La pubblicità su Facebook? Impossibile misurarne l’efficacia e eMarketer rivede al ribasso le stime sui ricavi

di Alessandra Talarico |

La società di ricerca ‘taglia’ le stime sui ricavi di 1 miliardo di dollari. A preoccupare non tanto il ‘mobile gap’ quanto i dubbi degli inserzionisti sulla reale efficacia degli spot sul sito.

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Mark Zuckerberg

Non tira una bella aria per il social network più famoso del mondo: se infatti è ormai cosa nota che il valore del titolo in Borsa è sceso vertiginosamente dopo l’IPO di maggio per attestarsi alla metà del prezzo di collocamento (da 38 dollari per azione a 19,05 dollari), ora sembra ormai certo che i ricavi di Facebook, particolarmente quelli legati alla pubblicità, non cresceranno quanto previsto.

Secondo la società di ricerca eMarketer, il fatturato della società si attesterà quest’anno a 5 miliardi di dollari dei quali 4,2 miliardi proverranno dalla pubblicità e il resto da pagamenti e altri canali.

A febbraio, quindi mesi prima dell’IPO, sempre eMarketer aveva stimato un giro d’affari di 6 miliardi.

 

Lo stesso, comunque, il fatturato legato all’advertising dovrebbe crescere del 34% quest’anno e del 29% il prossimo anno.

 

Il taglio delle stime, del resto, non può essere considerato una sorpresa, visto il calo dei ricavi evidenziato dai risultati del primo e del secondo trimestre. Tuttavia, viste le performance non proprio brillanti, la revisione al ribasso di eMarketer potrebbe aggiungere pressione, visti i già forti dubbi sulla reale efficacia e la misurabilità degli ads sul sito, che si sommano a quelli legati alla capacità di Facebook di imporre la pubblicità sui cellulari, dai quali accede la metà dei suoi utenti (Leggi articolo Key4biz).

 

“I maggiori inserzionisti stanno ancora mettendo in discussione l’efficacia della pubblicità su Facebook e sono preoccupati per l’incapacità di misurarne i risultati”, ha spiegato l’analista eMarketer Debra Aho Williamson.

 

Ha destato non poco clamore, ad esempio, la notizia che un ‘peso massimo’ come General Motors abbia deciso a maggio di annullare una campagna pubblicitaria da 10 milioni di dollari sul social network proprio perchè riteneva che le inserzioni pubblicate sul sito avessero un impatto molto limitato sui consumatori.

 

Nel tentativo di dissipare questi dubbi, la società ha lanciato recentemente nuovi format, quali Ad Exchange, per permettere agli inserzionisti di realizzare pubblicità su misura in base alla navigazione degli utenti. Ecco perchè, insomma, se si cerca sul web un paio di scarpe o qualsiasi altro prodotto, poco dopo sul nostro profilo compaiono spot di quegli articoli.

 

Una circostanza che può essere evitata grazie alla funzione di opt out (anche se, assicura il sito, nessuna informazione personale è consegnata agli advertiser) ma che la dice lunga sulla impellente necessità del gruppo di monetizzare la sua vastissima platea di aficionados.