Dibattito

Geoblocking, entertainment e mondo dello sport contro l’abolizione nella Ue

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Il voto al Parlamento europeo sulla proposta di abolizione del geoblocking di contenuti audiovisivi e sportivi anche in streaming è fissato per il 13 dicembre.

Mondo dell’entertainment e industry dei contenuti sportivi con il fiato sospeso in vista del voto che si terrà mercoledì al Parlamento Ue, sulla proposta di abolire il geoblocking per i contenuti audiovisivi e streaming in Europa.

La partita è delicata. Da un lato, le esigenze economiche della industry e del business dei diritti sportivi. Dall’altro, le richieste dei consumatori, che vorrebbero poter disporre dei contenuti che vogliono – streaming e abbonamenti on demand – ovunque, anche all’estero, indipendentemente da paese in cui si trovano.

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Per i consumatori geoblocking va garantita la content portability

La posizione per mantenere il geoblocking è considerata retrograda dalla principale associazione in difesa dei consumatori europea, il Beuc (European Bureau of Consumers’ Unions), che raccoglie sotto di sé 45 organizzazioni da tutta Europa fra cui Altroconsumo, che da anni critica il geoblocking, sostenendo che i contenuti in ottica di mercato unico digitale e content portability devono essere disponibili su tutto il territorio europeo senza limitazioni.

Industry dello sport sulle spine

Sulle spine l’ad della Lega Serie A, Luigi De Siervo, secondo cui in caso di abolizione del geoblocking sarebbe “a serio rischio la sostenibilità economica del settore calcio e film in tutta Europa”. In pericolo è “l’intero sistema” e la scelta di mettere fine al geoblocking “tutti i più importanti operatori del mondo sportivo, dalle Leghe ai broadcaster, ma anche l’intero comparto cinematografico – chiosa De Siervo – hanno capito il rischio di un simile provvedimento e hanno firmato un appello pubblico, proprio perché questa decisione andrebbe contro ogni logica”.

I più gradi gruppi media del mondo hanno siglato un appello per evitare la presa di posizione della Ue: Warner Bros. Discovery, NBCUniversal e Sony Pictures oltre a StudioCanal, la Premier League inglese, La Liga spagnola, la Uefa e in Italia Lega Serie A, l’MPA, Sky, FAPAV. E ancora, contro il provvedimento sono Discovery, NBCUniversal, Sony Pictures e Paramount.

Più di 600 soggetti contro l’abolizione

Più di 600 società cinematografiche e televisive di tutta Europa, nonché rappresentanti di studi cinematografici di Hollywood, leghe sportive, festival cinematografici e mercati cinematografici e televisivi, hanno firmato una lettera in opposizione alla proposta di legge che vieterebbe i blocchi geografici in tutta l’Unione europea.

Mercoledì prossimo, 13 dicembre, il Parlamento europeo voterà se adottare una proposta che vedrebbe i contenuti audiovisivi, dai film di Hollywood alle serie TV francesi alle partite di calcio inglesi, inclusi nelle normative UE che vietano l’uso del geoblocking, la tecnologia che consente di imporre l’esclusività territoriale per i contenuti cinematografici e televisivi di un determinato paese.

L’UE ha vietato il geoblocking per la maggior parte dei servizi online come parte di una legislazione di ampia portata nel 2018, sostenendo che barriere online al commercio transfrontaliero costituivano una violazione del principio dell’UE di un mercato unico digitale.

I contenuti audiovisivi, tuttavia, sono stati esclusi dal divieto. Le società di media sostengono da tempo che l’esclusività territoriale è fondamentale per i loro modelli di business e che eliminarla metterebbe a repentaglio la sostenibilità creativa ed economica dei settori cinematografico e televisivo in Europa.

Tra i firmatari della lettera figurano, oltre alle aziende private, anche i rappresentanti dei mercati cinematografici di Cannes e Berlino, la Mostra del cinema di Venezia, l’Accademia cinematografica europea e il festival televisivo internazionale Series Mania.

Conseguenze dell’abolizione

Vietare il geoblocking per i contenuti cinematografici e televisivi “comporterebbe un calo del numero e della gamma di film e contenuti audiovisivi prodotti… La distribuzione e la circolazione sarebbero drasticamente ridotte”, si legge nella lettera. Le aziende sostengono che il risultato di un divieto di geoblocco sarebbe una “significativa riduzione della scelta di contenuti, distribuzione e opzioni di accesso, nonché un aumento dei prezzi” per i consumatori.

Nel 2018, il settore cinematografico e audiovisivo in Europa valeva 121,7 miliardi di euro (131 miliardi di dollari), ovvero poco più della metà del mercato nordamericano da 257 miliardi di dollari, secondo i dati compilati dai rappresentanti dell’industria da fonti accessibili al pubblico tra cui l’Osservatorio europeo dell’audiovisivo MPAA, Eurostat e Bpifrance. Ma l’Europa è ancora in gran parte un mercato a macchia di leopardo, fatto di singoli stati nazionali o regioni linguistiche, dove le piccole e medie imprese rappresentano la stragrande maggioranza dell’occupazione nel settore.

Streamer Usa

Gli streamer di proprietà statunitense, tra cui Netflix, Amazon e Disney+, operano in tutta l’UE, ma la maggior parte dei finanziamenti, della produzione e della distribuzione di film e TV avviene a livello locale. I contratti di licenza per diritti regionali o linguistici esclusivi – per un film francese in Belgio, ad esempio, o una partita della Premier League inglese in Norvegia – costituiscono la base del settore, con prezzi diversi a seconda della domanda. I territori a basso reddito dell’Europa orientale pagano in media meno per film e servizi televisivi rispetto a quelli dell’Occidente più ricco. I diritti per una partita di calcio italiana valgono di più in Italia che in Finlandia o in Romania, ad esempio. Le aziende utilizzano la tecnologia di blocco geografico (geoblocking) per impedire lo shopping comparativo transfrontaliero, che temono possa portare a un dumping dei prezzi, con il territorio con il valore più basso a dettare il canone di acquisto.

Interrompere il modello vietando i blocchi geografici, secondo i rappresentanti del settore, ridurrebbe drasticamente il valore della maggior parte dei contenuti europei, riducendo l’incentivo a investire in lavori provenienti da lingue locali meno diffuse o in contenuti con un appeal multiterritoriale meno evidente.

Vedremo come andrà a finire.