Oracle vs Google: empasse sul ‘fair use’. Corte riconosce le violazioni di Java in Android ma sfuma il risarcimento miliardario

di Alessandra Talarico |

Oracle sostiene che, nello sviluppo di Android, Google abbia violato il copyright e i brevetti Java, ma la giuria non si è accordata su un punto importante del contenzioso, cioè se Google abbia rispettato o meno i criteri di ‘fair use’ (uso corretto).

Stati Uniti


Oracle - sede

Google avrebbe violato la proprietà intellettuale e nove linee di codice del linguaggio di programmazione Java, di proprietà di Oracle, ma quest’ultima non potrà ottenere l’agognato risarcimento danni da 1 miliardo di euro, perchè la giuria non si è accordata su un secondo punto importante del contenzioso, cioè se Google abbia rispettato o meno i criteri di ‘fair use’ (uso corretto) del software.

Oracle, dunque, potrà chiedere i danni soltanto per l’uso delle nove linee di codice, per un massimo di 150 mila dollari.

 

Secondo il giudice William Alsup, “non ci sono prove di responsabilità sul copyright, la questione del ‘fair use’ è ancora aperta”. La decisione finale sul risarcimento arriverà comunque a conclusione del processo, aperto il 16 aprile e che dovrebbe durare circa otto settimane.

 

Java è un linguaggio di programmazione la cui implementazione di riferimento è libera ma Oracle sostiene che le parti usate da Google per Android siano coperte da copyright e che quindi Google doveva acquistare una licenza.

Google, dal canto suo, ha negato la violazione, sostenendo di aver realizzato Android da zero e che le parti Java utilizzate non fossero coperte da copyright.

In ogni caso, per il gruppo di Mountain View, si tratta di ‘fair use’ perchè Android è un Os gratuito ed espande l’utilità del linguaggio estendendolo agli smartphone, cosa che non era riuscita né a Sun né a Oracle.

Tesi, questa, respinta da Oracle, secondo cui Google ha tratto benefici economici da Android che ha aumentato i ricavi pubblicitari del motore di ricerca, senza aggiungere nulla a Java.

 

La giuria, quindi, è giunta a conclusione che Oracle, o Sun Microsystems che ha creato Java, avrebbero dato a Google l’impressione che non c’era bisogno di acquistare una licenza per utilizzare parti del codice Java, accogliendo la tesi di Google, secondo la quale gli utilizzatori di Android, ossia i produttori di smartphone, avevano il diritto di utilizzare la tecnologia in questione.

 

Oracle sostiene che, nello sviluppo di Android, Google abbia violato il copyright e i brevetti del linguaggio di programmazione Java e ha chiesto alla corte di bloccare la distribuzione del sistema operativo mobile se la società di Mountain View non acquisterà una licenza. Android venne rilasciato nel 2007. Oracle ha acquisito Java insieme a Sun Microsystems nel 2010 e sostiene che “la base di Android sia costituita da applicazioni Java”.

 

La portavoce di Oracle, Deborah Hellinger, nel ringraziare la giuria per il verdetto emesso in questa fase del dibattimento, ha sottolineato come ci siano “prove schiaccianti del fatto che Google sapeva di dover acquistare una licenza”, così come hanno fatto tutte le principali società.

 

Le conclusioni della giuria non mettono infatti la parola fine sulla violazione contestata da Oracle: la decisione finale sull’uso illecito delle interfacce di programmazione (API) arriverà alla fine del processo.

 

All’inizio di aprile, Google aveva proposto di chiudere il contenzioso offrendo a Oracle il pagamento di 3 milioni di dollari e l’1% del fatturato Android.

 

“Apprezziamo gli sforzi della giuria e sappiamo che fair use e violazione sono due facce della stessa medaglia”, ha affermato il portavoce di Google, Jim Prosser, secondo cui la questione centrale è “se le API siano protette da copyright e su questo dovrà esprimersi la corte”.

Prosser si è detto convinto che le ragioni di Google prevarranno su questa questione e anche sulle altre pretese di Oracle.

 

Perchè Google, al momento, ha vinto una battaglia ma non la guerra.