rappresenta uno dei problemi“. Confrontando le diverse industrie dei media, dai media tradizionali come la stampa a quelli del XX secolo (radio, Tv ecc.), Internet emerge come quella con la maggiore concentrazione ed è importante osservare che la concentrazione ha un impatto sulle economie di scala e sulle barriere d’ingresso.

 

Federica Casarosa, European University Institute, ha illustrato il progetto Mediadem, un progetto di ricerca europeo con il fine di effettuare un confronto tra i paesi europei in tema di libertà di stampa, sistema dei media per proporre  raccomandazioni ai policy maker del settore.

Indipendenza delle Autorità di regolamentazione, un più efficace coordinamento a livello europeo e una regolamentazione nazionale che vada oltre la tradizionale distinzione tra stampa/broadcasting e nuovi media, sono a grandi linee le raccomandazioni del progetto Mediamen, evidenziate nel rapporto “Policy recommendations for the European Union and the Council of Europe for media freedom and independence and a matrix of media regulation across the Mediadem countries” che illustra anche i contesti analizzati in diversi paesi europei.

 

Peggy Valcke, Catholic University of Louvain, ha descritto il report con le conclusioni del “Forum Pan-Europeo sul Pluralismo nei Media Tradizionali e nei Nuovi Media del 2012”, un grande evento tenutosi al Parlamento Europeo lo scorso anno sul pluralismo nella comunicazione.

 

E per i broadcaster, cosa cambia in questa fase di globalizzazione e concentrazione nei media?

Giacomo Mazzone, European Broadcasting Union, ha spiegato che i broadcaster si trovano ad affrontare da una parte una realtà nuova dell’innovazione nei media, dall’altra la necessità di tutelare l’identità delle comunità nelle quali operano, anche proponendo contenuti di interesse locale che rimangano sempre fortemente attrattivi per il loro pubblico.

 

Per Zenet Mujic, OSCE, occorre portare l’attenzione sulla neutralità delle piattaforme. Il pluralismo nei media dovrebbe essere fissato innanzitutto con i media tradizionali, come precondizione del pluralismo dei media online. 

E come fissare le nuove regole per la rete?

La internet governance è un problema da risolvere a livello globale?

Come affrontare la complessità della discussione tra paesi in via di sviluppo e gli altri, cioè tra paesi con contesti completamente diversi?

 

E’ quanto s’è chiesto Rohan Samarajiva, LirneASIA, che ha ricordato la difficoltà di arrivare ad un consenso comune tra i partecipanti del WCIT a Dubai a dicembre 2012.

 

Quali le conclusioni della tavola rotonda? “Il tema del pluralismo dei media e della libertà di espressione è intimamente legato al dibattito corrente sulla protezione del copyright in rete e al tema scottante del futuro della Internet governance”, ha dichiarato Andrea Renda a Key4biz, aggiungendo: “Quello che è emerso dal nostro dibattito è che la concentrazione e aggregazione dell’informazione nella rete, frutto dei nuovi intermediari globali, pone nuove sfide per i policymaker che intendano preservare il pluralismo dei mezzi e delle fonti di informazione. Allo stesso tempo, pur riconoscendo l’utilità di una rete “a più velocità”, con servizi a qualità garantita, è emerso che la disponibilità di una solida rete “best effort” ed “end to end” costituisce il primo e più importante baluardo per la libertà di espressione”.